La Golden Rule per il pareggio di bilancio nel Regno Unito

L’8 settembre scorso il governo italiano ha approvato un disegno di legge costituzionale, attualmente all’esame del Senato, che – attraverso una modifica dell’art 53 e la sostituzione del testo attuale dell’art 81 della Costituzione – introduce la norma che impone l’equilibrio delle entrate e delle spese nel bilancio dello Stato. Non sarà consentito ricorrere all’indebitamento se non nelle fasi avverse del ciclo economico, nei limiti degli effetti determinati dal ciclo stesso, o per uno stato di necessità dichiarato dalle Camere in ragione di eventi eccezionali[1].

Il perseguimento del pareggio di bilancio come principio guida della politica fiscale non è nuovo, né nella teoria economica né nell’esperienza normativa. La presente nota non riguarda il primo aspetto, si sofferma invece sulla recente esperienza del Regno Unito, sulle motivazioni della sua introduzione, sulle modalità con cui la regola del pareggio è stata introdotta e attuata, e sul suo finale abbandono.

Quando il partito laburista vinse, dopo un lungo predominio conservatore, le elezioni politiche nel 1997, il Cancelliere Brown, introdusse una nuova “cornice istituzionale” che avrebbe comportato un maggior affidamento sulla politica monetaria quale strumento di aggiustamento della domanda totale, e un’enfasi su obiettivi di lungo periodo nel definire la politica fiscale, il cui utilizzo sarebbe quindi stato meno discrezionale. Sul piano della politica monetaria, venne attribuita piena indipendenza alla banca centrale col Bank of England Act 1998 (cui però corrispose il trasferimento della responsabilità di vigilanza bancaria alla nuova Financial Services Authority), e sul piano della politica fiscale vennero definite due regole di stabilità: la golden rule e la sustainable investment rule.

Esse furono introdotte nel Code for Fiscal Stability del luglio 1997 (il Code è parte del Financial Statement and Budget Report), e confermate nel Budget 1998[2]. Il Finance Bill (la legge di bilancio), unito a tale Budget, dette forza di legge alle due regole.

La precedente esperienza dei governi conservatori aveva mostrato che i disavanzi si erano eccessivamente ampliati perché si era mancato di distinguere la componente ciclica dalla componente strutturale del saldo di bilancio: l’effettiva posizione fiscale del R.U. era stata “celata” da una crescita “eccessiva” del PIL[3]. Il governo laburista osservò che l’orizzonte temporale incerto dei precedenti governi aveva fatto sì che, una volta raggiunto un sia pur modesto avanzo di breve termine, il problema del deficit apparisse risolto, ma quella che appariva la fine di una crisi sarebbe stata, in effetti, solo l’inizio della crisi successiva.

Come definita nel Code, la golden rule prevede che nel corso del ciclo economico il governo si indebiti solo per investire e non per finanziare la spesa corrente. La sustainability rule prevede che nel corso del ciclo economico il debito pubblico netto sia tenuto, in rapporto al PIL, a un livello “stabile e prudente”.

Si argomentò che la spesa corrente è a beneficio della attuale generazione e riflette programmi continuativi di spesa finanziati anno per anno; la spesa in conto capitale crea assets che forniranno servizi e benefici ai contribuenti delle generazioni future. Non distinguere tra i due tipi di spesa aveva portato, nel passato, a sacrificare la seconda quando occorreva un maggior controllo del fabbisogno finanziario dello Stato, con conseguente caduta del rapporto tra ricchezza (wealth) del settore pubblico e PIL. La distinzione tra i due tipi di spesa avrebbe consentito una sorta di equità inter-generazionale: prendere a prestito contro futuri flussi di reddito, generati anche dallo stock di capitale finanziato da investimenti pubblici.

