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Convegno sulla liberalizzazione delle attività economiche – Relazione su servizi pubblici e trasporti*

di - 16 Aprile 2012
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I riscontri sino ad ora ottenuti dagli stakeholders istituzionali a livello nazionale (AGCM, AVCP e URSF[3]) offrono positivi segnali di apertura sul fronte del buon esito dell’iniziativa, considerati i corposi e rilevanti elementi fattuali portati al vaglio delle autorità interessate.
Peraltro, nel contesto sopra delineato, il conseguimento dell’obiettivo di superare la rigida applicazione della normativa in materia di appalti pubblici, ponendo – in tal senso – Trenitalia al medesimo livello competitivo degli operatori concorrenti (sulle tratte maggiormente remunerative), comporterebbe senza dubbio una spinta positiva per il settore interessato e per il relativo indotto, senza in alcun modo gravare sul bilancio dello Stato, bensì “autofinanziandosi” grazie ad una sana, competitiva ed efficiente gestione dell’impresa pubblica. La maggiore flessibilità nell’approvvigionamento sui mercati non può, infatti, che costituire un’occasione di crescita per i soggetti coinvolti così dando un contributo di rilievo ad un recupero di produttività e ad un rilancio della crescita economica del Paese ancorché in un contesto generale critico.
Si pensi, ad es., all’approvvigionamento dei servizi di ristorazione a bordo treno piuttosto che ai servizi di pulizia ovvero anche al tema dei temi, ovvero l’acquisto dei treni ad alta velocità.
Si tratta di esigenze primarie che l’imprenditore del trasporto ferroviario deve poter soddisfare nel migliore dei modi e nei tempi più ristretti possibili.
Bene, non v’è chi non veda come l’imporre ad un solo competitor (Trenitalia) il rispetto di determinate regole e di determinati vincoli lasciando, al contempo, ampia manovra d’azione ad altri competitor (i privati) produce inammissibili asimmetrie a discapito dell’operatore pubblico, con l’ulteriore effetto discorsivo ed irresponsabile di un uso inefficiente delle risorse pubbliche.
Vale la pena, al riguardo, ricordare il caso della gara per l’acquisto di 50 convogli AV che, a seguito di regolare espletamento di procedura ad evidenza pubblica, ha generato da parte dell’operatore economico secondo classificato una reazione giudiziale durata oltre un anno con forte aggravio di costi e di ritardi nell’esecuzione della commessa, ritardi a totale ed esclusivo e inammissibile (ma tant’è!) vantaggio del competitor privato.
Peraltro, come verificabile anche nell’ambito del c.d. libro Verde in materia di appalti pubblici, i costi di gara sono elevati e, pertanto, laddove la stessa non necessita, per ragioni di mercato aperto alla concorrenza e liberamente accessibile, si tratterebbe di maggiori costi da iscriversi esclusivamente nell’alveo di una, di nuovo, inammissibile asimmetria a discapito del settore pubblico: quanto di più errato specie in un momento storico caratterizzato dalla impellente necessità di rilanciare l’economia e con essa il settore pubblico?
In un contesto finanziario ed economico, oltre che sociale, fortemente caratterizzato da una non più sostenibile stasi e stagnazione produttiva, è dunque arrivato il momento di dare un impulso ad un uso sempre più imprenditorialmente orientato delle (ancorché scarse) risorse pubbliche a disposizione; la vera sfida, oggi che il settore è pienamente liberalizzato (servizio passeggeri internazionale, servizio passeggeri nazionale M/L e, con le ultime novità del c.d. decreto liberalizzazioni, anche il servizio locale) è vedere in che misura venga effettivamente reso appetibile e dunque anche contendibile il c.d. servizio universale: infatti, ad oggi, il mercato del trasporto ferroviario in Italia è, di fatto, stato sfruttato solo nella remunerativa fascia dell’AV ed in certe fasce del trasporto merci (il c.d. deprecabile cherry picking). Mentre il Regolamento O.S.P. (Obblighi di Servizio Pubblico)  (1370/2007) chiaramente definisce tali obblighi quali quelli che un imprenditore ordinario non gestirebbe laddove avesse a riferimento – come deve avere una SpA – il perseguimento del solo profitto, non si comprende per quale (distorta e scellerata) ragione detti obblighi di servizio pubblico non debbano trovare anche essi una modalità di gestione più “equa” (ad es. si potrebbe pensare all’introduzione di un contributo a carico dell’operatore di trasporto che svolge solo il servizio AV e che sia da destinare allo Stato al fine di finanziare il Servizio Universale ovvero, come accade in Inghilterra, l’introduzione della previsione che contempla l’obbligo, per  l’operatore che valuta di gestire tratte remunerative, di gestire anche le tratte meno remunerative che insistono nella medesima area regionale).
Tali considerazioni assumono ancor più rilievo alla luce della norma introdotta dall’art. 59 della L. 99/2009 che prevede che “Lo svolgimento di servizi ferroviari passeggeri in ambito nazionale, ivi compresa la parte di servizi internazionali svolta sul territorio italiano, può essere soggetto a limitazioni nel diritto di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso del servizio, nei casi in cui il loro esercizio possa compromettere l’equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico in termini di redditività”. Dunque, viene affermato il principio della tutela del servizio pubblico (i.e. suo equilibrio economico e finanziario) che va a contemperare il principio dell’apertura del mercato del trasporto ferroviario.
Da ultimo, è bene fare un accenno al tema della separazione della Rete rispetto al resto del Gruppo FSI. Al riguardo, le esperienze visibili e giudicabili ad oggi sono eloquenti: basti osservare quanto accaduto sia in Inghilterra che in Svezia dove non solo il servizio è complessivamente peggiorato in termini qualitativi e si sono impennati i costi sia di gestione che, ovviamente, per il consumatore, ma, inoltre, sono di fatto anche scomparsi anche i c.d. campioni nazionali nel settore della produzione del material rotabile. Insomma, il modello tedesco (i.e., il modello del c.d. “Gruppo Integrato”) pare essere quello più solido. Inoltre con un Authority di regolazione del settore effettivamente tale e di imminente operatività, non si intravedono rischi di sorta alcuna. Peraltro, ad oggi, è stato raggiunto un livello di separazione della Rete che si attesta al terzo (su quattro) livello: (i)separazione contabile, (ii) separazione societaria e (iii) separazione della funzione sensibile della rete rispetto alla attività di direzione e coordinamento non esercitabile dall’azionista FSI.

