AGCM, segnalazione/parere AS 730, 23 luglio 2010, in materia di rinnovo di concessioni di grande derivazione d’acqua a scopo idroelettrico
L’Autorità ha inviato al Governo, al Parlamento, ad alcune Regioni del Nord Italia (Lombardia, Veneto e Piemonte) ed alle Province Autonome di Trento e Bolzano un parere nel quale si afferma che il meccanismo delle proroghe per le concessioni nel settore idroelettrico, contenuto nel decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (d.l. sulla manovra economica in discussione alla Camera), potrebbe comportare fenomeni distorsivi della concorrenza. In sintesi, l’AGCM sostiene che:
– non si debbano prorogare oltre il 31 dicembre 2015 le concessioni in scadenza dal 2011 al 2015, ritenendo cinque anni un tempo sufficiente sia per permettere l’organizzazione delle gare da parte degli enti locali, sia per assicurare il recupero degli investimenti da parte del concessionario uscente;
– sia ingiustificata l’ulteriore proroga di sette anni di cui beneficerebbero unicamente gli operatori di alcune province del Nord (Como, Sondrio, Brescia, Verbania e Belluno);
– debba essere precisata la previsione di “idonee misure di compensazione territoriale” nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica in quanto risulta eccessivamente generica.
Testo integrale:
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’esercizio dei poteri consultivi di cui all’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, intende porre in evidenza possibili distorsioni della concorrenza per l’aggiudicazione delle concessioni idrolettriche di grandi derivazioni d’acqua in scadenza e, di conseguenza, nel mercato della generazione elettrica, derivanti da alcune modifiche della vigente normativa di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (decreto Bersani), e contenute nel testo approvato in seconda lettura dal Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica (“DL Manovra”).
In particolare, il testo approvato dal Senato introduce, tra le altre, le seguenti modifiche alla disciplina in materia: i) una proroga di cinque anni dei rapporti concessori in essere, al fine di “consentire il rispetto del termine per l’indizione delle gare e garantire un equo indennizzo degli operatori economici per gli investimenti effettuati”; ii) un’ulteriore proroga di sette anni (per complessivi dodici anni) per le concessioni in vigore al 31 dicembre 2010 ricadenti in tutto o in parte nei territori di alcune province del nord Italia (“province individuate mediante i criteri di cui all’articolo 1, comma 153 della legge 27 dicembre 2006, n. 296”) qualora i concessionari uscenti conferiscano le proprie concessioni, anteriormente alla pubblicazione del relativo bando di gara, a società miste partecipate almeno al 30% e fino ad un massimo del 40% dalle stesse province o da società da esse controllate; iii) la previsione di idonee misure di compensazione territoriale, quale criterio da considerare in sede di gara per il rinnovo delle concessioni in scadenza.
Com’è noto, la materia delle concessioni idroelettriche è stata oggetto negli ultimi anni di una pluralità di interventi normativi, sia a livello nazionale che regionale (nello specifico, la regione Trentino-Alto Adige), resi necessari dall’avvio di due procedure d’infrazione comunitaria (n. 1999/4902 e n. 2002/228), relative alla preferenza nel rinnovo di tali concessioni accordata in favore del concessionario uscente e/o degli enti strumentali delle province, nonché delle aziende degli enti locali. Al fine di rispondere ai rilievi mossi in sede comunitaria, la legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 483 e ss.) ha modificato la normativa in materia, prevedendo che, a 5 anni dallo scadere di una concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, l’amministrazione competente indica una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento trentennale della concessione, avendo particolare riguardo alle offerte di miglioramento e risanamento ambientale, nonché di aumento dell’energia prodotta o della potenza installata. Al contempo, le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge sono state prorogate di dieci anni rispetto alle scadenze previste nel decreto legislativo n. 79/99, purché fossero effettuati “congrui interventi di ammodernamento degli impianti”. Successivamente, la Corte Costituzionale, con sentenza del 14 gennaio 2008, n. 1, ha rilevato l’illegittimità costituzionale della proroga decennale delle concessioni in essere in quanto lesiva delle competenze regionali in materia, costituendo tale previsione una norma di dettaglio.
