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La salute del Servizio Sanitario Nazionale: ApertaContrada intervista Claudio De Vincenti alla ricerca dei sintomi, della diagnosi e delle possibili terapie

di - 28 Ottobre 2011
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Tra l’altro, i fondi sanitari integrativi possono darci una mano a coprire quelle spese sanitarie di non autosufficienza che per altro, in larga misura, sono già coperte dal Servizio sanitario nazionale. Ma il grosso del problema della non autosufficienza non è tanto nelle spese sanitarie che in qualche modo il Servizio Sanitario Nazionale copre, anche se in maniera imperfetta (sotto questo aspetto un ruolo dei fondi sanitari è possibile e auspicabile), ma nelle spese di assistenza domiciliare, nelle spese di cura della persona, di cura della casa e così via, che sono spese molto ingenti. Io credo che lì serve un intervento diverso, che esula dal campo di azione dei fondi sanitari integrativi e che dovrebbe richiamarsi a un approccio simile a quello adottato in Germania, dove è stato istituito un contributo sulle retribuzioni che finanzia prestazioni di assistenza ai non autosufficienti: in poche parole, un approccio assicurativo pubblico obbligatorio. E’ a qualcosa del genere che, al di là della specifica forma di finanziamento, dobbiamo pensare. Dobbiamo anche pensare di differenziare le prestazioni in base al grado di non autosufficienza e, parallelamente, la spesa in base alle condizioni economiche dell’anziano. Qui si apre tutto un capitolo che va al di là dei fondi sanitari integrativi. I fondi sanitari integrativi possono dare un contributo nel completare alcuni processi di carattere sanitario: pensiamo, ad esempio, alla situazione dell’ospedale pubblico che dimette, dopo un certo periodo, l’anziano, il quale però ha il problema di completare il percorso assistenziale; in questi casi un po’ di aiuto da parte dei fondi sanitari possiamo immaginarlo,anche se il grosso, secondo me, continuerà a ricadere, per un verso sul sistema pubblico sanitario, per altro verso sulla tutela che andrà costruita attraverso un fondo nazionale pubblico per la non autosufficienza. Qui condivido a pieno l’indicazione di Elena Granaglia circa il fatto che è ormai essenziale e urgente avviare la costruzione di questo fondo.

Un altro argomento che vorremmo affrontare con Lei è quello della qualità, non solo perché ci consente, all’interno del nostro approccio alla sanità quale sistema composito, di compiere, sempre nell’ambito del SSN, il passaggio dal piano del finanziamento a quello dell’ erogazione, ma anche perché esso consiste in uno degli aspetti, oggigiorno, maggiormente enfatizzati tanto nelle strategie dell’attuale governo italiano, quanto nella policy sanitaria di altri paesi. Si tratta di un aspetto di fondamentale importanza che fa da congiunzione tra le riflessioni che, nel dibattito interno e internazionale, ruotano attorno ai temi della competizione tra providers, dell’informazione e educazione in materia sanitaria e dell’empowerment del cittadino. Ed è proprio sulla validità di questa congiunzione che un Suo parere sarebbe prezioso. A partire dall’ambito comunitario, dove recentemente è stato riconosciuto il carattere economico dei servizi sanitari quali servizi di interesse generale, nella prospettiva di ricondurre alle logiche concorrenziali le fattispecie sanitarie e limitare l’intervento pubblico alla risoluzione delle situazioni di market failure, fino al tentativo lombardo di realizzazione di un modello prossimo a quello di libero mercato, dove la Asl si spoglia del suo ruolo di committenza per ricoprire la funzione di terzo pagatore, è stata privilegiata una lettura della valorizzazione delle performance sanitarie e della selezione dell’offerta sul piano della qualità che pone al centro del meccanismo il cittadino-utente. In questa prospettiva, accanto all’abbassamento delle barriere all’entrata e alla parificazione tra gli erogatori (pubblici, privati, del terzo settore), chiamati a competere sulla base di regole certe, il consumatore-paziente è stato investito della libertà e della responsabilità di scelta, assimilando, in questo modo, le prestazioni sanitarie ai normali beni di consumo anche su quel terreno che maggiormente ha giustificato, fino ad ora, l’intervento pubblico e la deroga alle regole concorrenziali nel settore e risultando fortemente ridimensionata la valenza attribuita al problema di asimmetria informativa. Come si pone Lei nei confronti di queste tendenze emergenti? Non crede che, coerentemente ai principi alla base di un servizio sanitario nazionale, una maggiore concorrenzialità tra providers sulla base della qualità delle cure possa essere meglio perseguita all’interno dello schema attuale, in particolare separando committenza e produzione, potenziando lo strumento dell’accreditamento e facendo ricorso ai sistemi di valutazione comparativa che, dall’esperienza toscana (del laboratorio MES-Sant’Anna) a quella laziale (Pre.Val.E.), entrambe ricordate nel volume, sembrano poter costituire un valido supporto di composizione dell’offerta? Oppure, è da considerare altamente improbabile che all’interno del SSN si superino situazioni di conflitto di interesse e che, in fondo, come viene riportato nel Quaderno Astrid (richiamando il pensiero di Christian Gronroos), “la qualità in sanità è proprio ciò che i clienti recepiscono”? Infine, quale è secondo Lei l’accezione dell’abusato concetto di empowerment in grado di sposarsi meglio con quello di tutela?

 Io credo che, sempre nel quadro di un finanziamento su base pubblica universale, ci sia un ampio spazio per procedere al miglioramento e, in generale, a un cambiamento delle forme con cui vengono erogate le prestazioni sanitarie. E su questo la mia simpatia va verso i modelli di concorrenza amministrata, conosciuti in letteratura come quasi mercati, a indicare situazioni in cui i soggetti pubblici di governo del sistema si collocano nella posizione di committenti nei confronti di erogatori che possono essere indifferentemente pubblici o privati, ma che devono soddisfare la domanda del soggetto pubblico committente. Qui si apre tutto il tema dell’accreditamento e delle tariffe per prestazione con cui vengono remunerati gli erogatori.

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