Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 8 settembre 2010, n.6503
È legittimo il provvedimento provinciale con cui, posto che: i) i rifiuti identificati con codice 170503 ”terra e rocce, contenenti sostanze pericolose” e 170504 “terre e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 170503” provenienti da operazioni di scavo di terreni inquinati o potenzialmente inquinati, devono necessariamente essere gestiti separatamente dalle altre tipologie di rifiuti presenti in impianto; e ii) dal programma di controllo presentato dalla ditta non risultano espressamente individuate le procedure di accettazione , verifiche analitiche, le modalità di messa in riserva o di deposito preliminare, nonché le modalità di recupero e smaltimento delle terre di scavo o provenienti da bonifiche o da interventi di messa in sicurezza d’emergenza nell’ambito di procedimenti di bonifica dei siti inquinati, successivamente alla diffida con la quale la Provincia aveva ordinato la sospensione dell’attività in oggetto fino all’intervenuta adozione, da parte dell’impresa, di un apposito “manuale operativo”, si condizioni la ripresa delle attività all’accettazione e scrupolosa osservanza, da parte dell’impresa stessa, delle “linee guida” medio tempore varate dalla Regione. Né l’originaria diffida può essere utilmente impugnata denunciando che il suo effetto sospensivo mal si concilierebbe con la mancanza di una comunicazione d’avvio del procedimento. La diffida, infatti, per il suo carattere, oltre che interlocutorio,anche cautelare, sembra sottrarsi ad uno specifico obbligo di previo avvio procedimentale, ben potendo, in caso di variazione del quadro normativo in base al quale era maturato il primo provvedimento autorizzatorio, condizionare la prosecuzione dell’attività – id est, l’efficacia dell’autorizzazione stessa – al rispetto delle norme medio tempore intervenute.