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TAR TOSCANA ,Sez. II – 6 luglio 2010, n. 2316

di Osservatorio Energia - 6 Luglio 2010
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In relazione ai procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale, ex. Art. 252 del D. lgs. 152/2006, è legittimo, quanto alla competenza, il decreto di recepimento delle eventuali conferenze di servizio , che sia stato emanato da un dirigente del Ministero anziché (come erroneamente ritenuto necessario) dal Ministro. Infatti, tale decreto costituisce espressione di attività di gestione (e non di indirizzo politico-amministrativo, e lo stesso art. 252 del d.lgs. 152 distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.),dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l’appunto, dal comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che il decreto di recepimento delle Conferenze di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d’emergenza e, poi, di bonifica. (cfr. Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009/1738; Tar Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008/2287)

Quanto alla relazione tra le garanzie di partecipazione procedimentale di cui all’art. 7 della legge generale sul procedimento amministrativo, da un lato, e la fase di accertamento dello stato di contaminazione dei suoli, a escludere un tale diritto delle imprese presunte responsabili non varrebbe il ricorso alla categoria degli accertamenti tecnici di natura vincolata. Infatti, nell’attività istruttoria del procedimento di bonifica, il contraddittorio procedimentale si appalesa necessario in particolare per gli accertamenti analitici: ciò, atteso che l’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti interessate risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui la P.A. si deve uniformare in ogni momento della propria azione, oltre che all’interesse pubblico all’imparzialità dell’azione amministrativa. Va poi rilevato che, ad avviso di altra giurisprudenza, in materia sarebbe applicabile l’art. 223 disp. att. c.p.p., secondo cui, qualora, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti, si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, l’organo procedente deve, anche oralmente, dare avviso all’interessato dell’ora e del luogo di effettuazione delle analisi, in funzione del diritto dello stesso di presenziare a queste, di persona o tramite persona di fiducia da lui designata, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico (Cfr. Tar Lombardia, Sez. I, sentenze n. 1913 del 2007 e n. 4982 del 200; quest’ultima, in proposito, ricorda l’orientamento della Cassazione, per cui la disposizione è applicabile anche alle analisi di campioni finalizzate a verificare l’esistenza di illeciti puniti con sanzioni amministrative).

Quanto, infine, alla messa in sicurezza per il tramite delle c.d. “barriere fisiche”, l’onere istruttorio e motivazionale della P.A., trattandosi di misure assai onerose per le imprese (per tempi ed esborso economico), deve ritenersi quanto mai stringente. A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità ed onerosità, resta fermo che, la P.A. è tenuta a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di contenimento fisico. Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento fisico, determina l’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R. Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e carente di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito, sul punto, che la sindacabilità della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.A. nell’effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152).

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