Scommesse e utilità sociale

Sono uno scommettitore sulle partite di calcio. Seguo non solo i risultati, ma anche la forma e le bizze dei giocatori, il carisma di certi allenatori e le loro sostituzioni, i cambiamenti nelle proprietà delle squadre. Noto che la prima in classifica, la Frusinate AC, mostra da qualche partita segni di stanchezza dopo una lunga serie di vittorie, alcune sue stelle sono fuori forma. Dovrà incontrare la Reatina AC, una squadra senza pretese, di mezza classifica. Decido di scommettere 1 miliardo di dollari sulla vittoria di quest’ultima: una somma enorme, e non trovo però persone pronte a scommettere sull’esito contrario, cioè non trovo una controparte nella scommessa. Mi rivolgo a una nota ditta di brokeraggio sulle scommesse, la Pallone d’oro srl. Anche questa non vuole assumersi il rischio di controparte, ma si impegna a trovarmi persone che, convinte ancora che la Frusinate non possa che salire in classifica, prendano il ruolo a me opposto nella scommessa. Trova Tizio, Caio, Sempronio e altri (data l’enormità della somma, e non trovandone abbastanza, la Pallone d’oro deve essa stessa farmi da controparte per 90 milioni), senza dare ad essi l’informazione circa l’identità del solo scommettitore che è dall’altra parte, che sarei io. Ma non mi basta: vorrei che la Frusinate schierasse i giocatori che stanno più acciaccati, fuori forma. Faccio pressioni sul suo allenatore a che scelga proprio quelli. Anche questo è, naturalmente, non rivelato alle controparti. Per il lavoro fatto, la Pallone d’oro prende da me un compenso di 15 milioni, una bazzecola, solo l’1,5% di 1 miliardo, ma, tutto sommato, non male: ad esempio, un 10/15 appartamenti ai Parioli (senza mutuo).

La Reatina vince. Vinco un miliardo. Tizio, Caio e Sempronio perdono altrettanto. Caio, per pagare il debito, va quasi in bancarotta. La Pallone d’oro lamenterà che, sì, ha preso 15 milioni, ma ne ha persi 75 netti a causa di quella parte della scommessa che non è riuscita a piazzare, che cioè è rimasta nel suo portafoglio.

Dopo la metafora, i fatti. Tuttavia, questi sono ancora da accertare e, anche se accertati, la loro legalità è controversa. Quello che segue è tratto dai siti web della SEC[1] e della Goldman Sachs, e da notizie giornalistiche[2]. Mentre il condizionale è d’obbligo, si sottolinea che ci si astiene qui da ogni verifica fattuale e a maggior ragione da valutazioni di ordine legale, per di più attinenti a un ordinamento straniero.

A inizio 2007, un hedge fund della Paulson & Co è da tempo convinto che vi sia una grossa bolla immobiliare, che i mutuatari siano in crescente difficoltà, e che i titoli rappresentativi dei mutui (le residential-mortgage-backed securities-RMBS) siano sopravvalutati. È pronto a scommettere sul loro ribasso, e cerca controparti pronte ad assumere l’opposto rischio.

Un esempio di speculazione al ribasso, con vendita allo scoperto (short selling) è il seguente:

Lo speculatore pensa che il titolo x, che ha prezzo 100, sia sopravvalutato, e intende guadagnare dal suo eventuale ribasso. Si fa prestare il titolo x da un soggetto che lo possiede, impegnandosi a restituirlo tra 3 mesi a un interesse del 4%. Vende subito quel titolo, e ricava 100. Alla scadenza dei 3 mesi, deve restituire il titolo a chi glielo ha prestato, con l’interesse di 4. Lo compra quindi sul mercato. Si danno tre possibilità:

a)     il titolo è sceso a 80. Lo speculatore lo compra e lo restituisce, realizzando un profitto di 16, cioè 100-(80+4)

b)     il titolo resta a 100 o magari sale a 110. Lo speculatore perde, nel primo caso 4, l’interesse; nel secondo 14, cioè (110+4)-100.

c)     Il titolo scende solo a 96. È il punto d’indifferenza: 100-(96+4).

Tornando al nostro caso, Paulson si rivolge alla Goldman Sachs, una banca d’investimento, soggetta alla vigilanza della SEC ma non della Federal Reserve, la quale struttura e vende ad investitori, tra cui la banca tedesca IKB, lo strumento finanziario per effettuare la transazione: un fondo ad hoc, Abacus2007 AC-1, costituito da synthetic collateralized debt obligations– CDO.

Il synthetic CDO è uno strumento che “deriva” il suo valore da un complesso di mutui immobiliari sottostanti, a loro volta messi in pool mediante le suddette RMBS. Esso è strutturato come un portafoglio di “credit default swaps-CDS” e non comporta che venga accantonato un forte importo a garanzia del suo adempimento, il che ne facilita la stipula.

Il CDS è una sorta di assicurazione, centrata su un “evento”, o “default” (che può essere il fallimento del debitore-mutuatario, o anche il crollo del valore del titolo che rappresenta il debito). Però, diversamente da un contratto di assicurazione, chi “cerca protezione” può non possedere l’oggetto da assicurare, cioè può non esser titolare del cd “insurable interest” (come ad esempio, nel caso di assicurazione su un appartamento, possedere lo stesso) e in tal caso si parla di un naked CDS: la  sottoscrizione di un CDS (comprando, oppure vendendo, protezione contro l’evento) comporta che chi compra protezione paghi a chi la vende una sorta di premio assicurativo; se si verifica l’evento, egli riceve da chi vende protezione l’importo scommesso (il valore del CDS dipende quindi dalla probabilità del verificarsi dell’evento).

Il CDO sintetico è il derivato che più si avvicina alla scommessa, perché non presuppone alcuna proprietà o diretto interesse nel titolo sottostante. Per tornare alla metafora, scommettevo sulla vittoria della Reatina AC, ma non ne ero in alcun modo azionista.

Secondo la SEC e notizie di stampa, Paulson avrebbe partecipato alla selezione del paniere di mutui da cui il synthetic CDO “deriva” il suo valore, negoziandone l’inclusione in Abacus con un’entità, indipendente dalla Goldman, specializzata nell’analisi del rischio di credito, la ACA, ed effettivamente includendovi titoli rappresentativi di mutui, aventi un rating più alto di quello che, secondo Paulson, i mutui avrebbero meritato. Secondo la SEC, la Goldman non informa gli investitori in Abacus che Paulson ha un interesse economico contrario al loro, né li informa del suo ruolo nella scelta del portafoglio. La SEC osserva che se gli investitori avessero conosciuto il ruolo di Paulson, la loro fiducia nella scelta del portafoglio sarebbe stata certamente minata. Inoltre, un funzionario della Goldman, pure citato in giudizio dalla SEC, avrebbe disinformato l’ACA, portandola a credere che Paulson fosse “lungo” sugli stessi, cioè l’esatto contrario di ciò che egli stava facendo.

Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, le agenzie di rating abbassano la valutazione dei portafoglio sottostante di RMBS, il suo valore scende drasticamente. Si verifica l’ “evento”. Paulson avrebbe guadagnato 1 miliardo, subendo solo il costo dei premi assicurativi pagati, gli investitori avrebbero perso altrettanto. La IKB, uno degli investitori, deve essere “salvata”, prima da altre banche, poi dallo stato tedesco. La Goldman, che ha avuto una commissione di 15 milioni, lamenterà – secondo notizie di stampa -di avere subito però dalla transazione una perdita di 90 milioni per la parte non collocata presso gli investitori e quindi nel complesso una perdita netta di 75. La SEC accusa la Goldman di “civil fraud”, ai sensi del Securities Act 1933 (Sec 17 a, che definisce la frode), del Securities Exchange Act 1934 (Sec 10 b, che riguarda l’utilizzo di mezzi di manipolazione e inganno), e di un regolamento della stessa SEC (Rule 10 b-5, che riguarda affermazioni non veritiere od omissioni).

Prescindendo daI merito del caso suddetto, sul quale occorre sottolineare che c’è una inchiesta in corso, con affermazioni opposte della SEC e della Goldman, e che quest’ultima sta presentando una vigorosa difesa, contestando gli addebiti (per cui – come detto – il condizionale è d’obbligo), esso solleva ovviamente, su un piano generale, molteplici quesiti. Appaiono di particolare interesse almeno i seguenti punti:

–    Speculazione al ribasso e formazione dei prezzi: quale è il rapporto tra speculazione, in particolare al ribasso, e stabilità dei prezzi? La speculazione aiuta a trovare il prezzo corretto, così individuando tempestivamente l’accresciuta rischiosità di un investimento, o condiziona il prezzo stesso, provocandone la caduta? Quale ruolo ha l’asimmetria dell’informazione? È quindi corretto che, in casi estremi, le autorità proibiscano, come è avvenuto, lo short selling? Zingales ha recentemente osservato che la speculazione al ribasso sulle RMBS ha aiutato a individuare il loro (basso) prezzo corretto, facendo scoppiare la bolla, “ e questo è salutare, anche se doloroso…”. La speculazione è tanto più utile in quanto difficile e rischiosa: “vendere allo scoperto ha possibilità di guadagno limitate [il prezzo del titolo non può scendere sotto zero], ma possibilità di perdite sconfinate [il prezzo può salire alle stelle]”[3].

