Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

La giustizia civile in Italia: perché così inefficiente?

di e - 12 Marzo 2009
      Stampa Stampa      

4. .. o l’offerta è inadeguata? – Anche questo aspetto risulta difficile da valutare correttamente. In primo luogo, la disponibilità di risorse per la giustizia può essere misurata sia con riferimento ad indicatori di “domanda potenziale” (ad esempio la popolazione), immaginando che l’offerta debba adeguarsi a una domanda “fisiologica”, sia rispetto alla domanda effettiva (presente e passata e rappresentata dai carichi pendenti e dai nuovi casi pervenuti nell’anno). Nel caso italiano il giudizio è molto diverso nei due casi. Se facciamo riferimento a indicatori di domanda fisiologica (che potrebbe essere più corretto se riteniamo che la domanda abbia in parte natura endogena, sia cioè determinata anche dalle caratteristiche del sistema e in particolare da quelle dell’offerta di giustizia), il confronto internazionale – che tuttavia in questo caso pone rilevantissimi problemi metodologici, date le differenze nei sistemi giudiziari dei diversi paesi – non evidenzia differenze profonde nella disponibilità di risorse tra l’Italia e i principali paesi europei. Il bilancio per le spese di giustizia (escludendo il patrocinio a spese dello stato e le somme destinate alla attività requirente) è pari a 45 euro per abitante in Italia, contro i 38 in Francia, i 50 in Svezia, i 37 in Norvegia. Il numero di giudici professionali per 100.00 abitanti è pari a 11 in Italia, contro gli 11,9 in Francia, i 10,1 in Spagna i 13,9 in Svezia. E’ molto superiore il dato riferito alla Germania (24,5), che include tuttavia i giudici a tempo parziale. Anche il dato riferito al personale non giudicante (amministrativi) per giudice appare sostanzialmente in linea (4,2 in Italia, contro 2,0 in Francia, 2,9 in Germania, 2,6 in Svezia, ma 9,1 in Spagna).
In secondo luogo, la valutazione della disponibilità di risorse dovrebbe tenere conto oltre che del livello della spesa anche della sua composizione. Sebbene il bilancio previsionale del Ministero della Giustizia sia cresciuto da 6.244 milioni di euro nel 2003 a 7.561 nel 2009, le variazioni non sono state uniformi nelle diverse voci. Particolarmente penalizzati sono stati i “consumi intermedi” che comprendono voci di spesa (acqua, luce, cancelleria, benzina, autovetture…) i cui effetti per la funzionalità del sistema sono rilevanti[5].
E’ tuttavia sotto il fronte dell’organizzazione e l’impiego di tali risorse che si evidenziano le maggiori carenze, anche se queste risultano più difficili da quantificare. Alcuni fattori in particolare assumono particolare rilevanza: proviamo a discutere i principali.

La geografia giudiziaria – L’attuale struttura territoriale dei tribunali civili è caratterizzata da un numero eccessivo di uffici giudiziari di dimensioni troppo limitate. Diverse analisi quantitative (realizzate da Daniela Marchesi) lo hanno mostrato; l’esistenza del problema è stata nuovamente sottolineata dal Primo Presidente della Cassazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nell’analisi riferita al 2006 circa il 70% dei tribunali risulta troppo piccolo per essere efficiente. Appare quindi generalmente condiviso che sia opportuna una revisione della geografia giudiziaria volta ad accorpare gli uffici di minori dimensioni per realizzare economie di scala e di specializzazione attualmente non sfruttate. E tuttavia tali riforme (in più occasioni proposte) incontrano a tutt’oggi significative resistenze.

