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Stato di diritto, tutele individuali e tutele ambientali

di - 28 Ottobre 2009
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7)    L’eminente giurista israeliano Aharon Barak distingue tra una concezione puramente formale (rule-book conception) e una concezione corretta ed equilibrata del Rule of law (right conception).Egli afferma: “Secondo la mia opinione, esso significa la garanzia dei valori fondamentali di moralità e giustizia e l’esistenza di diritti umani, con un appropriato bilanciamento tra questi e le necessità della società. Secondo il mio punto di vista, il Rule of law non è soltanto l’ordine pubblico, è invece la giustizia sociale basata sull’ordine pubblico. La legge esiste per assicurare un’appropriata vita sociale. Ma la vita sociale non è uno scopo buono in sé. Esso consiste nel permettere ai singoli di vivere dignitosamente e di sviluppare la propria personalità”. E nel definire il Rule of law sostanziale egli afferma che esso è “ il rule di una legge adeguata, che bilancia le necessità della società con quelle degli individui in vista della indipendenza della polis, l’uguaglianza sociale, lo sviluppo economico e l’ordine interno, da una parte, e i bisogni dell’individuo, la libertà della sua persona e la sua dignità, dall’altra parte” [11]. Come ha ben sottolineato la Dottrina “ciò che è sotteso a questa concezione sostanziale del Rule of law sono l’essere umano e i diritti umani, con un adeguato bilanciamento tra i differenti diritti e tra i diritti umani e la necessità della società come tale” [12].
8)    Una approfondita analisi delle differenze tra Stato di diritto formale e Stato di diritto sostanziale è contenuta nel recente libro di G. Zagrebelsky “La legge e la sua giustizia”. Vale riportare alcuni passi del suo ragionamento:
“L’espressione Stato di diritto è certamente una tra le più fortunate della scienza giuridica degli ultimi secoli. (…) Nella filogenesi di quell’espressione, scorgiamo l’oscillazione e la tensione tra forma e sostanza, pretese del potere e aspirazioni della società, con modalità e contenuti diversi, a seconda che il riferimento sia al Rechtsstaat tedesco derivante dalle monarchie ‘illuminate’ settecentesche, all’Etat de droit radicato nella sovranità della legge, espressione della volontà generale, affermata dalla rivoluzione del 1789, al Rule of law (“governo giuridico” o “secondo diritto”), di cui da secoli si parla come una delle caratteristiche e delle glorie del sistema giuridico anglosassone”[13].
L’Autore prosegue approfondendo alcuni aspetti dello “Stato di diritto”:

  1. Con riferimento allo Stato di diritto come contrario a “dispotismo orientale” Egli scrive: “Se si considera che lo Stato di diritto mira ad essere il governo delle leggi, per mezzo degli uomini assoggettati alle leggi, si comprende facilmente che non può rientrare in quella definizione il governo degli uomini, per mezzo delle leggi liberamente fatte e disfatte secondo il loro momentaneo arbitrio” [14].
  2. Con riferimento allo Stato di diritto come mero “Stato di norme” Egli scrive: “lo Stato di diritto come mero ‘ governo delle leggi’, inteso come governo sub legibus e governo per leges, finisce però per ridursi a un pugno di mosche, quando il diritto sia assunto come mera forma indipendente dal contenuto. (…) Con una simile nozione priva di contenuti, si perviene a uno svuotamento che trascura proprio ciò che, dal punto di vista specificamente politico-costituzionale, è invece essenziale, relativamente ai compiti e ai fini dello Stato e alla natura del diritto” [15].
  3. Con riferimento allo Stato di diritto e alla “dottrina pura” del diritto di Kelsen Egli scrive: “Secondo questa dottrina, che programmaticamente elimina dalla nozione di diritto ogni condizione sostanziale di contenuto, confinandolo nel campo dell’ideologia, lo Stato coincide con il diritto. (…) Questa riduzione comporta il prezzo di una nozione anodina, totalmente insignificante, di Stato di diritto. (…) Con le parole di Kelsen, ‘se si riconosce lo stato come ordinamento giuridico, ogni stato è uno stato di diritto, e questo termine diviene pleonastico’ o, al più, assume un valore esclusivamente “morale” che chiunque può riempire del significato che desidera ”[16].
  4. Viene poi affrontata la cruciale questione del passaggio dallo Stato di diritto formale allo Stato di diritto sostanziale. “Quando si lascia lo Stato di diritto come mera forma e ci si incammina sulla strada del diritto come concetto anche sostanziale, ci si imbatte in nozioni bensì diverse, ma tutte caratterizzate da una dialettica tra forma e sostanza. Inoltre, mentre secondo la nozione solo formale il concetto di Stato di diritto – come Stato secondo diritto e diritto come sola forma legale del potere – appariva sufficientemente chiaro, quando si passa a considerarne gli aspetti materiali, la nozione stessa diventa cangiante, mobile, sottoposta a fattori non logico-concettuali, ma storico-politici e culturali”[17]. E ancora “Se lasciamo da parte la riduzione kelseniana dello Stato a diritto (…) e la conseguente perdita di significato dell’espressione Stato di diritto, tutte le nozioni che si richiamano a questo concetto presentano connotazioni di giustizia materiale. E queste connotazioni, come è soprattutto evidente nel Rule of law, sono destinate a trasformarsi, con il maturare di nuove convinzioni e aspirazioni” [18]. Questo aspetto, come vedremo meglio nel seguito, è decisivo: l’“aggiornamento” nel tempo degli elementi costitutivi della categoria “Stato di diritto” si impone per ragioni storiche, politiche e culturali;

Note

11.  A. Barak, A judge on judging: the role of a Supreme Court in a democracy, in Harvard Law Review 2002. Le citazioni tradotte in lingua italiana sono tratte dal libro del Prof. Gustavo Zagrebelsky, “La legge e la sua giustizia” (vedi nota 12)

12.  Gustavo Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Bologna, 2008, pg. 123

13.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 97-98

14.  Gustavo Zagrebelsy, op. cit., pg. 98

15.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 99-100

16.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pgg. 100-101

17.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pg. 107

18.  Gustavo Zagrebelsky, op. cit., pg. 122

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