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Introduzione all’ambiente

di - 22 Febbraio 2010
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Intervento alla Tavola Rotonda “La questione ambientale”, Università di Roma La Sapienza, 15 gennaio 2010

1. Il c.d. diritto dell’ambiente è forse l’espressione somma del diritto pubblico: tocca l’essenza stessa del convivere, dell’essere una comunità in cui ciascuno è se stesso e parte del gruppo. Riguarda insomma le regole prime ed al tempo stesso ultime del vivere in comune: avere aria, luce, pace, acqua, cibo. Un tempo si parlava più semplicemente e concretamente di natura. Era concetto elementare, di immediata intuizione. Tutela della natura significava di volta in volta tutela delle foreste, del mare, dei fiumi, e così via. Bisogna onestamente riconoscere che già l’aria restava un po’ fuori da questa idea di natura.
Nel momento stesso in cui è emersa la necessità di concepire unitariamente la “natura” nel rapporto che essa ha con l’uomo e che l’uomo ha con la natura, la nostra lingua e la nostra cultura ci hanno giocato uno scherzo maligno. La natura divenne “ambiente”, entità per definizione astratta. I problemi di tutela della natura divennero così problemi di tutela dell’ambiente. Secondo il nostro modo di pensare di allora, ma in fondo ancor oggi duro a morire, di ambiente si parlò in termini giuridici ponendosi il primo e fondamentale problema: che cosa è giuridicamente l’ambiente? La soluzione proposta da M.S. Giannini fu univoca: l’ambiente è un bene giuridico, di rilevante interesse pubblico, quindi affidato per sua naturale vocazione alla tutela dello Stato. L’ambiente insomma diveniva una entità diversa dalla natura, dall’aria, dall’acqua.
La stessa parola “ambiente” è equivoca. Basti dire che la sua origine è dotta; è un participio presente del verbo ambire, che ha dato vita ad àmbito, ma anche ad ambire nel senso di aspirare (quindi ambìto) ed ambiguo, grazie alla sua radice indoeuropea “ambi-”, che implica tanto l’idea di duplicità (ad es. ambidestro, ambivalente) quanto quella di intorno: ambito, appunto.

2. La realtà, vera e profonda, è un’altra. Ed è che l’ambiente – come l’inglese environment ed il tedesco Umwelt insegnano – è tutto ciò che ci circonda in tutte le sue manifestazioni e come tale reca in sé le condizioni stesse della nostra vita. Se, per pura comodità di linguaggio, vogliamo usare un’espressione equivoca, possiamo dire che l’ambiente è un bene communis omnium, non di tutti e di nessuno, ma di tutti, perché la vita di tutti, nessuno escluso, dipende dalla qualità dell’ambiente in cui si trova, esattamente come tutti, nessuno escluso, concorrono con la loro azione quotidiana a conservarlo, migliorarlo o devastarlo. In questo senso, il diritto dell’ambiente è, prima che un complesso di norme, una filosofia vivente del diritto: esprime il modo in cui pensiamo all’essenza stessa del nostro esistere e vivere comune, in un certo senso al nostro ordinamento fondamentale, nel senso profondo in cui Santi Romano usava questa espressione.

3. Il sistema comunitario, notoriamente poco sensibile ai filosofemi, è molto concreto. L’art. 2 del Trattato inserisce tra le finalità della Comunità “un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo”. L’art. 6 precisa che “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all’articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Infine, l’art. 174 del Trattato dice che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Essa si fonda sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente nonché sul principio chi inquina paga. L’art. 174 prosegue dicendo che nel predisporre la sua politica la Comunità tiene conto dei dati scientifici e tecnici disponibili e, tra l’altro, dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione.

4. Ciò detto, sembrano opportune alcune considerazioni.
La prima è che l’ambiente, per definizione, attiene alla vita e, essendo gli umani le sole creature pienamente consapevoli di sé e del loro esistere, fondamentalmente alla nostra vita. Se noi scomparissimo, ogni problema di ambiente sparirebbe con noi. Ma la nostra vita è dinamica. L’evoluzione, darwiniana o non darwiniana che sia, ha portato alla creazione di necessità di produzione e di consumo, centocinquant’anni fa semplicemente inimmaginabili. Lo sviluppo della medicina e della chimica farmaceutica ha indotto un aumento esponenziale della popolazione, predetto da Malthus, che ha sconvolto gli equilibri del mondo intero.
Di questo si deve tenere conto sotto due profili. Il primo è che la tutela dell’ambiente non può essere concepita in termini statici – diciamo pure, affidata solo alle leggi ed al diritto. Essa si realizza certo anche grazie ad es. al rispetto delle norme che prescrivono standard volti a contenere gli inquinamenti. Ma il problema vero è che lo sviluppo della vita procede anche dopo la fissazione degli standard: con la conseguenza che se esso non si adegua costantemente all’esigenza di tutela, non solo agli standard, è destinato ad incidere negativamente sull’ambiente.
Ne deriva un profilo completamente nuovo ed inesplorato di questo diritto. Il diritto che tutela l’ambiente deve essere dinamico, come lo è la vita. Deve non solo sapersi adeguare rapidamente alle nuove esigenze, ma deve fare tutto il possibile per prevenirle. Lo strumento fondamentale in questo senso è la tecnologia, che deve in tutti i modi essere favorita e sviluppata.

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