Note

3.  In particolare, l’AGCM con parere reso al MIT ha evidenziato quanto segue: da un punto di vista normativo il settore del trasporto ferroviario è stato oggetto di una normativa comunitaria complessa ed articolata “per pacchetti”  e recepita, quanto al primo pacchetto, sin dal d.p.r. 277/98 e in particolare col D.Lgs 188/2003 e smi. Inoltre la l. 59/99 attraverso la quale è stato recepito il principio della liberalizzazione del trasporto passeggeri internazionale (mentre il trasporto passeggeri nazionale ed il trasporto merci da tempo godono di un regime di pieno e libero accesso, fatto salvo per il trasporto regionale per il quale è prevista la possibilità di affidamento diretto alla impresa Trenitalia). Per quanto riguarda il requisito dell’attività esposta alla concorrenza l’AGCM evidenzia come nel settore merci sussistano 25 imprese e che le stesse sono talora collegate a incumbent europei, oltre a dover considerare la concorrenza intermodale del trasporto su gomme: quanto al trasporto passeggeri sulla Roma/Milano esiste la pressione competitiva esercitata dal trasporto aereo  e nella media e lunga percorrenza, esistono diversi competitor sia attuali che prospettici (NTV). L’AVCP conferma che si tratta di un mercato liberamente accessibile (ad esclusione di quello relativo al TPL). Sul fronte del trasporto merci l’AVCP afferma che “la richiesta dell’istante appare supportata da un effettivo grado di diretta esposizione alla concorrenza e da un mercato liberamente accessibile”. Anche nel settore del trasporto passeggeri esiste l’apertura ancorché, fuori dall’AV, esiste il tema della interferenza con i CdS con le Regioni. In ogni caso laddove detti CdS prevedano sistemi di separazione contabile, gli stessi non dovrebbero essere di impedimento all’istanza ex art. 30. L’URSF ha avuto modo di affermare che “i servizi di trasporto ferroviario sono effettivamente – e non solo potenzialmente – esposti alla concorrenza e che il mercato è liberamente accessibile alle IF”. Conclude l’URSF affermando che “sembra pertanto opportuno consentire parità di pratiche a tutti gli operatori, compreso l’incumbent Trenitalia il quale, potendo seguire le medesime regole privatistiche dei suoi competitor eviterebbe pregiudizievoli e ingiustificate asimmetrie operative, che rendono l’attività dell’IF stessa meno efficiente, con ricadute positive per il bilancio pubblico”.

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