Corte di Giustizia europea, sentenza 9 marzo 2010, C-378/08
sul rapporto tra il principio “chi inquina paga” ed il nesso di causalità; sulla legittimità di affidamenti diretti delle opere di bonifica di siti contaminati
La direttiva 34/2005 si applica a danni causati da un’emissione, un evento o un incidente avvenuti dopo il 30 aprile 2007 quando questi danni derivano o da attività svolte successivamente a tale data, o da attività svolte anteriormente a tale data, ma non ultimate prima della scadenza della medesima. Quando il giudice nazionale ritiene che la direttiva 2004/35 non è applicabile nella causa di cui è investito, un’ipotesi del genere dovrà essere allora disciplinata dall’ordinamento nazionale, nel rispetto delle norme del Trattato e fatti salvi altri eventuali atti di diritto derivato.
Quando il danno è stato arrecato da una attività professionale non elencata nell’allegato III della direttiva, la medesima può applicarsi a condizione che sia accertato il comportamento doloso o colposo in capo all’operatore; viceversa, quando il danno sia stato causato da operatori attivi nei settori dell’energia e della chimica, ai sensi dei punti 2.1 e 2.4 della direttiva 96/61, attività comprese a tale titolo nell’allegato III alla direttiva 2004/35, a questi operatori possono essere pertanto imposte misure preventive o di riparazione, senza che l’autorità competente sia tenuta a dimostrare l’esistenza di un comportamento doloso o colposo in capo a loro.
L’autorità deve ricercare preventivamente l’origine dell’inquinamento constatato e, come rilevato nel punto 53 della presente sentenza, essa non può imporre misure di riparazione senza previamente dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra i danni rilevati e l’attività.
La direttiva 2004/35 non osta a una normativa nazionale che consente all’autorità competente, in sede di esecuzione della citata direttiva, di presumere l’esistenza di un nesso di causalità, anche nell’ipotesi di inquinamento a carattere diffuso, tra determinati operatori e un inquinamento accertato, e ciò in base alla vicinanza dei loro impianti alla zona inquinata. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina paga», per poter presumere secondo tale modalità l’esistenza di un siffatto nesso di causalità detta autorità deve disporre di indizi plausibili in grado di dare fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività.