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Cassazione penale, sez. III, sentenza 15 giugno 2010 n. 22767

di Osservatorio Energia - 15 Giugno 2010
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La sentenza impugnata ha rilevato, che i materiali impiegati costituiscono ictu oculi rifiuti, sicché agli stessi non risultano applicabili le disposizioni in materia di terre e rocce da scavo. Peraltro, anche dopo la chiusura di una discarica, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del D. Lgs 13 gennaio 2003 n. 36, devono essere osservate le norme in materia di gestione di rifiuti, pertanto i materiali provenienti da operazioni di sbancamento nell’area destinata a discarica sono in ogni caso sottoposti alla normativa sui rifiuti.

In ordine all’elemento psicologico del reato, l’imputato era vincolato dall’autorizzazione comunale all’obbligo di verificare che il materiale di riempimento fosse costituito esclusivamente da terra vegetale.Pertanto, la mancata ottemperanza allo specifico obbligo integra comunque il reato ascritto all’imputato, stante la natura della contravvenzionale della fattispecie.

SENTENZA N. 867

REG. GENERALE N. 3308/2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli ill.mi Signori:


Presidente                                     Dott. Pierluigi Onorato
Consigliere                                     Dott. Alfredo Teresi
                                                        ”   Alfredo Maria Lombardi

                                                        ”   Luigi Marini
                                                        ” Santi Gazzara


ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


– Sul ricorso proposto da Mascia Giorgio, n. a Domusnovas il 00.00.0000, avverso la sentenza in data 16.10.2009 della Corte di Appello di Cagliari, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Iglesias, in data 20.5.2008, venne condannato alla pena di mesi. quattro di arresto ed € 4.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all’art. 51, comma 1 lett. a) e comma 3, del D. Lgs n. 22/97.


– Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;


– Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;


– Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Mascia Giorgio in ordine al reato di cui all’art. 51, comma 1 lett. a) e comma 3, del D. Lgs n. 22/97, a lui ascritto per avere realizzato una discarica di rifiuti non pericolosi.


E’ stato accertato in punto di fatto dai giudici di merito che su un terreno di proprietà del Mascia erano stati scaricati circa 100 metri cubi di rifiuti non pericolosi (plastica, pneumatici, bottiglie, ferro) frammisti a terra e che detto materiale veniva utilizzato dall’imputato per colmare un dislivello nell’area agricola di sua proprietà; che il materiale utilizzato per l’attività di riempimento proveniva da lavori di sbancamento su un terreno comunale in precedenza adibito a discarica.


La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame, con i quali l’appellante aveva dedotto che i materiali utilizzati per l’attività di riempimento non potevano essere qualificati rifiuti, trattandosi di terre e rocce da scavo, e che doveva essere esclusa l’esistenza dell’elemento psicologico del reato.

– Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 186 del D. Lgs n. 152/2006 e 8 del D. Lgs n. 22/97.


Il ricorrente osserva che, ai sensi delle disposizioni citate, le terre e rocce da scavo, destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, sono escluse dalla applicazione della normativa sui rifiuti e ciò si verifica, ai sensi dell’art. 186 del D. Lgs n. 152/2006, anche quando detti materiali, contaminati durante il ciclo produttivo, siano utilizzati senza trasformazioni preliminari, sempre che la composizione media dell’intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.


Con il motivo di gravame, quindi, si ribadisce sostanzialmente la tesi, secondo la quale nel caso in esame i materiali di cui alla contestazione dovevano essere qualificati terre e rocce da scavo utilizzati per operazioni di riempimento e non potevano, pertanto, essere considerati rifiuto.


Si osserva inoltre che nella specie non sono stati eseguiti accertamenti per verificare che fossero superati i parametri di legge in ordine alla concentrazione delle sostanze inquinanti.


Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza di motivazione con riferimento allo specifico motivo di appello con il quale era stata lamentata l’assenza dell’accertamento diretto a stabilire la percentuale di rifiuti presenti nel terreno utilizzato per operazioni di riempimento.


Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 51, commi 1 e 3, del D. Lgs n. 22/97 e 47 c.p., nonché la manifesta illogicità della motivazione della sentenza.


Si afferma che l’imputato aveva chiesto al Comune l’autorizzazione ad effettuare l’operazione di riempimento di un dislivello e, rilevato che l’ente locale stava eseguendo lavori di sbancamento in un’area adiacente, aveva chiesto di poter utilizzare il terreno di risulta di tali operazioni.


Si osserva, quindi, che l’imputato aveva ignorato che in passato nella stessa area esisteva una discarica, che peraltro era stata coperta con terreno vegetale, e che lo stesso era stato presente solo nella fase iniziale delle operazioni di riempimento, allorché il materiale scaricato era costituito solo da terra.


Si deduce, quindi, che nella specie doveva trovare applicazione il disposto di cui all’art. 47 c.p., avendo l’imputato agito sul presupposto di una realtà diversa da quella effettiva.


Il ricorso non è fondato.

Preliminarmente la Corte rivela che tuttora non si è verificata la prescrizione del reato, in quanto il decorso del termine di prescrizione è rimasto sospeso per rinvio del dibattimento, per impedimento del difensore, dall’udienza del 15.6.2007 a quella 16.10.2007.


La sentenza impugnata ha rilevato, con riferimento al primo motivo di gravame, che i materiali impiegati costituiscono
ictu oculi rifiuti, stante la composizione descritta in narrativa, sicché agli stessi non risultano applicabili le disposizioni in materia di terre e rocce da scavo.


Tale accertamento in punto di fatto implica ovviamente la superfluità della verifica richiesta dall’appellante circa il superamento dei parametri di legge in ordine alla concentrazione delle sostanze inquinanti, nonché la superfluità delle ulteriori richieste istruttorie in sede di appello. Peraltro, deve essere altresì rilevato in punto di diritto che, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del D. Lgs 13 gennaio 2003 n. 36, anche dopo la chiusura di una discarica devono essere osservate le norme in materia di gestione di rifiuti, sicché i materiali provenienti da operazioni di sbancamento nell’area destinata a discarica sono in ogni caso sottoposti alla normativa sui rifiuti.


Orbene, nella specie, è stato accertato che i materiali utilizzati dall’imputato per operazioni di riempimento provenivano da un’area già adibita in passato a discarica, sicché agli stessi non possono in nessun caso applicarsi le disposizioni in materia di terre e rocce da scavo.


Anche il secondo motivo di gravame è infondato.


La sentenza ha puntualmente osservato, in ordine all’elemento psicologico del reato, che l’imputato era vincolato dall’autorizzazione comunale all’obbligo di verificare che il materiale di riempimento fosse costituito esclusivamente da terra vegetale.


Pertanto, la mancata ottemperanza allo specifico obbligo di verifica imposto dall’autorizzazione comunale integra comunque il reato ascritto all’imputato, stante la natura della contravvenzionale della fattispecie.


Per completezza di esame, in relazione alle richieste formulate nelle conclusioni del ricorso, si rileva che l’indulto va applicato in sede esecutiva.
11 ricorso, pertanto, deve essere rigettato.


Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.4.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  15 Giu. 2010


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