La Giustizia rimane pubblica, abbiamo privatizzato l’ingiustizia
Un carrellata in primo piano sulle regole della mediazione civile fuga i dubbi sulla paventata privatizzazione della Giustizia, ma apre il fronte di un imbarbarimento dei procedimenti.
Giungono spesso al mio orecchio, per varie ragioni, le voci mal informate ed evidentemente poco riflettute di chi teme l’adozione di scelte che portino alla “privatizzazione” della Giustizia da parte di questo Governo, un po’ per ragioni di fondi, un po’ per ragioni che sarebbero personalissime di singoli esponenti politici.
Mi sono conseguentemente cimentato a più riprese con gli argomenti che meglio mi sembra rispondano a questi inconsapevoli episodi di disagio: l’irrinunciabile manifestarsi del potere sovrano attraverso l’amministrazione della Giustizia, l’assetto costituzionale, il controllo parlamentare … Devo confessare, però, che qualche dubbio iniziava a farsi strada anche nella mia coscienza, almeno relativamente ai servizi accessori, o meglio ancillari, alla funzione giudiziaria vera e propria, quali possono essere, ad es., le intercettazioni (già oggi appaltate a privati, sebbene più propriamente espressione dell’attività investigativa di polizia e non di quella giudiziaria strictu sensu), i servizi linguistici di traduzione ed interpretariato, a maggior ragione alla luce delle nuove disposizioni comunitarie; l’archiviazione e la notificazione dei provvedimenti e degli atti, l’elaborazione del massimario, etc. – tutte attività relativamente alle quali, in un momento di strutturale deficit delle finanze pubbliche, aggravato dalla congiuntura internazionale, nell’alternativa tra “make” e “buy” ben potrebbe lo Stato propendere per quest’ultima, ed avvantaggiarsi in termini di efficienza e flessibilità. Quanto a controllo e qualità, è un altro discorso.
La questione importante è che sbagliavo, radicalmente, e che ora ne esistono le prove. Voglio condividerle con i lettori di ApertaContrada.
Le riforme legislative che hanno introdotto nell’ordinamento la Mediazione Civile Finalizzata alla Conciliazione (Mediaconciliazione, è stata chiamata) hanno infatti preso inequivocabilmente il sentiero opposto a quello sopra paventato.
La società per cui lavoro – che è la holding non operativa di un gruppo industriale operante nella gestione di servizi pubblici – è stata invitata ad aderire ad un procedimento di mediaconciliazione da parte di alcuni clienti che avrebbero subito dei danni in conseguenza delle attività di erogazione dei servizi stessi. Questo mi ha fatto toccare con mano, per la prima volta, le poche, semplici regole che presiedono al nuovo istituto.
Regola Numero 1: in caso di adesione all’invito ricevuto, è necessario versare la propria parte di spese per la procedura, come risultanti dalla somma di diritti fissi (40 euro) e contributi proporzionali al valore della pretesa, secondo una tabella accessibile solo via Internet. Il sito dell’Organismo di Mediazione officiato della procedura, fra i più autorevoli, non è però accessibile dalla mia postazione: il firewall lo sbarra perché “potrebbe costituire una minaccia per la sicurezza delle risorse di rete”. Poco male: tanto l’istanza di adesione alla procedura nulla mi dice sul valore della pretesa avversaria, quindi non avrei potuto utilizzare alcun coefficiente della Tabella comunque per me inaccessibile.
Regola Numero 2: le parti devono partecipare personalmente agli incontri di mediazione, e solo per gravi motivi è consentito il ricorso a speciali procuratori. Perfetto, ci si incontra fra titolari delle rispettive posizioni, e diventa più facile trovare un accordo. Salvo nei casi in cui una delle parti sia una persona giuridica: rispetto alla quale è evidente che il legale rappresentante ha scarsissima probabilità di essere informato sui fatti di causa, e quindi di recare alcun giovamento alla procedura.
Regola Numero 3: il procedimento si svolgerà senza formalità. Si potranno finalmente far udire le vere ragioni, la sostanza delle cose, e cercare quel compromesso tra gli interessi direttamente rappresentati che, “pochi, maledetti e subito” costituisce Giustizia più e meglio di un lungo ed incerto processo. All’insegna dell’informalità, però, non è necessario fornire alcuna informazione alla parte che si invita ad aderire al procedimento sui fatti per cui si controverte: niente mi viene indicato rispetto a dove o quando si sarebbero prodotti i danni, per quali cause apparenti, per quale presumibile entità economica determinata come … Nulla di nulla, ho solo i nomi delle parti “attrici”. Ed un complesso, articolato modulo che il loro difensore ha omesso di compilare, senza che l’Organismo di Mediazione vi trovasse alcunché di sbagliato. Con l’effetto che, al primo incontro, non potremo che perdere tempo, loro a raccontarmi le cose che ho bisogno di sapere per accertare, all’interno della mia organizzazione, la realtà dei fatti (e prendere una qualunque decisione rispetto alla richiesta di conciliazione, che ad oggi per me resta sconosciuta), loro ad essere infastiditi – con me, non con il loro patrocinante – per l’inevitabile sensazione che io voglia perdere tempo, resistere passivamente al loro buon diritto. Vai a spiegarglielo che con oltre dieci milioni di clienti stabilire se/cosa/quando sia successo, per colpa di chi, e dunque se/in qual misura erogare un risarcimento non è decisione che una struttura societaria complessa ed articolata può assumere nella persona di un solo esponente, all’impronta. Ci sarebbe persino da opporre l’esigenza di rispettare la “segregazione funzionale” imposta dai modelli organizzativi ex D.lgs. 231/01 … ma come si fa ad entrare in queste argomentazioni nell’ambito di un procedimento improntato all’informalità e volutamente destrutturato, concepito per fare “Giustizi sostanziale” e non carte bollate?
Regola Numero 4: nel caso di ricorso all’assistenza di un professionista legale si ha diritto a corrispondere i diritti e le spese di mediazione nella misura minima. Oops! E la partecipazione personale? E la destrutturazione del procedimento per evitare lungaggini e formalismi che allontanano la Giustizia dalla gente comune? L’agevolazione tariffaria nel caso di ricorso a professionisti del diritto sembra mettere in crisi la finalità delle prime regole. O mira solo ad assicurare un reddito a qualche professionista in difficoltà?
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