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Contraddittorio e partecipazione nel procedimento amministrativo

di - 12 Gennaio 2010
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3. Lo stato dell’arte. Dunque: negli Stati Uniti d’America nel 1948 la garanzia incondizionata di contrad­dittorio nei rapporti con tutte le autorità amministrative dotate di forti poteri chiudeva una polemica di quasi ottant’anni sul loro stesso diritto di esistere.
In Italia nel 1961 di contraddittorio nel procedimento amministrativo non si parlava.  Non esisteva come figura generale, come modello generale di azione. Era previsto solo per i procedimenti disciplinari del pubblico impiego dal t.u. del 1953; già prima la giurisprudenza ne aveva affermato la necessità per alcune ipotesi particolari di provvedimenti sanzionatori che andavano ad incidere in rapporti nei quali era rilevante il profilo contrattuale (revoca delle concessioni, accompagnate da una convenzione per il loro esercizio ad es.).

4. Il Rechtsstaat ed i suoi figli. La legge abrogatrice del contenzioso amministrativo. Il problema sta naturalmente nelle origini: noi siamo figli del Rechtsstaat, versione “n”, tra le tante che se ne sono viste in Europa (chi ne dubitasse rilegga lo Statuto alber­tino![3]). Aver concesso ai cittadini nel 1865[4] di tutelare i loro diritti di fronte ad un giudice anche nei confronti delle amministrazioni pubbliche era stato il massimo che si potesse pensare e fare allora; e venne fatto con mille cautele, anzitutto ponendo al giudice il divieto di incidere in termini reali nell’azione amministrativa, vale a dire di annullare, modificare o revocare gli atti amministrativi di cui si denunciava la lesività.
Nella legge abrogatrice del contenzioso amministrativo c’era stata in verità un’apertura di grande ri­lievo: l’art. 3 disponeva che gli affari non devolvibili all’autorità giudiziaria ordinaria “saranno attribuiti alle au­torità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate”, provvederanno con decreti motivati. Contro tali decreti era ammesso il ricorso gerarchico.
Sembra fuor di dubbio che questa legge avesse introdotto il contraddittorio nel proce­dimento amministrativo. Per quanto se ne sa, sembra altrettanto certo che il nuovo istituto abbia avuto scarso seguito. In dottrina lo si ricorda appena. La prova che non venne mai considerato e vissuto come vero, efficace rimedio sta nel fatto che nel 1877 si concluse un lungo percorso volto a determinare i limiti della giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, attribuendo alla Cassazione di Roma la funzione di “giudice dei conflitti”: pare evidente che se l’art. 3 avesse funzionato il problema di avere un giudice non si sa­rebbe posto. È altrettanto un dato di fatto che dal 1890 in poi la scena del contenzioso con la pubblica amministrazione venne dominata da un nuovo giudice, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Non vi fu dunque un’evoluzione dell’art. 3 verso un regime procedimentale generale, volto a prevenire e possibilmente comporre i contrasti tra cittadini ed amministrazione attraverso il loro dialogo. L’evoluzione riguardò l’art. 4, culminata nel 1890 con l’istituzione di un nuovo giudice, chiamato a decidere i contrasti tra cittadini ed amministrazione con l’esercizio di poteri cassatori, e solo cassatori: il Consiglio di Stato poteva sì annullare i provvedimenti dell’amministrazione, ma solo annullarli, rimettendo ad essa l’affare, per l’ulteriore corso. Non è un caso che spesso lo si sia chiamato “il giudice dell’amministrazione”.

5. Il procedimento amministrativo e la dottrina. Nessuno discute che in dottrina il procedimento amministrativo sia stato studiato fin dagli anni ’30 del secolo scorso. Il problema è come, sotto quale profilo, venne studiato. E qui bisogna dire apertis verbis che il tema intorno a cui si sviluppò l’indagine fu quello puramente formale, proprio della pandettistica, dei tipi di collegamento che si instauravano tra gli atti da cui scaturiva il quid novi, la volontà finale dell’amministrazione, “il provvedimento”. Nessuna attenzione venne dedicata al problema di come tale volontà finale si formi dal punto di vista sostanziale: su quali prove, su quali accertamenti preliminari, su quali progetti e previsioni di risultato. Tutto ciò era rigorosamente riservato alle amministrazioni ed alla loro organizzazione. L’unico onere che su esse incombeva era quello di rendere conto delle ragioni per cui avevano deciso in un certo modo: secondo il linguaggio corrente, di motivare il provvedimento. Come è ben noto, gli studi volti a cogliere la dinamica intrinseca ad ogni procedere, anche all’interno delle amministrazioni (e non solo dei contratti e delle società, ad es.), sono pochissimi. Il primo è quello di Forti, del 1929[5], che cercò di spezzare la logica pandettistica del collegamento tra atti; l’altro è quello di Sandulli[6], del 1940. A lui si deve la concezione del procedimento come percorso articolato in “fasi”, ciascuna con la sua irrinunciabile specificità, attraverso il quale poteva formarsi la volontà di ogni amministrazione, in funzione di ogni tipo di provvedimento che era chiamata ad adottare. Negli anni successivi si possono trovare solo sporadici accenni di diritto comparato al diritto di accesso ai documenti amministrativi (nei paesi scandinavi, dove venne introdotto) ed al procedimento con la partecipazione degli interessati, come accadeva negli Stati Uniti d’America[7].

Note

3.  È quasi difficile credere che siano vere le parole con cui si presentò al mondo lo Statuto albertino: “Considerando noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto Fondamentale come il mezzo più sicuro per raddoppiare i vincoli d’indissolubile affetto che stringono all’itala Nostra Corona un popolo, che tante prove ci ha dato di fede, d’obbedienza e d’amore …
Di Nostra certa scienza, Regia autorità … abbiamo ordinato ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue …”.

4.  È la celeberrima legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, che abrogò i c.d. organi del contenzioso amministrativo.

5.  FORTI, Atto e procedimento amministrativo, ora in Studi di diritto pubblico, 1937, I, 453.

6.  SANDULLI, Il procedimento amministrativo, 1940.

7.  Per una attenta ricostruzione di queste vicende v. GHETTI, Il contraddittorio amministrativo, 1971, p. 110 ss.

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