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Cassazione civile, sez. III, sentenza 9 giugno 2010, n. 22012

di Osservatorio Energia - 9 Giugno 2010
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Con sentenza in data 9.03.2009 la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva il presidente e l’amministratore delegato del CdA., nonché il direttore tecnico di una società per cooperazione colposa tra loro, nell’esercizio dell’attività della discarica di Scapigliato gestita dalla predetta società.

La discarica era inserita nel piano regionale di smaltimento dei rifiuti e a seguito di un incremento del quantitativo di rifiuti accettati, si era reso necessario l’ampliamento dei lotti.

I rifiuti  nell’impianto venivano disposti in strati,costipati e sottoposti a ricoprimento giornaliero con versamenti di terreno.

Nel sito esistevano impianti riciclo del biogas costituiti da pozzi di raccolta terminanti con tubazioni di sfiato alla cui sommità erano collocate fiaccole per la combustione del gas esalato e ciò per ridurre le esalazioni maleodoranti del biogas.

La corte territoriale riteneva non configurabile la fattispecie criminosa prevista dalla seconda parte dell’art. 674 cod. pen. perché la discarica era stata gestita nel rispetto delle ottenute autorizzazioni, sicché non potevano essere ascritti ai responsabili della gestione le emissioni diffuse maleodoranti.

La Corte annulla la sentenza impugnata affermando dei principi di diritto nella materia de qua, in particolare:

  • “le emissioni di biogas di una discarica di rifiuti rientrano nello normativa sulla prevenzione dell’inquinamento atmosferico di cui al D.P.R. 203/1988 e devono formare oggetto di specifiche prescrizioni tecniche durante tutto l’esercizio dell’attività e non solo quando la discarica si sia esaurita.
  • L’obbligo di provvedere alla captazione discende direttamente dalla legge, mentre la P.A. può solo determinare le modalità tecniche con cui provvedere. Le discariche sono stabilimenti di pubblica utilità idonei a dar luogo all’inquinamento atmosferico, fenomeno che deve essere considerato nell’unitaria autorizzazione integrata preventiva”.
  • “la fattispecie di cui all’art. 674 cod. pen. non richiede per la sua configurabilità il verificarsi di un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente il semplice realizzarsi di una situazione di pericolo di offesa al bene che la norma intende tutelare…, atteso che anche con ciò può determinarsi un rischio per la salubrità dell’ambiente e conseguentemente della salute umana”.

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