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Il ruolo dello Stato. Il cammino del grande regolatore. Il protagonista irrinunciabile. Quel che è vivo e quel che è morto di J. M. Keynes

di - 23 Giugno 2011
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Sui poteri da assegnare al grande regolatore nel campo della regolazione dei mercati la Commissione De Maria[7] era giunta alla conclusione che ”ritiene inefficaci, in quanto eludibili, i provvedimenti diretti a combattere gli aspetti dannosi delle formazioni consortili e monopolistiche” , afferma che,” in situazioni del genere si debba adottare la soluzione della nazionalizzazione” anche perché, “una disciplina delle formazioni monopolistiche , condotta con i criteri dello “Sherman Act”, non potrebbe condurre affatto a risultati soddisfacenti”. Esplicita fu l’opinione dell’ing. Pietro Ferrerio, Presidente della Edison di Milano, “non credo che la legge Sherman abbia mai funzionato in senso generale. Avrà funzionato in qualche caso, magari a torto[8]. L’impresa pubblica, contrapposta all’impresa privata, fu dunque lo strumento per la regolazione dei mercati.
Dal canto loro i padri costituenti non si discostarono molto dalle proposte della Commissione De Maria. Il modello delle economie pianificate di tipo sovietico non venne mai preso in considerazione anche perché fu subito rinviato ad un imprecisato futuro proprio dal leader del partito comunista Togliatti in uno dei primi interventi, a proposito di un emendamento elaborato insieme a Dossetti (16 ottobre 1946) nella I° Sottocommissione che si occupava dei diritti e dei doveri economico – sociali e che porterà alle proposte per l’art. 41 della Costituzione[9].
Alla Costituente, Mortati (Democrazia Cristiana), Ruini (Democrazia del lavoro), Dominedò (Democrazia Cristiana) diedero grande rilievo al problema della presenza dei monopoli e delle concentrazioni monopolistiche in una economia di mercato.
Dominedò, intervenendo il 1° ottobre del 1946, non ebbe dubbi nel sostenere che “quando si venga a determinare in un’impresa economica il carattere di preminente interesse nazionale, si venga quasi automaticamente a prospettare l’eventualità di uno Stato nello Stato, di una potenza nella potenza collettiva. E’ il pericolo in atto nella forma monopolistica (…) un intollerabile monopolio privato[10].
Fu esplicito Mortati, nel corso della seduta del 13 maggio 1947, sulla necessità di “armonizzare l’attività economica privata con i fini pubblici“, e nel puntualizzare infine che nel “coordinamento ed i controlli a fini sociali, vi è la facoltà di impedire la formazione dei monopoli (…) che quando si sono formati i monopoli, si può intervenire per nazionalizzarli[11].
Einaudi (nella seduta del 13 maggio 1947) sostenne che la lotta ai monopoli dovesse essere recepita formalmente nella nuova costituzione e a tal fine presentò un emendamento in base al quale “la legge non è strumento di monopoli economici; ed ove questi esistono li sottopone a pubblico controllo a mezzo di amministrazione pubblica delegata o diretta[12]. Pare a me che vi fosse in nuce l’idea delle autorità indipendenti. Ma fino al 1974 (nasce la Consob) non se ne fece nulla
Ma la proposta di Einaudi fu criticata da Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, in quanto “l’emendamento sottopone poi a pubblico controllo i monopoli a mezzo di amministrazione pubblica delegata o diretta. Ed è qui che si dispiega la macchina antiliberista dei controlli. Controlli di squisita essenza interventista, con uffici, organi, burocrazia di vigilanza[13]. Dominedò si associò alle critiche di Ruini e la proposta di Einaudi non venne approvata, anche perché ritenuta da Ruini troppo interventista e foriera di eccessiva burocrazia.
Permane la sorpresa del giudizio su di Einaudi considerato “antiliberista”, ma pare a me che il dibattito di oggi sulla burocrazia degli organi deputati alla vigilanza riecheggi quello di allora.

