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Vento nuovo per gli appalti

di - 27 Aprile 2012
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6. La seconda è quella della procedura competitiva con negoziato (art. 27). In tale procedura, le amministrazioni aggiudicatrici descrivono l’appalto e i requisiti minimi da soddisfare, specificando i criteri di aggiudicazione, in modo da permettere agli operatori di individuare natura ed ambito dell’appalto e quindi decidere se chiedere di partecipare ai negoziati. La procedura si svolge poi così: le amministrazioni negoziano con gli offerenti le loro offerte per migliorarne il contenuto al fine di farlo corrispondere meglio ai criteri di aggiudicazione ed ai requisiti minimi posti dal bando. Fermo poi il divieto di disparità di trattamento (e quindi ad es. di dare informazioni privilegiate a qualche concorrente), ferma la possibilità di ridurre il numero delle offerte da negoziare, applicando i criteri di aggiudicazione fissati nel bando; ad un certo punto la stazione appaltante decide di chiudere le trattative. Ne informa gli offerenti, e stabilisce un termine per presentare offerte nuove o modificate. Le amministrazioni valutano secondo i criteri fissati dal bando e aggiudicano.
La logica di questa procedura di appalto è tanto chiara, quanto rivoluzionaria ai nostri occhi. In sostanza, le amministrazioni possono bandire una gara su una loro idea (nel bando “descrivono l’appalto”), fissando i requisiti minimi ed i criteri di aggiudicazione. Su questo gli operatori decidono se chiedere di essere invitati; l’amministrazione ne verifica i requisiti di partecipazione; li seleziona, ed apre il confronto sulla base delle offerte scritte pervenute.

7. La terza è quella del dialogo competitivo (art. 28). Con il dialogo competitivo “le amministrazioni aggiudicatrici pubblicano un bando di gara in cui rendono note le loro necessità e le loro esigenze e le definiscono nel bando stesso e/o in un documento descrittivo”. Gli operatori economici interessati chiedono di essere invitati e possono partecipare al dialogo solo se prequalificati. Il nocciolo del dialogo competitivo sta nel fatto che le amministrazioni discutono con i candidati selezionati per individuare e definire i mezzi più idonei per soddisfare le loro esigenze, toccando tutti gli aspetti dell’appalto. Fermo il divieto di disparità di trattamento (e quindi di dare informazioni privilegiate a qualcuno) e di rivelare le soluzioni proposte da un candidato agli altri, senza il suo consenso, la proposta di direttiva prevede che i dialoghi competitivi si possano svolgere per fasi successive, in modo da ridurre il numero di soluzioni da discutere durante la fase del dialogo, applicando i criteri di aggiudicazione previsti. L’amministrazione prosegue il dialogo finché non viene individuata la soluzione che può soddisfare le sue necessità. A questo punto soltanto, dichiarato chiuso il dialogo, le amministrazioni invitano i partecipanti a presentare un’offerta in base alla o alle soluzioni presentate e specificate in fase di dialogo; esse vengono quindi valutate secondo i criteri fissati nel bando. Segue una norma oscura, secondo la quale l’amministrazione può negoziare i termini del contratto con l’offerente che abbia presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, a condizione che da tali negoziati non consegua una modifica di elementi essenziali dell’offerta o dell’appalto.

8. Vi è infine la forma più difficile ed innovativa di tutte, che è il “partenariato per l’innovazione” (art. 29). Come già si è detto, la strategia Europa 2020 dà grande risalto alla ricerca ed all’innovazione per la crescita dell’Europa. È evidente che le pubbliche amministrazioni sono i soggetti che, grazie alla loro capacità di domanda, possono esercitare la pressione più forte sugli operatori nella direzione della ricerca e dell’innovazione. In piena coerenza con questa proposizione, che potrebbe quasi esser detta di principio, la proposta di direttiva sugli appalti pubblici introduce una figura giuridica nuova, il partenariato per l’innovazione, che riprende quella, un po’ troppo many faceted, dai contorni non ben definiti che si aprono a scelte giuridiche eterogenee, quale è il partenariato pubblico-privato.
Nella proposta di direttiva, il partenariato per l’innovazione ricalca le tracce della procedura competitiva con negoziato. Come in quest’ultima, l’amministrazione si presenta al mercato con un fascio di idee, accompagnato da studi preliminari; a questo richiamo può rispondere qualunque operatore economico, al fine di costruire e sviluppare un rapporto di collaborazione strutturato per lo sviluppo di prodotti, servizi o lavori innovativi e per l’acquisto dei servizi, forniture e lavori che ne risultano, ovviamente ai prezzi concordati – in altri termini per stabilire un partenariato.
Da questa finalità che la proposta di direttiva vuole perseguire discendono le peculiarità della scelta dei candidati. Sono anzitutto determinanti la capacità e l’esperienza dell’offerente nel settore della ricerca e dello sviluppo “o nella messa a punto di soluzioni innovative”. Si tratta di qualità che, pur attinendo per loro natura alla prequalifica, hanno certamente un carattere del tutto inusuale. Tanto è vero questo, che la norma prosegue dicendo che solo gli operatori così scelti ed invitati “potranno presentare progetti di ricerca e di innovazione al fine di soddisfare le esigenze individuate dall’amministrazione aggiudicatrice che non possono essere soddisfatte con soluzioni esistenti”. Questi appalti verranno aggiudicati esclusivamente in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Come è palese, il confine tra criteri di prequalifica e di offerta economica diventa quasi evanescente. L’innovatività del progetto presentato da un’impresa qualificata come “innovativa” è presunta; viene valutato solo sulla base del parametro dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ciò che è criterio e soprattutto sistema di pensiero assai diverso.

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