Approvato il Decreto per il recepimento della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle rinnovabili. Analisi tra aspettative, obiettivi e criticità

Il susseguirsi di modifiche normative spesso complesse e di ripetuti interventi correttivi sul sistema regolatorio, l’introduzione di nuovi ed ingenti costi, quali ad esempio il pagamento dell’ICI sugli impianti e di oneri per la connessione hanno determinato nel tempo una situazione di profonda incertezza e conseguentemente una forte dissuasione negli investimenti nel settore delle rinnovabili, con nefaste (e prevedibili) conseguenze in relazione alla crescita occupazionale ed industriale che il settore avrebbe dovuto e potuto garantire al nostro Paese. A ciò si sommi il fatto che numerosi provvedimenti normativi in materia di energia restano a lungo nei cassetti ministeriali, parlamentari, o sono bloccati da contrasti tra Governo, Regioni e parti sociali, come il piano d’azione nazionale per l’efficienza e il risparmio energetico previsto dalla direttiva sull’efficienza energetica, 2006/32/Ce, contribuendo così a fornire un quadro normativo incompleto e confuso che certamente non giova all’economia ed allo sviluppo del settore.

In questo problematico scenario tutto nazionale si innesta il recente recepimento della Direttiva Comunitaria sulle fonti rinnovabili[1] (il cui termine era il 5 dicembre 2010) che come è noto avrebbe dovuto individuare gli strumenti necessari e le modalità più efficienti finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di copertura del 17% del consumo elettrico nazionale con le Fonti Rinnovabili al 2020[2], provvedendo al contempo all’eliminazione delle molteplici barriere tecniche[3], amministrative[4] e regolatorie[5]. Il 30 novembre 2010 è stato approvato da parte del Consiglio dei Ministri in via preliminare lo schema di decreto legislativo predisposto dai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, avente ad oggetto tutto il settore, dalle autorizzazioni alle reti energetiche, dagli incentivi all’efficienza energetica in edilizia, testo poi sottoposto al successivo parere della Conferenza unificata[6] e delle Commissioni parlamentari, dando così inizio ad un intenso dibattito tra le varie parti coinvolte, che non hanno mancato di rilevarne con sollecitudine le molteplici criticità, soprattutto in materia di incentivi. Il decreto in esame si prefiggeva formalmente lo scopo, almeno secondo le intenzioni del Governo[7], di dettare le regole generali per il settore sulla base degli obiettivi dettati dagli accordi internazionali, semplificando e snellendo le procedure, oltre che l’obiettivo di addivenire alla drastica riduzione dei costi sostenuti dai consumatori di energia, ovvero dai cittadini, che di fatto ad oggi pagano di tasca propria gli incentivi stanziati per le rinnovabili, che gravano sugli importi in bolletta, come ribadito più volte dallo stesso Presidente dell’Autorità per l’Energia, Alessandro Ortis, che da tempo richiama la necessità di riformare in tal senso il meccanismo di incentivazione.

Il 3 marzo 2011, il Consiglio dei Ministri n. 129 ha quindi approvato in via definitiva il testo del “Decreto Rinnovabili[8], composto di 43 articoli, divisi in nove titoli, e di quattro allegati “tecnici”, dando così inizio ad un intenso dibattito tra le parti in causa. C’è infatti da un lato vivo apprezzamento per l’operato del Governo[9], e soddisfazione per il ripensamento ai tagli indiscriminati alle rinnovabili[10] in quanto è stata espunta dal testo definitivo la parte relativa alla fissazione di un tetto di 8 GW (8.000 MW) per il fotovoltaico raggiunti i quali, in precedenza, si prevedeva la sospensione dell’erogazione degli incentivi. Un tetto ritenuto molto basso e limitante, come sottolineato dai 65 parlamentari e cittadini che nelle more dell’approvazione si erano rivolti al Ministro Romani per opporvisi, segnalando ad esempio che in Germania il limite sarebbe ben sei volte più alto rispetto a quello citato. Ma ci sono anche forti contestazioni sull’adeguatezza del provvedimento, che, ad esempio, secondo il responsabile energia e infrastrutture di Legambiente, lascerebbe i cittadini “nella più totale incertezza’’ in quanto “solo chi ha già i cantieri aperti e finirà entro maggio avrà sicurezza sugli incentivi. Da giugno entrerà in vigore un nuovo sistema con tariffe più basse ma anche un limite annuale alle installazioni che non darà garanzie a chi vuole investire”.

