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Alcune riflessioni di Emilio Giardina

di - 17 Agosto 2010
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Per completare il contributo dato da L. G. alla ricostruzione del pensiero di Vanoni in materia di etica ed economia, che lei guarda da un’angolatura particolare, mi sembra utile dare maggiore enfasi all’appartenenza del nostro autore alla scuola di Pavia, e ai legami intellettuali e professionali con il suo maestro, Benvenuto Griziotti, ricordato solo per la teoria della causa impositionis. Vanoni certamente subì l’influenza del pensiero di Einaudi e de Viti, ma sulle sue idee ebbe maggior peso l’insegnamento del maestro. Non è il caso qui di approfondire l’argomento ed anche il tema delle interrelazioni scientifiche tra gli studiosi della scuola di Pavia in tante loro ricerche, dalla natura del fenomeno finanziario al metodo per studiarlo, dalla concezione dello Stato alla nozione di bisogno pubblico, alla causa impositionis, alla capacità contributiva autonoma delle società per azioni, ai principi di ripartizione delle imposte.
Ma su quest’ultimo argomento mi sembra opportuno aggiungere qualche parola. Vanoni in assonanza col pensiero di Griziotti aveva sostenuto che la capacità contributiva non è un attributo oggettivo e immutabile della persona o della cosa, bensì il risultato del giudizio del legislatore. Giudizio espresso in conformità ai principi cui si ispira la sua azione politica, e riguardante gli indici che esprimono l’attitudine alla contribuzione, la valutazione di tali indici, le condizioni che differenziano le situazioni delle persone e delle cose, tenuto conto dei fattori che influenzano in vari modi la formazione delle decisioni pubbliche. Questa sua posizione egli confermò nell’ambito della sottocommissione per la finanza della Commissione economica del Ministero per la Costituente, coordinata da Sergio Steve, il quale attribuisce a lui il primo capitolo del Rapporto dal titolo “Diritto all’imposta e formazione delle leggi finanziarie”. Dell’Assemblea Costituente successivamente eletta faceva parte anche Edgardo Castelli, al tempo sottosegretario alle finanze, assistente di Griziotti, il quale formulò e presentò il testo di un articolo in materia di principi distributivi dei tributi, che venne ad aggiungersi a quelli contenuti nel progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione dei 75, progetto che non prevedeva alcuna norma in questa materia. Il testo presentato da Castelli, integrato da altri emendamenti e approvato dopo ampia discussione, diventò l’attuale art. 53 della Costituzione repubblicana.
Griziotti cercò di fare di questa norma il fondamento della sua teoria della causa impositionis. Ma la sua costruzione non è risultata persuasiva. La dottrina costituzionalista e quella tributaria assunsero sin dall’inizio una posizione svalutativa del principio costituzionale, considerandolo una norma programmatica e come tale solo una manifestazione di buone intenzioni. Ma Forte in un saggio del 1957 ne rivendicò l’efficacia precettiva, ed io negli anni seguenti ne cercai di argomentare in modo sistematico la portata e i limiti. Su questa norma si è poi sviluppata un’ampia letteratura, e il dibattito è ancora molto vivo, e di recente ha interessato la legge istitutiva dell’Irap. La Corte Costituzionale ne ha riconosciuto la rilevanza come effettivo principio giuridico alla stregua del quale va valutata la legittimità delle leggi tributarie.
Vanoni che aveva sottoscritto nell’Assemblea l’emendamento Castelli, da fine giurista quale era non poteva non essere consapevole che la proposta del suo collega pavese di introdurre tale principio nella Costituzione rigida della nostra Repubblica avrebbe portato a dare al principio della capacità contributiva quel contenuto precettivo di cui la nozione teorica difettava, esprimendo in concreto l’indirizzo di politica tributaria del legislatore costituente. Quindi, a differenza di quanto L. G. afferma con riferimento all’opera di Berliri, possiamo concludere che le sue idee in materia di giustizia tributaria vennero recepite nel nostro ordinamento giuridico positivo, acquisendo così un sicuro carattere operativo.

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