Incroci di amministratori e incroci di soci fra le blue chips

1. Gli incroci fra amministratori: le possibili spiegazioni
In passato sono state formulate almeno tre teorie per spiegare la funzione degli incroci fra amministratori:

a)     la collusione, vale a dire la possibilità di creare canali informali di comunicazione fra società, di norma operanti nello stesso settore, ai danni dei consumatori;
b)    la cooptazione di rappresentanti di fornitori e di clienti per eliminare asimmetrie informative, ridurre l’incertezza, accrescere il controllo sull’ambiente circostante e/o migliorare la propria reputazione;
c)     la promozione professionale e/o sociale degli amministratori.

L’esame degli incroci in cinque nazioni (Italia, Francia, Germania, Regno Unito e USA) ha messo in evidenza che il fenomeno nel nostro paese si ispira ad un modello “continentale”, condiviso anche da Germania e Francia, caratterizzato da un elevato numero di legami tra le blue chips per opera di un ristretto numero di amministratori, il tutto indipendentemente dal settore di appartenenza. Un successivo approfondimento circoscritto all’Italia ha confermato che il sistema italiano degli incroci fra amministratori è centrato sulle blue chips finanziarie e si estende ad altri soggetti non finanziari.
Si è quindi ipotizzato che in Italia, invece di una collusione “semplice”, volta a migliorare la performance economica delle società, operi una collusione “rafforzata”, in cui la comunanza di amministratori ha lo scopo di consolidare il controllo esercitato dagli azionisti rilevanti, aumentando i vantaggi da questi conseguiti e attuando una sorta di espropriazione a scapito degli altri azionisti e della stessa società.

2. Il caso italiano: MIB 30 del 1998 versus MIB 40 del 2008
Per verificare quanto sia fondata tale ipotesi abbiamo provato a sovrapporre gli incroci azionari fra società a quelli fra consigli d’amministrazione. Abbiamo scelto di limitarci sulle sole blue chips e di effettuare due “fotografie”, a distanza di 10 anni (1998 e 2008), delle partecipazioni superiori al 2%, confrontando le reti (opportunamente semplificate) di queste ultime con quelle formate dagli amministratori in comune. La scelta di concentrarci su così pochi soggetti è giustificata: 1) dalla rilevanza economica degli stessi, giacché la loro capitalizzazione rappresenta, in entrambi gli anni, oltre l’80% di quella complessiva della Borsa italiana; 2) dalla possibilità di integrare l’analisi dei networks con statistiche descrittive. L’assetto delle partecipazioni e dei consigli negli anni intermedi a quelli considerati non modifica le conclusioni cui siamo giunti; la verifica di queste ultime con modelli econometrici e l’estensione dell’analisi ad anni passati e successivi sono nelle intenzioni degli autori, così come il confronto con altri paesi.

3. La rete degli amministratori fra il 1998 e il 2008
Tra il 1998 e il 2008 il numero di incarichi nei consigli d’amministrazione delle società quotate è aumentato del 30,37% (da 1821 a 2374), riflettendo l’aumento del numero delle società stesse (da 239 a 289); in parallelo gli amministratori presenti in più di un organo, pur cresciuti in valore assoluto (da 306 a 353), sono diminuiti in termini percentuali (dal 16,8% al 14,87%).
Il dato potrebbe essere interpretato come una riduzione del fenomeno degli incroci, ma in realtà può essere spiegato, in prima battuta, come effetto della crescente attenzione alla necessità di limitare il numero di incarichi, in modo da permettere agli amministratori di avere il tempo necessario a svolgere le mansioni affidate. Esso va inoltre combinato con altre informazioni quantitative, alla luce delle quali si può arrivare a ribaltare la conclusione che altrimenti apparirebbe intuitivamente più ovvia.

a)      In primo luogo occorre considerare i dati sul turnover fra gli amministratori: nel 2008 è uscito il 75% di coloro che detenevano una sola posizione nel 1998 (1137 su 1515), il 54% di coloro che ne detenevano due (106 su 197) e il 40% di coloro che ne avevano più di due (44 su 109); quasi simmetricamente, non comparivano nel 1998 l’81% degli amministratori con un incarico nel 2008 (1633 su 2021), il 68% di quelli con due incarichi (161 su 236) e il 39% di quelli con più di due incarichi (46 su 117).
b)      Un altro dato da considerare è l’esistenza di una diretta proporzionalità fra il numero di incarichi detenuti, da un lato, e la circostanza che l’amministratore detenga almeno un incarico in una blue chip, dall’altro: tale situazione si verifica con il 14,26% dei soggetti con non più di un incarico nel 1998 o nel 2008 e con il 55% di quelli con almeno tre incarichi in uno dei due anni.
c)      Di diretta proporzionalità è anche la relazione fra il numero di incarichi detenuti e il fatto che l’amministratore sia anche un socio di una blue chip: è in tale condizione solo lo 0,52% degli amministratori con un incarico contro il 15,91% di quelli con almeno tre incarichi.

L’osservazione congiunta dell’evoluzione del numero di posizioni e del turnover porta a concludere che la riduzione percentuale del numero di incarichi è da ascrivere soprattutto agli amministratori con uno o due incarichi, mentre riguarda in misura sensibilmente minore quelli con più di due incarichi; si conferma così la già osservata maggiore stabilità di tali soggetti all’interno della rete degli amministratori. I dati di cui alle lettere b) e c) consentono una seconda annotazione: il “cuore” dell’incrocio degli amministratori è costituito da coloro che detengono una posizione di amministratore in una blue chip e ne sono, spesso, anche azionisti. È possibile individuare una “soglia di connessione”, costituita dalla situazione di coloro che avevano non più di due incarichi in uno degli anni considerati ed uno solo nell’altro: al raggiungimento di tale soglia si triplica tanto l’incidenza di amministratori con incarichi in una blue chip quanto quella di coloro che sono anche soci di una blue chip. Anche questa è una conferma delle conclusioni raggiunte in precedenti studi.
L’importanza degli azionisti tra gli amministratori multi-incarico emerge anche da un’analisi per nominativi: limitandosi a coloro che hanno collezionato, fra 1998 e 2008, almeno 6 posizioni, constatiamo che gli azionisti sono 16 sui 22 con incarichi in crescita e 20 su 23 con incarichi in calo. Il dato mostra anche qualche discontinuità fra i due anni considerati, lasciando intravedere come un sistema stabilmente centrato intorno alle figure degli azionisti-amministratori si sposi con una mutazione delle persone fisiche (più ampiamente, delle famiglie) che tale ruolo ricoprono.

4. La rete delle partecipazioni fra il 1998 e il 2008
L’analisi della rete delle partecipazioni fra le blue chips mette in evidenza la suddivisione delle società in tre blocchi. Il primo è costituito dalla cosiddetta “Galassia Mediobanca”, che comprende l’asse Mediobanca-Generali, le società partecipate da queste, i soci rilevanti di Mediobanca e le società partecipate da questi ultimi; come si può vedere dalle figure 1 e 3 gli incroci partecipativi costituiscono una rete che collega buona parte dei soggetti. Il secondo blocco (“MIB pubblico”) è costituito dalle blue chips controllate verticalmente da soggetti pubblici, ma prive di significativi collegamenti orizzontali fra loro. Il terzo blocco raccoglie le altre società (il “MIB residuo”) ed è caratterizzato non solo dalla scarsità di collegamenti partecipativi rilevanti con gli altri due blocchi, ma anche dall’assenza di legami fra le società.
Nel 1998 la Galassia rappresentava il 40% della capitalizzazione totale della Borsa italiana, il MIB pubblico il 16% e il MIB residuo il 24%; le partecipazioni rilevanti fra i blocchi erano solo due, entrambe colleganti la Galassia e il MIB pubblico, ed erano pari all’1% del valore complessivo della Borsa. Come si distribuivano gli incroci degli amministratori rispetto ai tre blocchi? La Galassia faceva la parte del leone, dando luogo a 51 su 73 degli incroci complessivi, mentre all’interno di ciascuno degli altri due blocchi si registravano solo 4 casi. Nei rapporti fra i blocchi si registravano 12 collegamenti tra la Galassia e il MIB residuo, 2 fra la Galassia e il MIB pubblico e nessuno fra MIB pubblico e MIB residuo.
La Galassia risultava così nel 1998 il punto in cui più si addensavano non solo i rapporti partecipativi, ma anche quelli fra i consigli d’amministrazione.
–        Le partecipazioni si strutturavano su due poli (figura 1): Mediobanca raggruppava intorno a sé i principali gruppi bancari (Intesa, Banca di Roma, Unicredito, Comit) e assicurativi (Generali) del paese e raggiungeva, direttamente o attraverso Compart e HPI, anche soggetti industriali (Montedison e Edison, con la prima, Pirelli con la seconda); gli Agnelli, all’epoca già in via di allontanamento da Mediobanca, partecipavano a San Paolo-Fideuram, Banca di Roma e HPI e la Compagnia San Paolo a Compart. HPI e Compart costituivano quindi il principale aggancio fra i due poli, mentre la partecipazione della Fondazione Cariplo in San Paolo annunciava la fusione con Intesa.

