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Promesse e pericoli del federalismo: il caso dell’Italia

di - 2 Dicembre 2009
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Politici. Dai sistemi decentrati ci si aspetta maggiore “peace and stability” proprio perchè i cittadini sentono che i loro interessi sono meglio soddisfatti se le decisioni spettano a loro diretti rappresentanti politici ai quali possono ritirare il supporto in caso di non ottemperanza (voto). A tale virtù si affianca il pericolo che i beni pubblici “nazionali” vengano sacrificati, cosa che può avvenire per due vie. Non solo i governi locali vedono e perseguono il soddisfacimento dei beni pubblici locali e dunque sottovalutano quelli nazionali, ma possono anche usare la loro rilevanza politica per ottenere trattamenti di favore dal governo centrale. Più la giurisdizione locale è importante politicamente (più voti) più sarà capace di scaricare parte del finanziamento dei beni locali della sua giurisdizione sul resto del paese. Dato infatti che insieme alla responsabilizzazione dei governi locali può derivare un forte potere politico dei governi locali questi, quanto più saranno forti, tanto più perseguiranno il loro obiettivi locali ai danni dei beni pubblici nazionali . In questi casi il federalismo, piuttosto che soddisfare le sue promesse, porta a concretizzare i pericoli per evitare i quali il meccanismo di funzionamento dei partiti politici risulta determinante. Per analizzare tale meccanismo si può seguire Rodden[4] che in maniera approfondita e convincente analizza la storia di molti paesi da questo punto di vista e giunge alla conclusione secondo la quale “partiti politici nazionali, verticalmente integrati, possono creare i necessari legami tra i politici centrali e locali ovvero creare esternalità elettorali dalle quali scaturisce l’interesse al perseguimento dei beni pubblici nazionali, centrali, anche da parte del politico locale”[5]. Il messaggio è perciò chiaro; ciò che conta sono le istituzioni in pratica, i meccanismi attraverso i quali operano piuttosto che le questioni consuete legate alla contrapposizione tra stati centralizzati vs decentralizzati o vincolo di bilancio stringente vs vincolo di bilancio debole, perché sono queste che possono portare alla cooperazione tra i diversi livelli di governo. In sintesi, mentre le promesse economiche del federalismo poggiano sulla sana concorrenza tra gli enti locali, le promesse politiche poggiano sulla cooperazione tra governi. E per quanto si sappia che la migliore soluzione è quella cooperativa essa non è affatto automatica ma richiede specifici meccanismi per la sua attuazione, per esempio quelli richiamati relativi alla organizzazione dei partiti politici.

L’impegno al NON salvataggio (no bail out) e la sua misura.
Per combinare una sana concorrenza tra gli enti locali foriera di efficienza allocativa con la cooperazione politica tra i livelli di governo per evitare che i beni pubblici nazionali siano sottoprodotti, occorre che le istituzioni siano ben disegnate. Un modo per procedere è quello di verificare come hanno funzionato in pratica le istituzioni dei paesi e, nello specifico, come si è manifestato l’impegno da parte del governo centrale a non intervenire in aiuto dei governi locali in difficoltà nell’onorare il loro debito. Concentrarsi sulle condizioni di no bail out non significa solo affrontare il tema della disciplina fiscale ma piuttosto quello del “funzionamento” del federalismo nel suo complesso. Nonostante infatti con il decentramento si dovrebbe avere totale responsabilizzazione dei politici/amministratori locali, è evidente che se si ritiene possibile il soccorso dal governo centrale in caso di necessità (per esempio per un inaspettato shock economico), si sarà inclini a spendere di più per gratificare i propri cittadini (votanti). Allo stesso tempo i potenziali creditori saranno maggiormente disposti a fare prestiti e a praticare un interesse più basso ai governi locali di uno stato il cui centro interviene in caso di necessità. Le aspettative sul bail out sono perciò al cuore della questione; il loro formarsi dipende da molti elementi tra i quali la tipologia delle istituzioni è senz’altro importante sebbene ancora di più lo sia la storia passata dei momenti di crisi; in ogni caso la molteplicità delle variabili che, con pesi diversi, portano al formarsi delle aspettative, possono riassumersi nella probabilità di aversi o non aversi salvataggio. E’ facile dunque immaginare l’instaurarsi di un giuoco tra il governo locale e quello centrale rispetto al bail out. Il governo centrale può essere di due tipi: di tipo “risoluto” ovvero non interverrà in favore del governo subnazionale in difficoltà oppure “non risoluto” e cioè finirà per intervenire[6]. In questo giuoco i governanti, sia centrali che locali, valutano le loro decisioni in termini di risultati elettorali [7]. Il governo centrale conosce se è di un tipo o dell’altro mentre quello locale non lo sa; tra le variabili che influiscono sull’aspettativa che il governo locale si forma circa il salvataggio o meno dal centro, vi è la risposta immediata del centro che sebbene possa poi essere cambiata (e spesso lo sarà), rappresenta un primo segnale sul “tipo” di governo che ha di fronte e al quale può aggiustarsi (giuoco dinamico). Nell’ipotesi di un prolungato shock economico, e dunque di una situazione di crisi per il governo locale, esso ha due alternative: o aggiustarsi immediatamente, e con ciò andare incontro al risentimento del proprio elettorato oppure aspettare per il “possibile” salvataggio da parte del centro.

Note

4.  Rodden J.A., Hamilton’s Paradox. The Promise and Peril of Fiscal Federalism, Cambridge university press, 2006.

5.  Rodden, p.11. Questo sembra per esempio essere il caso concreto della Germania.

6.  E’ forse il caso di sottolineare come la posizione dichiarata del governo centrale sia quella di non intervenire, altrimenti non vi sarebbe decentramento formale, ma nonostante ciò, ci si può attendere l’intervento in caso di necessità. Per questo i governi locali ipotizzano se e con quale probabilità il centro interverrà o meno (rispettivamente centro non-risoluto e risoluto).

7.  In linea con l’impostazione scaturita da Buchanan-Tullock (62).

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