Gli incentivi dei soggetti coinvolti nella fornitura del servizio – Una giustizia che funziona richiede incentivi adeguati per tutti i soggetti coinvolti nella fornitura del servizio, e in particolare per i magistrati. Questo presuppone un sistema di avanzamenti di carriera che sia premiante rispetto a tutte le dimensioni rilevanti per l’organizzazione – imparzialità e accuratezza delle decisioni, ragionevole durata dei procedimenti, qualità del servizio reso ai cittadini – e in grado di risolvere in modo ottimale i trade-off che emergono tra di esse. A tal fine, particolare rilevanza assumono la scelta dei meccanismi che governano gli incrementi salariali e l’accesso alle diverse posizioni che compongono la magistratura, la scelta del soggetto valutatore, l’individuazione di indicatori di prestazione adeguati.
Il sistema di progressione di carriera a “ruoli aperti” introdotto negli anni ’60 e ’70 e (parzialmente) riformato solo di recente ha evidenziato criticità rispetto a questi aspetti. Sottraendo il meccanismo di avanzamento nella carriera (e quindi nella remunerazione) ad una valutazione comparativa dei candidati, il sistema a ruoli aperti ha ridimensionato il peso delle valutazioni di professionalità. Anche in conseguenza di ciò, le valutazioni sono divenute sempre meno idonee a fornire informazioni adeguate sulla professionalità e sulla operosità dei magistrati. Nei fatti la progressione di carriera è divenuta quasi del tutto automatica e scandita esclusivamente dall’anzianità. L’assenza di criteri obiettivi e predeterminati per la assegnazione dei magistrati alle diverse posizioni – anche per effetto di una concezione della magistratura orizzontale e priva di gerarchica – ha limitato il ruolo che le prospettive di avanzamento potevano svolgere nell’incentivare comportamenti efficienti.
Nel complesso il sistema si è caratterizzato per la debolezza del legame tra incrementi salariali e avanzamenti nelle posizioni e performance. L’analisi economica[6] suggerisce che questi fattori possono spiegare alcune prassi che sembrano contraddistinguere i giudici italiani (anche nel confronto con i colleghi di altri paesi): l’ampia varianza dei comportamenti con riguardo sia alle modalità di organizzazione del lavoro sia all’impegno profuso; l’elevata variabilità degli orientamenti giurisprudenziali; la propensione, in alcuni casi, alla redazione di sentenze eccessivamente elaborate; l’attenzione – a volte insufficiente – dedicata alla gestione della fase istruttoria e al governo del ruolo.
La definizione di un sistema corretto di incentivi non può tuttavia produrre effetti positivi se non accompagnata dalla disponibilità di informazioni. La produzione di statistiche sui flussi in entrata e in uscita e sullo stato di avanzamento delle singole cause è uno strumento indispensabile per permettere al giudice di gestire il proprio ruolo e di programmare e organizzare le udienze in un ottica più attenta ai risultati e ai tempi; per seguire lo svolgimento delle singole cause e impedire ingiustificati ritardi. A livello di sistema, la disponibilità di informazioni è precondizione per la pianificazione e la programmazione del lavoro all’interno degli uffici e per la successiva verifica dei risultati; per una disciplina più efficace del comportamento di ciascuno verso obiettivi condivisi; per la costruzione di indicatori di performance sufficientemente sofisticati da tenere conto della forte articolazione dell’attività giurisdizionale e quindi capaci di esprimere un giudizio ponderato sull’operato del singolo magistrato. Un sistema informativo che assicuri maggiore trasparenza delle decisioni del singolo giudice e o della sezione contribuisce alla armonizzazione e, nei casi delle fattispecie più ricorrenti, alla standardizzazione degli orientamenti.

Note

5.  Sulla base della Relazione presentata nel maggio del 2008 al Ministro della Giustizia Alfano dal Capo del Dipartimento dell’Organizzazione del Ministero, nel quadriennio 2002-06 le risorse destinate a consumi intermedi avrebbero subìto una riduzione del 48 per cento. Tale riduzione sarebbe stata in parte recuperata nel biennio 2007-08, ma la manovra finanziaria contenuta nella l. 133/2008 ha previsto tagli del 22 per cento nel 2009, del 30 per cento nel 2010 e del 40 per cento nel 2011.

6.  Si veda ad esempio G. Palumbo, E. Sette (2008), Career concerns and court delay, Banca d’Italia, mimeo.

Pagine: 1 2 3 4


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy