La separazione della rete di telefonia fissa

1. Il tema della separazione (contabile-amministrativa, funzionale o strutturale) dell’infrastruttura della rete fissa di telefonia dell’ex-monopolista (cd. incumbent) interessa tutti gli ordinamenti, e in particolare l’Italia.
Da un lato c’è bisogno di garantire l’uguaglianza di accesso alla rete ai concorrenti dell’incumbent: detta uguaglianza è necessaria affinché gli operatori alternativi (cd. OLO) possano fornire servizi ai clienti a condizioni competitive, in ordinamenti nei quali gli ex-monopolisti detengono ancora quote di mercato significative.
Dall’altro lato è necessario finanziare la costosa NGN (next generation network), la rete di nuova generazione in fibra ottica la quale, una volta realizzata, consentirà una trasmissione di dati molto più veloce dell’attuale e permetterà la fornitura di nuovi servizi, con un conseguente impatto positivo sullo sviluppo economico del paese.

2. Queste tematiche citate hanno assunto un’importanza crescente in questi ultimi due anni, e l’attualità delle stesse è testimoniata da diverse vicende: dalla recente consultazione presso la Commissione IX (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) della Camera dei Deputati sull’assetto e le prospettive delle nuove reti del sistema delle comunicazioni elettroniche al procedimento relativo alla valutazione della proposta di impegni presentati ai sensi della legge 248/06 dalla società Telecom Italia (concluso  con Delibera n. 718/08/CONS); alla consultazione AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) avviata con atto n. 208/07/CONS (sugli aspetti regolamentari relativi all’assetto della rete di accesso fissa ed alle prospettive delle reti di nuova generazione a larga banda) al progetto di cd. emendamento Gentiloni (art. 52 Ddl cd. Bersani “Misure per il cittadino consumatore… nonché interventi in settori di rilevanza nazionale” – atti del Senato n. 1644 della XV legislatura), fino al recente cd. Rapporto Caio, al momento ancora inedito. Di queste vicende si renderà conto nel presente articolo.

3. Vi è stato un mutamento di approccio rispetto alle problematiche in esame, in quanto i temi dell’uguaglianza di accesso e degli investimenti nelle infrastrutture sono stati affrontati fino a poco tempo fa nella convinzione che lo sviluppo della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni avrebbe prodotto anche un aumento degli investimenti. Questa certezza però si è progressivamente  indebolita allorché si è visto che la riduzione dei profitti prodotta da una forte concorrenza non consente di destinare ingenti capitali ad investimenti strutturali.
Il disincanto tuttavia non ha fatto abbandonare il tentativo di cercare soluzioni che potessero risolvere contemporaneamente entrambi i problemi. Qualsiasi proposta però non può comunque prescindere dalla previsione di un intervento sulla struttura o l’attività dell’incumbent, che detiene la rete.

4. Un primo approccio nel nostro ordinamento è consistito nel tentativo di imporre all’incumbent la separazione funzionale della rete, ossia l’affidamento della gestione della stessa ad una divisione diversa e separata da quella che si occupa dei rapporti commerciali.
A seguito delle voci di una possibile acquisizione in mani straniere della rete[1], è stato proposto il citato emendamento Gentiloni, con l’intenzione di conferire all’AGCOM detto potere, come misura estrema per ottenere l’uguaglianza di accesso.
Questo approccio prendeva a modello l’incumbent inglese, British Telecom che, sotto minaccia di Ofcom, il regolatore inglese, aveva nel 2006 adottato la separazione funzionale e a tal fine varato una propria divisione, Openreach, autonoma e con proprio marchio, con la missione di gestire la rete.
La correttezza dell’operato di Openreach è controllata da un Board indipendente, per la maggioranza nominato con l’approvazione di Ofcom, con il compito di vigilare sul rispetto degli undertakings (impegni) e di notificare all’Autorità delle Comunicazioni la violazione degli stessi: la violazione degli undertakings può essere fatta valere in giudizio.
Gli undertakings servono a garantire il funzionamento delle “muraglie cinesi” tra le diverse divisioni (accesso, ingrosso e commerciale): il personale di  Openreach è situato in una sede dedicata, non accede alle politiche e alle informazioni commerciali, deve rispettare un apposito codice di condotta e gode di un apposito sistema di premi e incentivi. Openreach ha infine un piano autonomo di investimenti sulla rete d’accesso.
Questa soluzionenon è risultata però esente da difetti: l’implementazione della separazione ha infatti costi elevati; è discusso che la separazione funzionale possa rappresentare in ogni contesto la soluzione migliore (nel Regno Unito il livello di concorrenzialità e di evoluzione tecnologica era nettamente inferiore ad altri Stati europei, Italia compresa e ciò ha giustificato la scelta per la separazione funzionale); la separazione può produrre come effetto l’acquisizione per l’incumbent di nuove quote di mercato, dal momento che dovrebbe logicamente produrre un allentamento degli obblighi asimmetrici; la separazione funzionale richiede la collaborazione della società interessata; è difficile da verificare se a seguito della separazione vi sia incentivazione all’investimento; non vi è certezza che la nuova divisione non assuma un atteggiamento di favore nei confronti dell’incumbent (si sono infatti verificati esempi di questo tipo).
Questo primo approccio non ha avuto buon esito: l’emendamento Gentiloni non è diventato legge, a causa della fine anticipata della legislatura: tuttavia il progetto sarebbe stato difficilmente accolto sia per le criticità citate, che per la difficoltà di imporre la separazione funzionale in assenza di un quadro comunitario che lo prevedesse.

5. Un secondo approccio è consistito nel tentativo di indurre l’incumbent a procedere autonomamente verso la separazione funzionale.  Per raggiungere questo risultato, è stato modificato il regolamento dell’AGCOM per permettere all’incumbent di assumere impegni vincolanti ed ottenere la chiusura di diversi procedimenti sanzionatori a suo carico[2].
L’incumbent si è impegnato ad intervenire sul dipartimento Open Access, varato a febbraio a rafforzamento della separazione amministrativa tra infrastruttura e servizi commerciali disposta dall’Agcom con del. n. 152/02/CONS:  detto dipartimento, separato da quello commerciale, è nato da una decisione unilaterale dell’incumbent, senza alcuna valutazione del regolatore, con il compito di occuparsi dello sviluppo e della manutenzione delle infrastrutture (tutta la rete d’accesso, compreso l’ultimo miglio) e di fornire l’attivazione e l’assistenza ai servizi.
Ci si è mossi nella direzione della separazione funzionale: sono previsti un codice di comportamento del management e del  personale di Open Access, esteso alla divisione di vendita all’ingrosso;  un sistema di premi e incentivi secondo obiettivi correlati tra l’altro alla parità di trattamento; la formazione continua per il personale; il divieto per il personale Open Access di ingerirsi nell’attività di vendita.
Il cuore dell’operazione consiste nel controllo del rispetto degli impegni: fatti salvi tutti i poteri attuali dell’Autorità, è stata prevista la creazione di un organismo di vigilanza, composto da 5 membri dotati di professionalità e indipendenza; l’Autorità avrà il potere di designare 3 membri, l’incumbent gli altri 2. In caso di infrazioni è prevista la segnalazione ai vertici dell’azienda e all’Autorità. Sono previsti inoltre, nella stessa logica, un comitato OTA, sul modello inglese, per risolvere le controversie tecnico-operative sull’accesso alla rete e un comitato NGN Italia con funzioni consultive per le questioni tecnico-organizzative connesse alla migrazione verso la nuova rete.
Inoltre gli impegninon saranno modificabili senza approvazione dell’Autorità e vi sarà obbligo di comunicazione all’Autorità anche dei progetti di modifiche incidenti sull’organizzazione; è previsto che Open Access debba avere una contabilità propria adottata con il consenso dell’AGCOM e che si abbia un’emersione delle condizioni economiche applicate alle divisioni interne per evitare sussidi incrociati.
Quanto al tema delle reti di nuova generazione, sono in particolare disposti, sotto la vigilanza dell’Autorità, l’obbligo di pubblicazione delle offerte per l’accesso, la condivisione delle infrastrutture passive e l’estensione degli impegni ai servizi di accesso sulle nuove reti laddove l’Autorità imponga all’incumbent di fornire l’accesso secondo condizioni non discriminatorie.
L’approccio sinora citato, che ha visto anche  una fase di contraddittorio con l’AGCOM, ha così condotto ad una riforma del modello di separazione: il risultato è peraltro anche innovativo rispetto ad Openreach, in quanto ha coinvolto anche la rete di nuova generazione.
Appare allora possibile scorgere un mutamento di prospettiva: l’intervento su Open Access suggerisce all’interprete che non esista “un” modello cristallizzato di separazione funzionale per conseguire l’uguaglianza di accesso ma che, sulla base della situazione giuridica e di fatto di un ordinamento, sia possibile ricorrere a diversi strumenti per realizzare tale obiettivo.  Al tempo stesso sembra inevitabile che anche gli altri ordinamenti europei si dovranno confrontare con queste misure e muovere, anche con un’eventuale originalità di soluzioni, verso forme di separazione comunque più marcate di quelle al momento vigenti.

