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I vincoli europei sulle politiche di bilancio

di - 22 Luglio 2012
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7. Come si è visto, i vincoli di bilancio per gli Stati membri (segnatamente quelli dell’eurozona) sono severi per quel che riguarda l’obiettivo da raggiungere, ma ammettono temperamenti in ordine ai tempi e modi per conseguirlo. Inoltre l’accertamento di eventuali violazioni, con conseguenti sanzioni, comporta valutazioni complesse in ordine a tutta una serie di “fattori significativi”.
Nulla è cambiato allora rispetto al passato? Ci sono sempre gli stessi rischi di sistematica disapplicazione dei vincoli di bilancio?
Ad escludere che questo avvenga, milita a mio avviso un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, rileva il rafforzato sistema di controlli preventivi, che si espleta con scadenze temporali precise (il c.d. semestre europeo) e attiene non solo alle finanze pubbliche ma anche ai principali indicatori macro-economici. Questo dovrebbe consentire la tempestiva individuazione di scostamenti rispetto agli impegni dei singoli Stati in tema di riforme strutturali (anche quelle aggiuntive del Patto Euro Plus) e di riduzione del deficit e del debito. L’applicabilità di sanzioni, nel caso di mancato rispetto degli impegni in discorso, conferisce agli stessi natura giuridica vincolante.
In secondo luogo, valgono considerazioni di carattere istituzionale. Nel sistema di Maastricht e del PSC alla Commissione, organo tecnico – amministrativo, era affidato un compito meramente istruttorio e di proposta. Ogni decisione era poi rimessa al Consiglio, organo politico. Spettava al Consiglio stabilire se vi fosse un disavanzo eccessivo, i tempi e i modi per porvi rimedio e, in difetto, quali sanzioni applicare; e tutto ciò in base a valutazioni di opportunità non sindacabili. Di qui – come già notato – la sistematica disapplicazione delle regole di bilancio, specie nel caso di procedure dirette a censurare gli Stati più forti.
Con il Trattato di Lisbona (che recepisce le regole di Maastricht) e la normativa secondaria del Six Pack la situazione formalmente non cambia. E’ sempre la Commissione a istruire e proporre e il Consiglio a decidere. Ma, per effetto del “reverse majority voting” si delinea ora una sostanza profondamente diversa. In realtà, chi decide è la Commissione e il Consiglio può solo opporsi, sempre che si coaguli al suo interno una maggioranza qualificata in senso contrario (operazione tanto meno facile ora, in vista dell’art.7 del Fiscal Compact) Evidentemente, la Commissione dovrebbe essere meno permeabile a considerazioni di politica intergovernativa. Per altro verso, non va trascurato il ruolo che potrebbe assumere la Corte di giustizia. Rimane anche nel Trattato di Lisbona (come già in quello di Maastricht) l’inapplicabilità della procedura di infrazione per gli obblighi di bilancio. Ma subentra ora, ai sensi del Fiscal Compact, la nuova competenza della Corte a verificare la corretta trasposizione nel diritto interno della regola del pareggio di bilancio. Questa regola, una volta inserita nel diritto interno, è suscettibile di dar luogo a contestazioni davanti ai giudici nazionali; e non si può escludere che ne seguano rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia. La Corte sarebbe così chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale su questioni (inerenti al rispetto della disciplina di bilancio) che non possono formare oggetto di una procedura diretta di infrazione.

*Testo riveduto della relazione tenuta al convegno ARSAE/LUISS su «Costituzione e “pareggio” di bilancio», svoltosi a Roma il 18 maggio 2012.

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