Le due regole, come sopra illustrate, sollevano una serie di questioni:

  1. Come definire il ciclo economico, misurarne l’intensità e determinarne la durata?
  2. A quale livello determinare il debito sostenibile?
  3. Come distinguere tra spesa corrente e spesa capitale?
  4. Quali fattori ne hanno determinato il totale abbandono?

Di particolare rilievo appaiono la prima e la quarta. Quanto al primo punto, il Tesoro britannico non utilizzò la metodologia standard che si basa sul livello d’attività per individuare i punti di svolta – inferiore e superiore – del ciclo economico [4]. L’approccio del Tesoro fu il seguente: identificare i punti del ciclo nei quali si ritiene che l’economia sia on-trend (sul livello di crescita tendenziale di lungo periodo). In tale individuazione il Tesoro si basava su una ampia gamma di indicatori. Nei punti in cui l’economia è on-trend non vi è alcun output gap (una differenza tra prodotto potenziale e prodotto effettivo), essendo i fattori di produzione occupati al tasso “normale” di utilizzo e non essendovi variazione nel grado di pressione inflazionistica nell’economia. Una volta identificati due punti on-trend consecutivi, la componente permanente del prodotto segue una tendenza lineare tra questi punti. Cioè il prodotto di trend è una funzione lineare del tempo che passa tra questi due punti: il tasso medio di crescita tra questi due punti[5]. Ogni qualvolta l’economia non si trova sul suo livello di trend si genera un output gap (positivo o negativo). A parità di altre condizioni, fissare un livello di trend più elevato amplia potenzialmente l’output gap e consente, se esso è negativo, un maggiore indebitamento. Il Tesoro, sulla base di studi storici ed econometrici, stimò in fasi successive diversi livelli di crescita tendenziale.

Nel valutare se il governo stesse rispettando la golden rule occorreva dunque in primo luogo calcolare il deficit corrente, in secondo luogo stabilire l’output gap previsto lungo tutto il ciclo economico, in terzo luogo calcolare il deficit corrente aggiustato per il ciclo lungo tutto il ciclo stesso. Perché la regola fosse rispettata occorreva che la somma dei deficit correnti annuali, aggiustati per il ciclo, risultasse positiva o nulla.

“Datare i trend points non è una scienza esatta … è da esercitare un certo grado di discrezionalità (informed judgement) sull’economia”, osservava il Tesoro [6]. Il governo variò nel corso degli anni sia il tasso di crescita al quale l’economia era giudicata on-trend, sia soprattutto la datazione del ciclo economico. Tali cambiamenti influivano, di conseguenza, sull’output gap. La datazione del ciclo corrente fu cambiata nel 2005, quando l’inizio del ciclo fu spostato dal 1999 al 1997. Nel 2004, l’autorevole prof. Martin Weale (che sarebbe entrato nel Monetary Policy Committee della Banca d’Inghilterra nel 2010 sotto il nuovo governo liberal-conservatore), in polemica con Gus O’Donnell, allora Treasury Permanent Secretary, definì l’introduzione della golden rule come una sciocchezza (“fudge”).

Quanto alla determinazione quantitativa della sustainable investment rule, essa ebbe nel tempo una certa evoluzione. Fermo restando un tetto del debito pubblico netto del 40%, originariamente tale cifra fu indicata come obiettivo da raggiungere nel corso dell’intero ciclo economico, ma nel 2003 si precisò che il debito doveva restare sotto il 40% in ciascun anno del corrente ciclo [7]. Il governo non fornì alcuna motivazione per la scelta del 40%, e l’obiettivo del 60% indicato per il debito pubblico nel Trattato di Maastricht avrebbe ben consentito un limite più alto. Inoltre, non è scontato che una percentuale, opportuna in una certa fase del ciclo, continui ad esserlo in fasi diverse [8].

Fu osservato che un’adesione incondizionata (slavish) alla golden rule può essere economicamente sub-ottimale, soprattutto quando l’attribuzione di una spesa alla parte corrente piuttosto che alla parte in conto capitale nel bilancio pubblico viene determinata da convenzioni (i criteri di contabilità nazionale) piuttosto che da criteri economici, come accade nel caso dell’istruzione pubblica [9].

