Aristotele, Politica

4. “L’uomo è un animale politico”

In questo passo della Politica, opera che condensa la riflessione politica di Aristotele, l’uomo è posto a fondamento della famiglia e quindi dello stato, che costituisce teleologicamente il fine ultimo di ogni forma di comunità. Definito zòon politikòn l’uomo è un animale portato “per natura” a vivere in una comunità civile, in quanto unico, fra tutti gli esseri ad avere la parola e il solo in grado di percepire il bene e il male.

[1253a] L’uomo è per natura un animale politico e chi vive fuori dalla comunità civile, per sua natura e non per qualche caso, o è un abietto o è superiore all’uomo […] ed è tale per natura e nello stesso tempo desideroso di guerra in quanto è isolato come una pedina tra le pedine. Perciò, che l’uomo sia un essere più socievole di qualunque ape e di qualunque animale da gregge, è chiaro. Perché la natura, come diciamo, non fa niente senza ragione e l’uomo è l’unico essere ad avere la parola. La voce è espressione di dolore e di piacere, perciò la posseggono anche gli altri animali […], invece la parola serve a comunicare ciò che è utile e ciò che è nocivo, e quindi anche ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; questo infatti è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali, l’avere egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e delle altre cose; e l’avere in comune tutto questo costituisce la famiglia e lo stato […]. Chi non è in grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se stesso, non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio.

Contributo collegato:

Anatomia della pólis, di Giovanni Francesco Lucarelli