Materiale collegato:
Decreto legislativo 3 marzo 2011, Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE

Dal punto di vista autorizzatorio si individuano le prime modifiche. Come è noto, in base al Decreto legislativo 387/2003[11], per la costruzione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili è necessaria l’autorizzazione unica. Con le linee guida previste dal citato decreto ed approvate lo scorso settembre[12] (con circa 7 anni di ritardo), è stato poi chiarito che i piccoli impianti, con capacità di generazione inferiore alle soglie fissate dalla tabella A allegata al decreto, come impianti fotovoltaici fino a 20 kW, impianti a biomassa fino a 1000 Kwe, impianti eolici fino a 60 kW e impianti idroelettrici fino a 100 kW fossero realizzabili con Dia. Per gli impianti minori, cioè impianti fotovoltaici integrati negli edifici, impianti a biomassa fino a 50 kWe, minieolico, piccoli impianti idroelettrici e geotermoelettrici, è sufficiente invece una comunicazione di inizio lavori al Comune perché considerati attività di edilizia libera. Con il Decreto in esame vengono ridefinite tre distinte procedure a seconda della grandezza dell’impianto, e cioè la comunicazione per gli impianti più piccoli, la dichiarazione inizio lavori per gli impianti medi, in cui la DIA è sostituita da una denuncia di impianti a fonti rinnovabili, c.d. Dire (denuncia di impianto alimentato da energie rinnovabili), e l’autorizzazione unica per gli impianti più grandi che andrà rilasciata entro 180 giorni comprensivi della verifica di assoggettabilità se la verifica esclude la Via, altrimenti il termine perentorio è 90 giorni al netto della procedura di Via. La Dia è quindi sostituita dalla Dire, che il proprietario dell’immobile interessato dall’impianto dovrà presentare, anche telematicamente, al Comune entro 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori. Qualora l’immobile sia sottoposto a vincolo, il termine di 30 giorni è sospeso e decorre dalla conclusione del relativo procedimento, se la tutela del vincolo compete ad un’amministrazione diversa dal Comune ed il suo parere non è allegato alla Dire, è previsto che il Comune entro 20 giorni convochi una conferenza di servizi, per cui il termine decorre dall’adozione della decisione conclusiva. La denuncia di impianto deve essere accompagnata da una relazione firmata da un progettista abilitato e dagli elaborati progettuali in grado di asseverare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi. Alla Dire, che ha una validità di 3 anni, bisogna inoltre allegare anche il preventivo per la connessione redatto dal gestore della rete e accettato dal proponente, nonché l’indicazione dell’impresa alla quale si vogliono affidare i lavori. A fine intervento il progettista o il tecnico abilitato presenta al Comune un certificato di collaudo finale. Nello specifico, è previsto che la Dire sia applicabile agli impianti solari termici da realizzare sugli edifici, mentre nel caso di impianti aderenti o integrati nei tetti degli edifici, che presentano stessa inclinazione e orientamento della falda e non alterano la sagoma del fabbricato, e che secondo le linee guida contenute nel DM del 10 settembre 2010 possono essere considerate attività di edilizia libera, si può ricorrere alla comunicazione di inizio lavori. La Dire si applicherà anche agli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati alla climatizzazione degli edifici, oggetto di un decreto in fase di definizione, nonché per l’installazione di impianti diversi, destinati alla produzione di energia termica, acqua calda e aria negli edifici esistenti e negli spazi privati annessi. E’ inoltre previsto che le Regioni potranno estendere la DIRE agli impianti fino a 1 MW. Questa previsione interviene così a differenziare sul territorio la soglia di potenza massima degli impianti autorizzabili tramite procedura semplificata, contravvenendo a quanto previsto dalla legge delega e limitando così uno sviluppo omogeneo del settore su tutto il territorio, oltre che comportando possibile confusione per gli operatori che dovranno districarsi tra normative regionali differenti. In ogni caso, ed al di là delle modifiche citate, in ambito regolatorio, oltre l’auspicata diminuzione dell’eccessiva burocratizzazione ed al fine di raggiungere gli scopi prefissati, è evidente che sarà certamente necessario poter contare su di una pubblica amministrazione efficiente, competente, e costantemente formata al fine di non svuotare del tutto la portata applicativa delle novelle legislative in tal senso.