–        Gli incroci fra amministratori (figura 2) in molti casi corrispondevano ai rapporti partecipativi: Mediobanca, Generali e Comit che, oltre ad essere collegate fra loro, condividevano amministratori, a monte con il gruppo Unicredito-Rolo-RAS e a valle con Alleanza-HPI-Pirelli e Compart-Edison-Montedison, esaurendo quasi tutte le possibili combinazioni. In altri casi accorciavano la catena partecipativa (Unicredito-Rolo-RAS con HPI o Generali con Intesa), la rinforzavano (Mediobanca con FIAT; FIAT con San Paolo; HPI con Pirelli; Compart con Montedison ed Edison) o la integravano (Mediobanca e Generali con Banca di Roma; Banca di Roma con Pirelli; HPI con FIAT, Compart, Montedison ed Edison; Edison con Montedison; Alleanza con Intesa e Pirelli).

Nel 2008 si conferma la divisione delle blue chips nei tre blocchi sopra indicati e il ruolo marginale degli incroci partecipativi fra essi (1% della capitalizzazione totale), ma la permanenza di tale schema si accompagna ad alcuni mutamenti nella sua morfologia. I blocchi cambiano di peso rispetto al valore complessivo della Borsa: la Galassia scende leggermente al 36%, il MIB pubblico raddoppia al 33% (grazie alla quotazione di ENI e di altre utilities), mentre il MIB residuo si dimezza al 12%. Un secondo elemento è, come accennato nel paragrafo precedente, la modifica delle società (e delle famiglie) che fanno parte dei blocchi: all’uscita di FIAT (e Agnelli) dalla Galassia fa riscontro l’ascesa al ruolo di azionisti rilevanti di Mediobanca di soggetti già presenti, direttamente o indirettamente, ma le cui società o divengono blue chips (Pesenti e Ligresti) o lo erano già, ma facevano parte del MIB residuo (Benetton e Berlusconi).
Gli incroci di amministratori si concentrano ancora all’interno della Galassia, anche se il loro peso si riduce al 50% del totale (43 su 84); si conferma invece in pieno il ruolo marginale degli stessi all’interno degli altri due blocchi (solo 8 casi in tutto). Più intensi risultano i rapporti fra blocchi, ma limitatamente a quelli aventi come parte la Galassia (31 casi), mentre restano minimi quelli fra gli altri due blocchi (2 casi); le ragioni principali sono: a) per il MIB pubblico (10 casi) i legami stabiliti dalla Galassia con ENI e altre società del settore energetico; b) per il MIB residuo i collegamenti con le banche popolari cooperative (un terzo dei 21 casi), nelle quali non è possibile conseguire partecipazioni rilevanti, nonché la “memoria” di legami partecipativi passati (FIAT).
La Galassia resta quindi il principale oggetto per lo studio degli incroci degli amministratori, anche se, rispetto al 1998, emerge una tendenza ad esportare i legami al di fuori di essa, quasi a compensare la (lieve) riduzione del peso di quest’ultima in termini di capitalizzazione.