All’inizio del 900, Enrico Barone osservava: “ [la speculazione]accredita le buone imprese, scredita le cattive; determina l’accorrere del risparmio verso le prime, l’astenersi del risparmio dalle seconde. Se vede giusto, essa guadagna; se non vede giusto, perde. Ed il suo guadagno collima con un’indicazione socialmente utile, che senza di essa mancherebbe: perché è socialmente utile che il risparmio si porti verso le imprese più produttive, e che queste si diffondano e che quelle meno produttive spariscano”[4].

Il concetto di “utilità sociale” della speculazione è ripreso nei recenti dibattiti. Sono queste attività di un “minimo valore sociale”? Si chiede dubitativamente  il Presidente della FSA inglese. Come osserva Soros, “sia o meno la Goldman colpevole, la transazione in questione non ha alcun valore sociale”[5]. Gli ribatte un professore dell’Università di Warwick che “la speculazione ha un valore sociale perché aiuta a individuare i prezzi”[6] (vedi sopra). È interessante che, durante la crisi, gli economisti scoprano il “valore sociale”, un concetto poco definibile, mentre la Paretiana ofelimità passa in secondo piano. È corretto che le autorità guardino al valore sociale, data l’incertezza della sua definizione? Se il rischio di controparte si materializza, cioè se la parte che ha perso la scommessa non paga il dovuto, può risultare un costo per l’economia che va al di là del trovarsi “on the losing side of the bet”. Se tale costo è elevato, può occorrere che subentri lo stato per fronteggiarlo; la scommessa ha implicazioni per la regolamentazione (Benjamin Friedman[7]).

–    Le normative attuali sembrano, in generale, permettere alle banche, anche a istituti che raccolgono depositi dal pubblico, l’investimento in siffatti strumenti finanziari; quanto a quelli che non li raccolgono, particolarmente forti negli Stati Uniti, la normativa americana ha a lungo tollerato che tali investimenti fossero alimentati da un più alto leverage (cioè da un più basso rapporto di capitale). Dubbi sembrano sussistere sulla loro contabilizzazione (dove e a quale valore). Vi è un problema di regolazione, o piuttosto di esercizio oculato della vigilanza?

–    Finanziamento dell’economia: se, in ipotesi, questi strumenti venissero aboliti, o severamente limitati, vi sarebbe una scarsità di credito per l’economia, per come il sistema finanziario è attualmente strutturato? Rilevano a questo riguardo le diversità di queste strutture da paese a paese, nonostante normative crescentemente uniformi? Si è osservato che la vera causa del credit crunch non sta nella forte riduzione del credito bancario, ma nell’implosione della titolarizzazione e della finanza derivata[8]. Un recente studio di due economisti del Comptroller of the Currency americano[9] – l’ente di vigilanza sulle banche federali – si chiede quale sarà la domanda di credito una volta che l’economia tornerà al suo trend di crescita di lungo periodo, e quale ruolo i principali fornitori di credito probabilmente svolgeranno nel rispondere a tale richiesta. Lo studio conclude che un “moribondo mercato della finanza strutturata condurrebbe probabilmente a una grave frenata nell’offerta di credito a rilevanti settori dell’economia”.

Questa breve nota non ha ovviamente alcun intento di rispondere alle domande suddette. Il caso specifico, i cui contorni sono incerti, è stato solo lo spunto che porta a temi generali. La nota si augura che, al di là del caso specifico, un’informazione su tali argomenti complessi possa dare un minimo contributo a una discussione più consapevole, che non dia per scontata alcuna soluzione.

Note

1.  www.sec.gov/litigation/complaints

2.  The New YorkTimes, Financial Times.

3.  Zingales L., Chi combatte i cds teme solo la verità del mercato, Il Sole 24 Ore, 22.4.10. Ma valgono i suoi argomenti anche nel caso dei CDS? Zingales risponde affermativamente, perché essi rendono più agevole il ruolo positivo dello speculatore. Tuttavia, quella asimmetria tra illimitati rischi e limitati guadagni con il CDS viene meno, perché lo speculatore (Paulson) limita la sua perdita al pagamento del “premio assicurativo”. Il guadagno limitato citato da Zingales nel caso precedente non è qui bilanciato da un rischio illimitato di perdita.

4.  Barone E., La borsa e la speculazione, in Moneta e risparmio, Utet, 1991 ( prima ediz 1919), p 70

5.  Soros G., America must face up to the dangers of derivatives, FT, 23.4.10

6.  Gemmill G.,No simple way to test social value of derivative, FT, 27.4.10

7.  Friedman B.,The Failure of the Economy & the Economists, The New York Review of Books, 59,9, maggio 2009

8.  Tett G.,The shadow banking world’s implosion is the real culprit, FT, 24.4.09

9.  Hickok S., Nolle D.E., The US Financial System in 2011: How Will Sufficient Credit Be Provided?, OCC, Economics Working Paper, 2009-6