Il terzo balzo (jump) condizionato dagli interessi.
Sorvolo ancora su molti decenni per giungere agli anni novanta caratterizzati dalle norme per la riforma dei mercati finanziari e non, ma soprattutto da quelle per trasformare per decreto legge gli enti pubblici (IRI,ENI, EFIM, ecc) in S.p.A.[14]: come premessa alle privatizzazioni. Ma queste ultime avvennero entro un circuito politico amministrativo che ne condizionò gli sbocchi; così come dimostra, data la sua importanza che consente di trascurare altri settori, l’esempio delle telecomunicazioni che segue.
Un breve detour per spiegarmi meglio.
Si narra negli Usa che l’avvio della fortuna personale di Lyndon B. Johnson (36° Presidente Usa che succedette a J. F. Kennedy) sia dovuta all’ottenimento, per via amministrativa, di alcune licenze per l’utilizzo di radio frequenze. Ciò avvenne nel 1940 quando lo stesso L. B. J. era membro del congresso americano[15].
Negli USA, a partire dagli anni ottanta si era iniziato ad ipotizzare di assegnare tali frequenze non più tramite un processo amministrativo, bensì tramite un’asta competitiva non solo per sottrarre tale assegnazione al circuito politico amministrativo, ma anche per non incorrere nel rischio dell’insorgenza di un potenziale conflitto di “gestione politica” nell’assegnazione delle licenze stesse.

Note

7.  Rapporto della Commissione economica, op. cit. II° vol. Capitolo IV- Tendenze monopolistiche dell’industria italiana pp. 239 – 240.

8.  Rapporto della Commissione economica, op. cit. Industria, vol. II, p. 240).

9.  Assemblea Costituente, op. cit. vol. VI, p. 554. Affermò Togliatti, che «si sta scrivendo una Costituzione che non è una costituzione socialista, ma è la Costituzione corrispondente ad un periodo transitorio di lotta per un regime economico di coesistenza di differenti forze economiche che tendono a soverchiarsi le une con le altre. In questo periodo è evidente che la lotta che si conduce non è diretta contro la libera iniziativa e la proprietà privata dei mezzi di produzione in generale, ma contro quelle particolari forme di proprietà privata che sopprimono l’iniziativa di vasti strati di produttori e, particolarmente, contro le forme di proprietà privata monopolistiche, specie nel campo dei servizi pubblici, che tendono a creare nella società dei concentramenti di ricchezze che vanno a danno della libertà della grande maggioranza dei cittadini, e quindi vanno a scapito dell’economia e della politica del paese».

10.  Assemblea Costituente, op. cit. vol. VIII, p. 2193.

11.  Assemblea Costituente, op. cit. vol. II, p. 1659-1660; 1669.

12.  Assemblea Costituente, op. cit. vol. II, p. 1666.

13.  Assemblea Costituente, vol. II, p. 1669.

14.  Decreto legge (Amato) 11 luglio 1992, n.333 conv. in legge 8 agosto 1992, n.359, Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, che trasformò forzatamente in SPA gli enti di gestione delle partecipazioni statali; legge (Ciampi) del 26 novembre 1993, n. 489, Norme recanti disposizioni per la ristrutturazione e la integrazione del patrimonio degli istituti di credito di diritto pubblico, nonché altre norme degli istituti medesimi, che riservava alle fondazioni di origine bancaria il 51% delle azioni delle banche conferitarie; decreti legge (Ciampi) reiterati che confluirono nella legge 30 luglio 1994, n. 474, “Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni”; legge (Ciampi) 23 giugno 1993, n. 202, Disposizioni urgenti per la soppressione del Ministero delle partecipazioni statali e per il riordino di Iri, Eni, Enel, Imi, e Ina; decreto legge (Ciampi) 10 novembre 1993, n. 439 Soppressione dell’Ente partecipazioni e finanziamento industria manifatturiera EFIM.

15.  Cfr. G.R. Faulhaber,D.J. Farber, Spectrum Management: Property Rights, Markets and the Commons, www.aei.brookings.org, p. 4

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