Cass. Penale, III sez., sentenza 29 dicembre 2009, n. 49826
Cass. Penale, III sez., sentenza 29 dicembre 2009, n. 49826, sulla nozione di rifiuto.
-In materia di rocce da scavo, ai fini della verifica del superamento delle soglie di contaminazione, gli artt. 184-186 del Codice ambiente escludono dal novero dei rifiuti le terre e le rocce da scavo, purché queste vengano utilizzate in conformità al progetto sottoposto a VIA (o, qualora il progetto non sia sottoposto a VIA, in conformità alle modalità previste nel progetto approvato dalla competente autorità amministrativa previo parere favorevole dell’ARPA) e sempre che la composizione media dell’intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti previsti dalle norme di settore. Agli stessi fini, il prelievo dei materiali direttamente nel sito di destinazione è altrettanto legittimo quanto quello eseguito nel sito di provenienza.
-Nell’ipotesi in cui sia possibile solo l’esame di una parte del terreno, è sufficiente, ai fini probatori, anche l’esame della sola massa effettivamente disponibile. Un’interpretazione differente renderebbe infatti assai agevole per il trasgressore l’attività di dispersione del terreno e, di conseguenza, delle prove a proprio carico. L’attività eventualmente posta in essere dal reo, e consistente nel sottoporre di propria iniziativa, una parte del materiale ad un laboratorio privato (senza alcun accorgimento teso a garantire la corrispondenza con quello in contestazione: “in condizioni di massima libertà circa in ordine al materiale da prelevare”), non è idonea a fornire prova contraria.