6. Il quadro non è però completo senza l’esame del problema cruciale degli investimenti.
Una prospettiva che non prevedesse forme di investimento pubblico, e che tenesse conto dei numerosi studi che hanno dimostrato che tra gli operatori solo gli incumbent hanno la capacità economica di sostenere gli investimenti necessari alla costruzione della nuova rete, dovrebbe richiedere al regolatore di indurre l’ex-monopolista ad effettuare gli investimenti per la nuova rete e a garantire pari accesso agli OLO[3].
Un’alternativa a questo quadro è rappresentata dalla previsione di un consistente intervento pubblico o misto pubblico-privato negli investimenti. Nell’area asiatica, ad esempio, i piani per la NGN prevedono ingentissimi contributi pubblici[4]; si tratta di un approccio che i singoli paesi europei non sembrano ancora intenzionati ad affrontare, per ragioni economiche, ma anche perché non vi è un atteggiamento di favore verso forti interventi pubblici nell’economia e forme di ricostituzione di monopoli o di limitazioni al mercato.
Nella Commissione parlamentare sopra citata, preso atto dell’insoddisfazione degli OLO verso il modello della separazione funzionale, si è così discusso di un terzo approccio, legato allo scorporo della proprietà della rete (cd. separazione strutturale) e finalizzato in particolare alla realizzazione della NGN.

Premesso che la separazione strutturale è molto complessa da un punto di vista operativo, sono emersi quattro modelli nei lavori della Commissione:  1) la costituzione di una società sotto il controllo dell’incumbent, frutto di cooperazione tra pubblico e privato, nella quale l’incumbent dovrebbe avere una quota maggioritaria, con un consorzio di operatori partecipanti; 2) la costituzione di una società con investitori pubblici e privati (modello  TERNA del settore elettrico) il cui azionista di maggioranza potrebbe essere la Cassa depositi e prestiti; 3) l’affidamento della gestione di tutte le reti ad un soggetto terzo, sotto il controllo del Governo, previo censimento generale delle reti (peraltro in corso); 4) la presenza di un intervento pubblico europeo, attraverso la costituzione di un fondo per le infrastrutture.

La soluzione che ha ricevuto maggiore interesse sembrerebbe la prima, per la facilità di coinvolgimento di fondi di investimento, provider, produttori: potrebbero esserne invece esclusi  gli OLO, per evitare distorsioni della concorrenza.

Dai lavori della Commissione emerge come la questione degli investimenti debba tenere conto del tema dell’uguaglianza di accesso, e sia in grado di spostare il confine della separazione a quella strutturale o, viceversa, farlo arretrare: in quest’ultimo senso per favorire la costruzione della NGN da parte di Deutsch Telekom si è consentito in Germania di non regolare l’accesso alla nuova rete di altri operatori (cd. vacanza regolatoria); la Commissione europea ha però replicato avviando una procedura d’infrazione, ancora in corso.

