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Qualche considerazione sulla crisi greca e sul mutamento della costituzione materiale dell’UE (Europa destruens ed Europa costruens)

di - 13 Settembre 2010
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Tutto questo – per la sua efficacia simbolica e dissuasiva nei confronti della speculazione – costituisce un ulteriore interessante segnale di cambiamento del tradizionale modus operandi dell’UE che si rivela capace di far leva sui diritti nazionali (attraverso l’adozione di atti normativi urgenti) al fine di conseguire obiettivi di maggiore integrazione delle politiche economiche.
Il merito della scelta effettuata (ossia la bontà del ricorso al prestito) è materia da economisti sulla quale è aperto un confronto serrato.
Sul piano giuridico la vicenda si segnala come un interessante segno del mutamento in corso della costituzione materiale dell’UE e di una possibile rottura degli equilibri e della logica del Patto di stabilità la cui direzione è ancora incerta.
Naturalmente il mutamento della costituzione economica materiale dell’UE non può non riflettersi sul modo con il quale le costituzioni nazionali guardano ai bilanci pubblici.
Gli articoli delle costituzioni nazionali come l’art. 81 Cost. che garantiscono che i bilanci siano approvati dai Parlamenti nazionali, con legge formale, in ossequio al principio no taxation without representation, subiscono una torsione – come è stato notato in dottrina –  perché “la situazione non può che evolvere allorquando, come avviene ai giorni nostri, la “responsabilità economico-finanziaria” degli Stati acquista rilievo davvero globale.
Adesso, infatti, gli Stati finiscono per rispondere innanzi ai mercati che si sviluppano a livello internazionale secondo reti di interconnessione che superano le barriere ed i confini statuali.
E rispondono non solo delle politiche economiche e di bilancio a loro più o meno direttamente imputabili – soprattutto attraverso il giudizio che gli operatori danno dell’affidabilità dei titoli del debito pubblico -, ma anche del mutevole valore che nelle contrattazioni internazionali è attribuito alle attività, alle passività e più in generale ai beni, pubblici e privati, che compongono il patrimonio economico e produttivo nazionale.[2]
La dottrina citata nota come anche da questo punto di vista stia sbiadendo il tradizionale concetto di sovranità degli Stati, originariamente concepita come effettivo potere di decidere in autonomia il destino della propria collettività.
Sino al punto che gli Stati sono divenuti “soggetti passivi e condizionati” di valutazioni e giudizi pressoché liberamente assunti da enti o operatori privati che in gran parte sfuggono al controllo degli Stati stessi (le c.d. agenzie di rating).
La nostra costituzione economica è da sempre esposta – per effetto della sua apertura all’ordinamento internazionale – al campo di tensioni che si formano nella nuova rete di poteri globali, ora la necessaria rapidità della risposta alle tensioni internazionali impone al Governo interventi sulle politiche di bilancio, con progressivo scivolamento, nel rapporto Governo- Parlamento, del potere di bilancio sempre più in capo al primo (tra l’altro in grado di meglio arginare tradizionali tendenze dei Parlamenti a largheggiare keynesianamente nella spesa).
La manovra finanziaria seguita con ritmo incalzante all’intervento sulla crisi greca – tesa a ridurre la spesa pubblica, come sta avvenendo anche in altri Paesi di Europa – appare così un pezzo di nuove politiche di concertazione finanziaria, che, anche in deroga alla recente legge n. 196 del 2009, flessibilizzano ulteriormente i bilanci nazionali.
In Italia così si consente a ciascun Ministro la spostamento di risorse fra missioni e non solo fra programmi di una stessa missione, fermo il controllo del Parlamento sui saldi della finanza pubblica e sulla loro distribuzione fra Ministeri ed enti.
Non è una novità – quando la crisi economica incalza – si fa più forte il potere di eccezione[3], specie in assenza di un adeguato quadro regolatorio internazionale, e le costituzioni reagiscono come possono, con gli strumenti più elastici consentiti.
Ai Parlamenti nazionali il compito di recuperare terreno, riaffermando la centralità della regola del controllo parlamentare sul prelievo e sulle spese, mediante l’adozione di politiche capaci di coniugare rigore di bilancio e tenuta sociale degli interventi imposti dalle necessità del presente [4].

Note

2.  Cfr. sempre Giulio M. Salerno Costituzione, unione europea e mercati globali: proposte e riflessioni in www.federalismi.it

3.  C. Schmitt Il custode della costituzione, ove vi è un’ampia (e tragica, alla luce del giudizio retrospettivo che è possibile darne ora) analisi dell’uso dei poteri presidenziali di eccezione nella Repubblica di Weimar.

4.  Cfr. G. Tremonti per il quale “In generale in Europa e in Italia, la ricreazione è finita. Non può continuare, deve finire, l’illusione che la spesa pubblica sia o possa essere una variabile indipendente dal Pil” in Corrieredellasera.it, 22 giugno 2010.

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