Stante l’assenza di interventi legislativi successivi alla pronuncia della Corte Costituzionale del 2008, la proroga di cinque anni contenuta nel disegno di legge approvato dal Senato riappare finalizzata a consentire lo svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica nel rispetto di quanto previsto dal decreto Bersani. Pertanto, essa dovrebbe essere circoscritta unicamente alle concessioni in scadenza entro un lasso temporale non congruo rispetto all’esigenza di rispettare i termini imposti dal decreto Bersani per l’effettuazione delle gare. In tale prospettiva, la proroga quinquennale dovrebbe valere unicamente ed esclusivamente per le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2010. Solo per queste, infatti, essa appare effettivamente necessaria allo svolgimento delle gare secondo le modalità prescritte dal decreto Bersani e proporzionata, almeno in linea di principio, alle effettive esigenze di recupero degli investimenti imposti dalla normativa vigente. Nella medesima prospettiva, le concessioni in scadenza dal 2011 al 2015 dovrebbero essere prorogate in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2015, atteso che ad esse verrebbe comunque garantito un lasso di tempo idoneo all’organizzazione delle procedure di gara secondo quanto previsto dal decreto Bersani.
In tutti gli altri casi, e dunque per tutte le concessioni in scadenza successivamente al 2015, un’eventuale proroga risulterebbe invece del tutto ingiustificata, considerata l’esistenza di un lasso temporale più che adeguato rispetto alle esigenze di consentire sia la concreta organizzazione della gara, sia il recupero degli investimenti effettuati. Al riguardo, eventuali investimenti residui effettuati dal concessionario uscente e non pienamente ammortizzati potrebbero essere posti a base d’asta nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica per la scelta del nuovo concessionario.
Quanto alla ulteriore proroga di sette anni di cui beneficerebbero unicamente gli operatori localizzati in alcune province del Nord, essa risulta assolutamente ingiustificata. In particolare, tale norma appare fortemente discriminatoria tra operatori localizzati in diversi contesti geografici. Inoltre, essa reintroduce fittiziamente una preferenza per il concessionario uscente e gli enti locali (e/o società di enti locali) che la procedura di infrazione comunitaria aveva inteso eliminare e che è stata già oggetto di rilievo in due interventi di segnalazione dell’Autorità ex articolo 21 della legge n. 287/9011 [AS233 – Segnalazione sulle concessioni per lo sfruttamento di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, del 14 marzo 2002, in Bollettino n. 11/02; AS650 – Segnalazione relativa alla gestione della produzione di energia idroelettrica in Provincia di Bolzano, del 22 dicembre 2009, in Bollettino n. 51/09.]. In altri termini, la prevista costituzione di società miste tra concessionario uscente e provincia (o azienda controllata dall’ente locale) si tradurrebbe in un aggiramento della modifica normativa resasi necessaria dall’avvio della procedura d’infrazione comunitaria, volta proprio ad eliminare ingiustificati favor riconosciuti a concessionari uscenti e/o aziende controllate da enti locali. In questo contesto, la previsione della procedura di gara per la scelta del socio privato nella società mista costituita dalla provincia non attenuerebbe, né tanto meno risolverebbe gli evidenziati effetti distorsivi e restrittivi della concorrenza.
Da ultimo, la previsione che introduce la necessità di considerare “idonee misure di compensazione territoriale” nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica risulta eccessivamente generica nella sua formulazione e, dunque, suscettibile di essere utilmente precisata. In particolare, sarebbe opportuno prevedere che tali misure siano determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche e dimensioni dell’impianto e del suo effettivo impatto ambientale e territoriale. Un richiamo a criteri oggettivi nella loro quantificazione dovrebbe evitare che gli ampi margini di discrezionalità lasciati alle Regioni possano pregiudicare l’affermarsi di un contesto di pari opportunità per gli operatori interessati a investire nel settore, traducendosi in ingiustificate restrizioni dell’accesso al mercato e discriminazioni tra operatori presenti in diversi contesti geografici.