7. Su questi temi un punto fermo potrebbe essere posto dal pacchetto di riforme delle telecomunicazioni dell’UE, che non ha ancora terminato il proprio iter, peraltro molto travagliato, ma che dovrebbe diventare legge negli Stati membri entro il 2010[5].
In particolare si prevede di fornire alle Autorithy nazionali il potere di imporre la separazione funzionale, con l’approvazione della Commissione, come misura estrema per garantire l’uguaglianza di accesso nel caso di fallimento delle altre misure e purché ciò non incida sugli investimenti. In tal modo, sarà a disposizione delle Authority quello strumento che il legislatore italiano aveva tentato di disciplinare, secondo il primo approccio esaminato. Tale operazione serve soprattutto a dare un indirizzo agli Stati, dal momento che operazioni del genere comunque necessitano del concorso dell’incumbent per potere essere realizzate.
Per inciso, durante l’iter di riforma è stato anche ridimensionato il progetto di Authority europea per le Tlc, ed ora è in crisi anche il progetto di ufficio indipendente “Organismo dei regolatori europei delle telecomunicazioni“, finanziato dall’Unione, di ausilio alla Commissione, ipotizzato in sostituzione dell’Authority. Nello stesso senso è anche stata bocciata la proposta di un potere di veto, in virtù del quale i regolatori avrebbero dovuto modificare o ritirare un progetto di misura qualora la Commissione e il proposto ufficio avessero ritenuto tale misura di ostacolo al mercato unico o comunque incompatibile con il diritto comunitario.
Quanto invece al tema degli investimenti vi è stata la conferma del rifiuto del Parlamento di ipotesi di “vacanza normativa”, come quella sopra citata avvenuta in Germania[6]. In altri termini, a livello europeo il tema degli investimenti non può giustificare deroghe alla concorrenza.
L’approccio a livello sovranazionale appare così attento al rispetto della concorrenza, ancora fiducioso sull’equazione tra concorrenza e investimenti degli operatori, ma al tempo stesso refrattario ad una centralizzazione e quindi ad un omogeneizzazione della regolazione. In particolare poi, sul tema della separazione, non si va oltre la previsione della separazione funzionale, ma al tempo stesso è evidente il favore verso il modello inglese.
Mantenere lo sguardo sulle riforme in atto, nel prossimo futuro, consentirà di capire se e come, in un periodo di forte crisi economico-finanziaria, l’urgenza degli investimenti inciderà sulla regolazione della concorrenza, e quale approccio tra quelli presentati o possibili si imporrà come il più idoneo per realizzare una nuova rete aperta a tutti gli operatori.

Note

1.  Per tutti, Il Sole 24 ore: Moreno (America Movil) assicura: «Non vogliamo lo spezzatino di Telecom», 10.4.2007.

2.  Art. 14-bis del Decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 convertito con legge n. 248 del 4 agosto 2006 “Rilancio economico e sociale, manovra bis e contenimento della spesa pubblica, disposizioni in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale“. Su queste fonti si sono poi innestate le delibere 130/08/CONS (Riforma della delibera n. 54/08/CONS, a sua volta recante “Modifiche ed integrazioni al regolamento in materia di procedure sanzionatorie in attuazione dell’art. 14bis del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e del regolamento in materia di impegni di cui alla delibera n. 645/06/CONS” ) e 131/08/CONS (Modifiche al regolamento in materia di impegni di cui alla delibera n. 645/06/CONS).

3.  Ad es. D. ELIXMANN et al., The Economics of Next Generation Access, http://www.wik.org/content_e/ecta/ECTA%20NGA_masterfile_2008_09_15_V1.pdf

4.  Si v. L’esempio del Giappone 2007: il progetto è indicato nel White Paper Informations and Communications in Japan, Progress of Ubiquitous Economy and Global Business Development, July 2007, Ministry of Internal Affairs and Communications, Japan

5.  Il 13 novembre 2007 la Commissione europea ha proposto la riforma della normativa dell’UE sulle telecomunicazioni. Nel giugno 2008 il Consiglio dei ministri delle telecomunicazioni ha espresso il proprio parere e di seguito il Parlamento europeo in commissione parlamentare e poi il 2 settembre nell’assemblea plenaria; il pacchetto di riforma è stato poi votato nella sessione plenaria il 24 settembre. Il Parlamento europeo esprimerà il voto in seconda lettura nell’aprile 2009.

6.  Si v. IP/07/237  del 26/02/2007 e IP/07/889 del 27/06/2007.