Circa il quarto punto di cui sopra, l’ultimo utilizzo della golden rule nei documenti di bilancio si trova nel Budget 2008 (marzo). Dopo la crisi della banca Northern Rock nel 2007, la severa dimensione della crisi finanziaria era sempre più chiara, ma la pienezza dei suoi effetti non era ancora avvertita, e il Cancelliere Darling – subentrato a Brown l’anno prima, quando questi successe a Blair come Primo Ministro – spostando la proiezione della fine del ciclo dal 2006 al 2012-13 nonostante l’economia apparisse on-trend già nel 2006, dichiarò che il saldo corrente, nella media del ciclo, era positivo [10].

Tuttavia, nel Pre-Budget Report del novembre dello stesso anno, constatata la diminuzione in atto del PIL, Darling osservò: “applicare le regole in maniera rigida sarebbe perverso e pericoloso … In coerenza col Code for Fiscal Stability [come si ricorda, la fonte ufficiale della golden rule], il governo adotta una temporanea regola operativa, che ci richiede di migliorare ogni anno il bilancio corrente, aggiustato al ciclo, [solo] una volta che l’economia emergerà dalla recessione[11].

Nota Budd: “Le regole fiscali sono state abbandonate in circostanze nelle quali, secondo il Cancelliere dello Scacchiere, sarebbe stato “perverso” aderire ad esse … La domanda difficile è se la crisi iniziata nel 2007 sopravvenne come uno shock esogeno alla fine di un lungo periodo di successo nella politica economica, ovvero se essa fu endogena, ed espose in modo improvviso e doloroso gli errori degli anni precedenti[12].

Il governo liberal-conservatore risultante dalle elezioni del 2010 ha formalmente abbandonato le due regole. Il neo-Cancelliere Osborne, nel bilancio supplementare presentato subito dopo le elezioni, ha detto: “Questo è l’ultimo bilancio in cui la golden rule appare … essa verrà ‘mancata’, nel corrente ciclo, di £485 miliardi”. Il Cancelliere ha preferito indicare un obiettivo finale quinquennale per il deficit corrente strutturale, cioè aggiustato per il ciclo: esso sarà in equilibrio nell’anno conclusivo del periodo previsivo quinquennale, 2015-16 [13].

Nel Budget Statement di quest’anno[14], egli ha precisato che, per l’anno 2015-16, vi sarà un avanzo corrente strutturale dello 0,8% del PIL, mentre l’obiettivo per il debito è del 69,1% del PIL. Va ricordato che un’innovazione istituzionale è stata quella di creare già nel 2010 un Office for Budget Responsibility, con l’incarico di effettuare una valutazione continuativa della finanza pubblica del R.U., indipendente dal governo.

Ringrazio per le utili indicazioni Sir Alan Budd, Geoffrey Dicks, Paolo Garofalo.

Note

1.  www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/pareggio_bilancio

2.  Budget, March 1998, paragrafo 3.2.1

3.  Budd Alan, Fiscal Policy Under Labour, National Institute Economic Review, no 212, April 2010

4.  Honjo Keiko, The Golden Rule and the Economic Cycle, IMF Working Papers, WP/07/199

5.  HM Treasury, Evidence on the UK Economic Cycle, November 2008

6.  HM Treasury, cit.

7.  Budd, cit.

8.  Emmerson C., Frayne C., Love S., The government’s Fiscal Rules, Institute for Fiscal Studies, Briefing Notes, April 2001, updated November 2006

9.  ibidem

10.  Budget 2005; Budd, cit.

11.  Pre-Budget Report, November 2008

12.  Budd, cit.

13.  Budget Statement, 22 June 2010

14.  Budget Statement 2011, 23 March 2011