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Il rito “semplificato” di cognizione

di - 29 Luglio 2009
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L’ordinanza non sembra nemmeno impugnabile con ricorso straordinario ex art. 111 Cost. per mancanza del requisito di decisorietà.
Dovendo l’ordinanza pronunciare anche sulle spese di lite, non sembra possa escludersi la ricorribilità per cassazione del solo capo ad esse relativo.
Il tribunale potrebbe non avvedersi che la controversia introdotta con il rito semplificato rientra nella riserva di collegialità ed omettere di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, pronunciando sul merito della domanda. Occorre chiedersi, in questo caso, quale sia la natura del vizio deducibile in appello e, soprattutto, quale siano gli obblighi del giudice del gravame e la conseguente sorte del processo.
Si è sostenuto che la corte di appello dovrebbe chiudere in rito il processo, come avrebbe dovuto fare il giudice di primo grado, in quanto se il vizio è tale da non consentire una decisione di merito in primo grado, esso non consentirebbe una decisione di merito neppure in appello [17]. La tesi sembra presupporre l’impossibilità di applicare al procedimento in esame le regole in materia di inosservanza, nella fase decisoria, delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. Se l’art. 50-quater c.p.c. presuppone la mera violazione della regola decisoria, avendo rilievo la composizione dell’organo soltanto al momento della decisione, nel procedimento semplificato di cognizione la natura della controversia, tale da essere trattata e decisa dal tribunale in composizione monocratica, costituisce vero e proprio presupposto di accesso al procedimento e, in questo senso, si dovrebbe ritenere che l’eventuale appello proposto avverso l’ordinanza che ha deciso sul merito una controversia sottoposta alla decisione in composizione collegiale debba comportare l’annullamento della sentenza e che, ove il vizio non sia riscontrato dal giudice dell’appello e lo sia invece da parte della Corte di Cassazione, debba comportare la cassazione senza rinvio.
Va ricordato che le Sezioni Unite, componendo un contrasto interno, hanno affermato il principio che l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50-quater c.p.c. al successivo art. 161 comma 1° c.p.c., autonoma causa di nullità della decisione e non la forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza, con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla [18].
Ma questa conclusione, oltre a porsi in forte contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, attribuirebbe al vizio la capacità di porre nel nulla l’esercizio dei poteri decisori da parte non soltanto del giudice di primo grado, ma anche, eventualmente, di quello d’appello (ove questi decida nel merito), con effetti eccessivamente differenziati rispetto a quelli derivanti dall’applicazione dell’art. 50-quater. Riteniamo, pertanto, che, anche in questo caso, il giudice d’appello debba annullare il provvedimento e decidere sul merito, previa obbligatoria rinnovazione non solo della fase decisoria, ma anche degli eventuali atti di istruzione compiuti dal primo giudice. Anche questi atti sono, infatti, viziati, in quanto, presupponendo la composizione monocratica del tribunale, non avrebbero potuto essere assunti se la causa fosse stata instaurata, come avrebbe dovuto, nelle forme del rito ordinario.

10. Segue: l’ordinanza non impugnabile di inammissibilità della domanda riconvenzionale.
Considerazioni analoghe a quelle sopra svolte valgono per la dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale, laddove questa introduca, a differenza di quella principale, una controversia sottoposta a riserva di collegialità.
L'”espulsione” dal rito semplificato della sola domanda riconvenzionale presuppone la sussistenza delle condizioni per disporre la separazione della causa riconvenzionale, che va esclusa in tutti i casi di connessione forte e comunque quando sussistono ragioni di opportunità che consigliano la celebrazione del simultaneus processus.

11. Segue: la valutazione di compatibilità con l’istruzione semplificata e la fissazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c.
Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione “non sommaria”, rectius non semplificata, il giudice, sempre con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. e, in questo caso, trovano applicazione le disposizioni del libro secondo del c.p.c. Il giudice è qui chiamato a svolgere una valutazione di compatibilità delle “difese” delle parti con il rito semplificato, a valutare, cioè, se il procedimento instaurato possa essere trattato e deciso con le modalità di cui all’art. 702-ter c.p.c. ovvero se esso debba essere “trasformato” in procedimento ordinario.

Note

17.  V. luiso, op. cit., 4.

18.  V. sentenza 25 novembre 2008, n. 28040.

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