–        Le partecipazioni mostrano diversi cambiamenti (figura 3). Oltre alla sostituzione degli Agnelli con i quattro soggetti già richiamati (Benetton, Berlusconi, Ligresti e Pesenti), la struttura si è fatta più semplice: le fusioni hanno ridotto da 4 a 2 il numero dei soggetti bancari coinvolti, Mediobanca è connessa di fatto solo con Generali e Generali è incaricata in modo sostanzialmente esclusivo del ruolo di holding delle partecipazioni. Tra queste compaiono alcuni dei soggetti controllati o partecipati dagli azionisti di Mediobanca (Telecom, Impregilo, Autogrill, Atlantia), mentre in altri casi essi preferiscono mantenere separato il legame con le proprie società (Mediolanum, Mediaset, Mondadori, Italcementi, Fondiaria). Pirelli si conferma al termine della catena partecipativa.

–        La struttura più lineare delle partecipazioni sopra descritta può spiegare la diminuzione del numero degli incroci fra amministratori all’interno della Galassia e al tempo stesso permette di costatare una più marcata sovrapponibilità delle due reti: la parte superiore ed inferiore della figura 4 coincidono in larga parte, rispettivamente, con quella sinistra e destra della figura 3. Emergono altresì dagli incroci legami integrativi fra le società degli azionisti di Mediobanca (Unicredit, Italcementi, Mediolanum, Mediaset e Mondadori) con Mediobanca e Generali, l’accorciamento/rafforzamento dei legami partecipativi di queste ultime con le società a valle (area blu per Mediobanca, area gialla per Generali) e la stretta integrazione tra loro di sei società a valle.

5. Conclusioni
Le analisi svolte sembrano confermare che tanto nel 1998 quanto nel 2008 la rete delle partecipazioni e degli amministratori si sono sovrapposte. Tale sovrapposizione ha permesso di integrare strettamente un gruppo di blue chips (la Galassia) sotto il controllo di alcune banche, prima, e delle stesse banche e di alcuni soggetti non finanziari poi. Al netto di tale blocco e, quindi, considerando solo MIB pubblico e MIB residuo, i legami sia partecipativi sia tra amministratori sono risultati deboli, se non del tutto inesistenti. Il sistema della Galassia, caratterizzato dalla presenza di un limitato numero di azionisti rilevanti collegati da un limitato numero di amministratori, può permettere, al suo interno, l’espropriazione degli azionisti di minoranza da parte di quelli rilevanti.
A tale conclusione se ne può aggiungere una seconda, suggerita dall’evoluzione della Galassia nel periodo considerato. Con la comparsa al vertice della stessa di nuovi soggetti si sono infatti manifestate nel 2008 due tendenze:

–        la prima, già rilevata sopra, è costituita dall’estensione della rete degli amministratori non solo al MIB residuo, come già avvenuto in passato, ma anche al MIB pubblico;
–        la seconda riguarda l’attività dei soggetti non finanziari presenti all’interno della Galassia, dove un consistente numeri di concessionari pubblici (Atlantia, Autogrill, Lottomatica, Mediaset e Telecom) e appaltatori pubblici (Impregilo) ha marginalizzato o rimpiazzato soggetti più “strettamente” privati (Pirelli, FIAT, Edison, Montedison).

La Galassia sembra quindi aver indirizzato i propri interessi verso soggetti e campi di attività pubblici o semi-pubblici, una tendenza che potrebbe essere interpretata, con le parole di Max Weber, come l’affermarsi di un capitalismo orientato “in vista delle possibilità di un’acquisizione continuativa in forza di un potere garantito politicamente”.
Entrambe le conclusioni possono essere, allo stato, considerate ipotesi di lavoro, da confermare in ulteriori lavori sulla base di modelli econometrici.

Carlo Drago, Università di Napoli, Dipartimento di Matematica e Statistica, Stefano Manestra e Paolo Santella, Banca d’Italia.
E-mail: carlo.drago@unina.it; stefano.manestra@bancaditalia.it; paolo.santella@bancaditalia.it.
L’articolo è una sintesi dell’articolo degli stessi autori, disponibile in www.ssrn.com dal titolo: “Interlocking Directorships and Cross-Shareholdings Among the Italian Blue Chips”.
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Ringraziamo Livia Aliberti, Marcello Bianchi, Magda Bianco, Salvatore Chiri, Pierluigi Ciocca, Silvia Giacomelli, e Nicola Pesaresi per i preziosi commenti formulati.