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Cassazione penale, sez. III, sentenza 24 marzo 2010, n. 11259

di Redazione di ApertaContrada - 24 Marzo 2010
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sul  riutilizzo di materiale da costruzione e demolizione e sull’esclusione dalla categoria di sottoprodotto

Il Collegio esamina la fattispecie in cui gli imputati avevano riutilizzato il materiale derivato dalla demolizione di alcune costruzioni, trasportandolo in un altro cantiere e rimpiegandolo per il riempimento di un’area precedentemente sbancata. Il Supremo Giudice osserva che i materiali derivanti dalle attività di demolizione sono qualificati espressamente rifiuti dal D.Lgs. 152/2006 smi (art. 184, comma 3 lett. b) e, peraltro, sono classificati nell’allegato D alla parte quarta del Dlgs 152/2006 con il codice CER 170904. Tali materiali non possono, pertanto, rientrare nella categoria dei sottoprodotti, ai sensi del citato D.lgs

(art. 183, comma 1, lett. n) nella formulazione vigente all’epoca dei fatti di causa, che, con riferimento alle disposizioni in esame, appare anche più favorevole di quella attualmente vigente. Per di più i materiali da demolizione di cui si tratta, non possono neppure rientrare nella nozione di materie prime secondarie di cui al cit. D.Lgs., art. 181 bis perché non provengono da operazioni di recupero autorizzate.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale

Composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente, Dott. Pier Luigi Onorato
Consigliere, Claudia Squassoni
Alfredo Maria Lombardi
Giovanni Amoroso
Guicla I. Mulliri
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
– Sul ricorso proposto dall’Avv. Verena Corradini, difensore di fiducia di Uguzzoni Romina, n. a Vignola il xx.xx.xxxx, e di Zuccarini Domenico, n. a Sestola il xx.xx.xxxx, avverso la sentenza in data 12.12.2008 del Tribunale di Modena, sezione distaccata di Pavullo, con la quale vennero condannati alla pena di € 4.000,00 di ammenda ciascuno, quali colpevoli del reato di cui all’art. 256, comma primo lett. a), del D. Lgs n.152/2006.
– Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
– Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
– Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Modena, sezione distaccata di Pavullo, ha affermato la colpevolezza di Uguzzoni Romina e Zuccarini Domenico in ordine al reato di cui all’art. 256, comma primo lett. a), del D. Lgs n.152/2006, loro ascritto perché la Uguzzoni, quale legale rappresentante della ditta “D.G.P. Demolizioni, Gabbionate, Palificazioni S.r.l.”, e lo Zuccarini, quale titolare dell’omonima ditta individuale, esercente attività di autotrasporto, effettuavano operazioni di recupero, trasporto e reimpiego di rifiuti senza le prescritte autorizzazioni.

E’ stato accertato in punto di fatto dal giudice di merito che gli imputati, nella rispettiva qualità, avevano riutilizzato il materiale di risulta derivato dalla demolizione di alcune costruzioni effettuandone il trasporto in un altro cantiere ove veniva reimpiegato per il riempimento di un’area precedentemente sbancata.
La sentenza ha affermato che i materiali di cui alla contestazione costituiscono rifiuti, classificati con il codice CER 170904 ed ha escluso che gli stessi potessero essere qualificati come sottoprodotti, di cui è consentito il reimpiego.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione dell’art. 256, primo comma lett. a), del D. Lgs n. 152/2006.
Con il motivo di gravame viene riproposta la tesi secondo la quale i materiali di cui alla contestazione dovevano essere qualificati quali sottoprodotti di cui è consentito il reimpiego.
Si osserva sul punto che detti materiali, pur rientrando nel novero dei rifiuti speciali non pericolosi, secondo le previsioni dell’art. 184, comma 3 lett. b), del D. Lgs n. 152/2006, si sottraggono sotto il profilo soggettivo alla relativa disciplina, in quanto vengano riutilizzati nello stesso o in un diverso processo produttivo senza essere sottoposti ad operazioni preliminari di trasformazione o di recupero.
Si deduce, quindi, che i materiali di cui alla contestazione sono stati riutilizzati con certezza in un ciclo produttivo e che gli stessi non sono stati sottoposti ad alcuna operazione di trasformazione preliminare o trattamento preventivo, non rientrando in tale categoria di interventi la mera operazione di cernita dei materiali prima del trasporto.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la manifesta illogicità della motivazione della sentenza con riferimento alla affermazione di colpevolezza dello Zuccarini.
Premesso che la sentenza ha affermato la colpevolezza dell’imputato per avere omesso il doveroso controllo in ordine alla natura dei materiali di cui ha effettuato il trasporto e che secondo la stessa pronuncia tali materiali conservano la natura di rifiuto fino al completamento delle attività di separazione e cernita, si deduce la illogicità della affermazione di colpevolezza, essendo stato caricato il materiale sui camion dopo che l’operazione di recupero era stata già completata.
Il ricorso non è fondato.
Deve essere preliminarmente precisato che il fatto è stato commesso nella vigenza del D. Lgs n. 152/2006, nella formulazione antecedente le modifiche introdotte dal D. Lgs 16.1.2008 n. 4, che, con riferimento alle disposizioni in esame, appare più favorevole di quella attualmente vigente. Come osservato dai ricorrenti i materiali derivanti dalle attività di demolizione sono qualificati espressamente rifiuti dall’art. 184, comma 3 lett. b), del predetto decreto legislativo e, peraltro, sono classificati nell’allegato D alla parte quarta del decreto con il codice CER 170904.
Tali materiali non possono, però, rientrare nella categoria dei sottoprodotti, ai sensi dell’art. 183, primo comma lett. n), del decreto legislativo, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti. Secondo le specificazioni contenute nella norma, infatti, i sottoprodotti.

1) devono essere riutilizzati dalla stessa impresa produttrice o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli, senza la necessità di un processo di trasformazione preliminare che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità;

2) devono rispondere a standard merceologici, nonché alla norme di sicurezza del settore e la loro destinazione al reimpiego deve essere certa ed attestata tramite una dichiarazione del produttore o detentore, controfirmata dal titolare dell’impianto ove avviene l’effettivo utilizzo;

3) l’utilizzo del sottoprodotto non deve comportare per l’ambiente o la salute condizioni peggiorative rispetto a quelle delle normali attività produttive.
Orbene i residui da demolizione di cui si tratta non rispondono ai requisiti indicati.
Il loro reimpiego, infatti, non è stato effettuato dalla stessa ditta produttrice, mentre non ne è stata dimostrata la effettiva commercializzazione.
Doveva essere attestata con apposita dichiarazione del produttore e dell’utilizzatore la loro rispondenza a standard merceologici.
L’operazione di cernita, che nel caso in esame è stata effettuata per separare i laterizi ed altro dai materiali ferrosi o lignei, è classificata quale operazione di raccolta di rifiuti ai sensi dell’art. 183, primo comma lett. e), del decreto legislativo.
Non è stato effettuato alcun accertamento della loro idoneità ad essere reimpiegati senza condizioni peggiorative per l’ambiente e la salute delle persone.
Nella vigenza dell’art. 14 del D. L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato definitivamente affermato da questa Suprema Corte che i materiali derivanti da demolizioni per poter essere reimpiegati devono preventivamente essere sottoposti a test di cessione in conformità di quanto previsto dal DM 5 febbraio 1998 in modo da non recare pregiudizio all’ambiente, sicché in assenza del relativo test devono essere qualificati rifiuti (sez. III, 9.7.2004 n. 30127, Piacentino, RV 229467; sez. III, 12.10.2005 n. 36955, P.M. in proc. Noto ed altri, RV 232192)
Nella specie non è stato eseguito alcun test di cessione per dimostrare che il reimpiego dei materiali da demolizione non avrebbe prodotto alcun impatto ambientale.
I materiali da demolizione di cui si tratta, infine, non possono neppure rientrare nella nozione di materie prime secondarie di cui all’art. 181 bis del decreto legislativo, introdotto dall’alt 2, comma 18 bis, del D. Lgs 16.1.2008 n. 4, richiedendosi anche in tal caso che l’operazione di recupero dei rifiuti risponda a requisiti di qualità ambientale (primo comma lett. d), che deve essere accertata ai sensi dei DM 5.2.1998, 12.6.2002 n. 161 e 17.11.2005 n. 269 (comma 3) fino alla emanazione del decreto di cui al comma 2.
Quanto rilevato è assorbente rispetto ai secondo motivo di gravame, conservando la natura di rifiuti i materiali trasportati dallo Zuccarini, mentre è stato già affermata nella sede di merito l’esistenza dell’elemento psicologico del reato sotto il profilo della colpa derivante dalla omessa verifica della natura dei materiali trasportati.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 11.2.2010.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 24 MAR. 2010


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