Consiglio di Stato, sez. V, 18 agosto 2010, n. 5819
In ipotesi di autorizzazione all’impianto ed esercizio di impianti cc.dd. “inceneritori”, la mera circostanza della prossimità all’opera pubblica da realizzare non è di per sé idonea a radicare un interesse all’impugnazione in assenza della congrua dimostrazione del danno che deriverebbe dall’impianto (Cfr. Cons. St., VI, 1995/754; V 1998/1088; 2001/358; 2002/2714; 2003/1948), dovendo altresi essere adeguatamente indicato e sufficiente provato il danno astrattamente derivante dalla realizzazione dell’impianto di termovalorizzatore, sotto il duplice profilo del danno alla salute e del danno al patrimonio. Al riguardo, non si può ragionevolmente escludere che, secondo l’id quod plerumque accidit, la realizzazione dell’impianto di termovalorizzazione sia altrettanto astrattamente idonea a determinare una diminuzione del valore dei terreni circostanti il sito prescelto e delle aziende agricole dei ricorrenti, così concretizzandosi anche il possibile danno economico. Inoltre, trattandosi di impianto atto a “incenerimento con recupero energetico” (come definito dall’art. 2, comma 1, lett. d), del D.Lgs 133/2005 e dell’art. 2, comma 1, lett. c) del D.Lgs 59/05), l’autorizzazione, in caso di valutazione di impatto ambientale effettuata, in armonia con la legge regionale, a livello provinciale (ed avente esito positivo), resta immune da censure, senza che possa invocarsi la mancata applicazione della lett. p), del comma 1, dell’art. 1, del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 77, che fa generico riferimento agli impianti termoelettrici.