Tra le misure più criticate dalle Associazioni di categoria, vi si trova il limite (rimasto invariato, nonostante le polemiche, dallo schema di decreto legislativo approvato a dicembre) del 10% alla quota di terreni agricoli utilizzabili per la produzione da fonti rinnovabili (art. 8), statuizione caldeggiata dal Ministro per le politiche agricole Galan ed accolta positivamente dalla CIA (Confederazione italiana agricoltori), ma fortemente osteggiata dalle altre parti. Assosolare, ad esempio, sottolinea come con la previsione citata si addivenga ad una grave limitazione per gli impianti fotovoltaici a terra realizzati su aree agricole, stigmatizzando così la c.d. ‘paura dell’occupazione dell’agricoltura’, in quanto in base ai dati ISTAT la superficie totale agricola e forestale in Italia è di 19,6 milioni di ettari, di cui 13,2 milioni sono utilizzati per l’agricoltura, se anche tutti i 3 GW del terzo conto energia fossero realizzati in impianti a terra, questi occuperebbero circa 6000 ettari e dunque esclusivamente lo 0,045% della superficie. A tal proposito le Associazioni del settore fotovoltaico[13] avevano già comunicato con una nota congiunta la propria posizione di contrarietà ai vari rappresentanti della Conferenza Unificata riunitasi lo scorso dicembre, al fine di arginare la possibilità di danni economici ingenti agli operatori, e conseguente perdita di investimenti, ribadendo come gli impianti di grossa dimensione sul suolo abbiano un’efficienza maggiore che permette di raggiungere l’obiettivo del 17% di energia da fonti rinnovabili (fissato in termini di quantità di energia rinnovabile prodotta e non di capacità installata).

Altro aspetto aspramente criticato dagli operatori di settore inerisce il fronte degli incentivi in relazione alla graduale dismissione del sistema dei certificati verdi, per dare spazio a nuovi incentivi legati alla quantità di energia prodotta, in base ad un sistema a tariffa fissa. Il provvedimento, infatti, modifica in maniera sostanziale la disciplina del settore, definendo nuovi meccanismi, le cui concrete modalità di attuazione sono demandate ad un successivo decreto del MSE e del MATTM, da adottare previo parere favorevole dell’AEEG ad un anno dall’approvazione del decreto. Secondo il decreto, le disposizioni attualmente in vigore “si applicano alla produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici per i quali l’allacciamento alla rete elettrica abbia luogo entro il 31 maggio 2011’’. Dal 1 giugno in poi, il sistema incentivante sarà quindi disciplinato da un apposito decreto che dovrà essere emanato entro il 30 aprile 2011, sulla base dei seguenti principi: a) determinazione di un limite annuale di potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che possono ottenere le tariffe incentivanti; b) determinazione delle tariffe incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle tecnologie e dei costi di impianto e degli incentivi applicati negli Stati membri dell’Unione europea; c) previsione di tariffe incentivanti e di quote differenziate sulla base della natura dell’area di sedime; d) applicazione delle disposizioni dell’articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili con il presente comma. L’ultima disposizione che riguarda il solare fotovoltaico è quella contenuta nell’Allegato 2 dedicato a Requisiti e specifiche tecniche degli impianti alimentati da fonti rinnovabili ai fini dell’accesso agli incentivi nazionali e che recita: 4. Per il solare fotovoltaico, l’accesso agli incentivi statali di ogni natura è consentito, a decorrere da un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, a condizione che: a) i componenti e gli impianti siano realizzati nel rispetto dei requisiti tecnici minimi stabiliti nei provvedimenti recanti i criteri di incentivazione;b) a decorrere da un anno dall’entrata in vigore del presente decreto i moduli siano garantiti per almeno 10 anni.

Non poche Associazioni di categoria hanno rilevato una riduzione troppa repentina dei certificati verdi nella fase di transizione, con il rischio di non dare adeguate garanzie finanziarie ai progetti in corso d’opera, anche a causa della mancanza di chiarezza sui tempi per la definizione dei parametri fondamentali per l’entrata in vigore del nuovo sistema, comportando così un possibile stallo per le imprese ed i loro investimenti, paventando la violazione del principio di affidamento e una grave disparità di trattamento per le aziende. A tal proposito, ANEV (Associazione nazionale energia del vento) sottolinea come tali previsioni di abbattimento dei valori del Certificato Verde, operando retroattivamente avranno un forte impatto economico, comportando il fallimento di moltissime iniziative del settore eolico, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro attualmente garantiti dal settore (oltre 30.000 secondo la UIL). Emerge quindi anche su questo aspetto la necessità di un confronto serio e concreto con le Associazioni coinvolte, teso ad individuare adeguati correttivi per far fronte alle criticità rilevate, al fine di individuare un testo in linea anche con specifiche clausole di salvaguardia previste per la commutazione dell’incentivazione da CV a feed-in per sostenere gli investimenti già realizzati con adeguati ritorni, riducendo tuttavia il peso tendenziale complessivo dei sostegni, conformemente a quanto richiesto dall’art. 45 del D. L. 78/10.

