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Le priorità ambientali attuali

di - 22 Aprile 2011
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Molta dell’insicurezza del territorio che noi rileviamo è determinata proprio dalla non accettazione da parte della società di siffatte imposizioni. É vero che la diacronicità delle pianificazioni è fonte di «pasticci» e che la soluzione ideale sarebbe fermare il mondo e fare una generale pianificazione ambientale e solo in seguito decidere le forme di utilizzazione del territorio conformemente a questa. Nella realtà vi sono pianificazioni preesistenti che confliggono con quelle sopravvenienti, da contemperare tra loro. Entra in gioco anche una resistenza sociale. Il gioco combinato locale-politica è molto perverso, da questo punto di vista; la richiesta di riclassificazione delle zone tutelate è uno sport nazionale. Un nuovo piano idrogeologico individua delle zone ad alto rischio e le classifica R4 (massimo rischio); a quel punto ha inizio il confronto tra l’autorità che ha posto il vincolo, il cittadino (arrabbiato), il sindaco che teme per il suo consenso elettorale e così via. Se si torna qualche tempo dopo in quel luogo si può osservare che quell’R4 è diventato R3. Sono stati fatti davvero i lavori per attenuare il rischio e quindi riclassificare la zona? Come capite, la natura giuridica di questi vincoli è decisiva.

La pianificazione ambientale sta portando a situazioni incredibili. Sapete che la città di Messina – teoricamente anche quella di Reggio Calabria, ma Reggio Calabria è un po’ più disinvolta o fanno finta di non saperlo – è, di fatto, disciplinata da un regolamento di gestione da bene ambientale? Perché è ricompresa in una zona di protezione speciale (ZPS); questo significa che è la circolazione (aerea) di determinate specie faunistiche a determinare il regolamento di gestione di quella zona, quindi della città. Per cambiare una tegola a Messina bisogna fare la procedura di valutazione di incidenza ambientale!

Ritorno, per concludere, alla questione dei descrittori e degli indicatori, dalla quale emerge un ritardo del nostro Paese. Infatti, quasi tutti gli altri Paesi hanno già definito delle liste di indicatori, tanto che, di frequente, nel fare una valutazione, in assenza di una misura italiana, propongo di adoperare una misura vigente in un altro Paese. Ad esempio, nel lavoro che ha fatto recentemente il Consiglio per lo sviluppo economico e ambientale francese sui cosiddetti indicatori di sostenibilità, le quattro “gambe” della sostenibilità sono l’ambiente, la società, l’economia e la governance. Perché anche la governance rientra nella sostenibilità, in quanto in mancanza della capacità di gestire ragionevolmente l’ambiente, l’economia e l’accettazione sociale di quello che si sta progettando, evidentemente non vi è sostenibilità che tenga. Rispetto a queste quattro “gambe” della sostenibilità sono, poi, decrittate le parole d’ordine, e accanto a ciascuna parola d’ordine è apposto un numero, poiché le priorità sono stabilite in termini addirittura quantitativi, anche se talune volte solo in termini qualitativi (visto che non tutti i descrittori sono passibili di essere definiti attraverso valori numerici).

Per concludere: la valutazione ambientale ha sempre dovuto misurare cose assolutamente non coerenti tra loro quali l’interesse economico, la bellezza del paesaggio, la conservazione di una determinata specie faunistica e così via e, pertanto, ha sempre dovuto fare esercizi complessi per valutare cose diverse, magari trasportandole su scale di valori diverse in modo tale che vi fosse omogeneità nella valutazione. Ebbene, proprio in questo modo è possibile mettere d’accordo – si tratta di un altro problema rilevantissimo -, la dimensione globale con quella intermedia e con quella locale. Infatti, di molte delle cose di cui stiamo parlando, ormai se ne occupano anche coloro che studiano i beni comuni, perché molte delle cose che noi chiamiamo bene comune sono, di fatto, «beni pubblici mondiali» a cui diamo un valore collettivamente rilevante che deriva da una dimensione globale. Quegli indicatori, ritornano, naturalmente, anche a livello intermedio e a livello locale, ma hanno anche delle loro specificità. Nella declinazione del globale verso l’intermedio e il locale si può mettere d’accordo la dimensione totale con la dimensione propria ad ampi spazi regionali come l’Europa, fino ad arrivare a dare specificità al singolo luogo. Infatti, ogni singolo luogo ha una sua specificità che, se gli indicatori non venissero declinati in questo modo, risulterebbe probabilmente del tutto  appiattito, in quanto avremmo usato un indicatore globale che potrebbe non attagliarsi a quel singolo luogo, cioè alle specificità sue proprie.

Evento collegato:

Master Universitario di II livello in diritto dell’Ambiente: Tavola rotonda su: “Le priorità ambientali attuali”, 10 febbraio 2011

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