Misura volta a sostenere l’efficienza energetica è l’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici (art. 9), per cui nelle nuove costruzioni e negli edifici già esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti dovranno essere impiegate fonti rinnovabili per soddisfare i consumi di calore, elettricità e per il raffrescamento secondo specifiche percentuali, che potranno essere incrementate dalle Regioni. L’inosservanza di tale obbligo comporterà il diniego del rilascio del titolo edilizio, mentre la quota di energia che eccede le suddette percentuali potrà accedere agli incentivi statali destinati alla promozione delle fonti rinnovabili. I soggetti pubblici possono concedere a terzi, mediante gara, i tetti degli edifici di proprietà per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili operanti in regime di scambio sul posto. Evidente che dichiarazioni false in tal senso saranno di competenza dell’autorità giudiziaria, mentre sarà certamente da approfondire la questione, tutt’altro che impossibile, di eventuale rilascio del titolo in assenza dei presupposti, in rapporto in particolare ai poteri di autotutela della p.a. Nella parte degli allegati, viene poi spiegato che gli impianti di produzione di energia termica “devono essere realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e delle seguenti percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento: a) il 20% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; b) il 35% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è presentata dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; c) il 50% quando la richiesta del pertinente titolo edilizio è rilasciato dal 1 gennaio 2017”. In particolare, tali obblighi, spiega il testo, “non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che producano esclusivamente energia elettrica la quale alimenti, a sua volta, impianti per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento”. Il mancato rispetto di tali obblighi, sottolinea il decreto, ”comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio”.

In conclusione, dall’approvazione dello schema di Decreto dello scorso dicembre al testo definitivo chiuso il 3 marzo, non è avvenuto un confronto del tutto risolutivo sulle questioni più delicate sottoposte dagli operatori di settore, confronto che si auspica possa essere incrementato in futuro con l’approvazione dei successivi provvedimenti attuativi, in particolare in materia di incentivi, in vista di un reale e concreto raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia, anche per lenire il quadro di incertezza normativa cui fin’ora sono stati sottoposti gli investitori e permettere finalmente un sereno ed organico sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese.

Note

1.  Direttiva Parlamento europeo e Consiglio Ue 2009/28/Ce Promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

2.  cfr. Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili dell’Italia Ministero Sviluppo Economico 30 giugno 2010 (conforme alla direttiva 2009/28/CE e alla decisione della Commissione del 30 giugno 2009).

3.  accesso e dispacciamento della Rete.

4.  durata e complessità dei percorsi autorizzativi.

5.  norme tecniche e stabilità meccanismi di sostegno.

6.  La conferenza unificata si è riunita il 17 dicembre 2010 sull’analisi del testo.

7.  Secondo una nota ufficiale del Governo il provvedimento punta soprattutto al potenziamento e alla razionalizzazione del sistema per incrementare l’efficienza energetica e l’utilizzo di energia rinnovabile“ al fine di “diminuire gli oneri ‘indiretti’ legati al processo di realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili (dall’autorizzazione alla connessione, all’esercizio)”, così da potere intervenire “riducendo i costi specifici di incentivazione”.

8.  Decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE relativa alla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

9.  La Confindustria esprime «viva soddisfazione per la posizione di equilibrio» raggiunta dal Consiglio dei Ministri, giusto l’«approccio per razionalizzare il sistema di incentivazione, garantendo sia il contenimento dei costi al 2020 sia la certezza del quadro normativo, indispensabile per programmare gli investimenti» assicurando «le basi per uno sviluppo razionale della green economy italiana».

10.  Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (CNAPPC).

11.  Decreto legislativo 387/2003 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”

12.  Decreto 10 settembre 2010 Ministero Sviluppo Economico, Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Tale provvedimento,emanato con grandissimo ritardo (7 anni), si è scontrato con le norme regionali che nel frattempo sono state emanate e che hanno creato un sistema autorizzatorio diverso da Regione a Regione.

13. Assosolare, GIFI, Asso Energie Future e Grid Parity Project.