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Teoria economica e federalismo fiscale

di - 10 Marzo 2009
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Per quanto riguarda i settori di spesa, la quota principale è rappresentata dalla sanità:

Valori percentuali 2006

Sanità 44,7
Servizi generali e ordine pubblico 16,5
Affari economici 15,6
Istruzione 7,8
Protezione sociale ed altro 15,4
totale 100

I dati enunciati possono indurre a due considerazioni. La modifica del Titolo V della Costituzione, che ha ampliato il ruolo delle regioni nella spesa pubblica ha avuto fino ad oggi un riflesso piuttosto modesto sulla quota della spesa (stando a studi dell’ISAE, una piena attuazione del Titolo V porterebbe la quota della spesa al 40 per cento). La seconda considerazione è che il federalismo fiscale sotto un certo aspetto è stato già realizzato, sempre se confrontiamo la situazione italiana con quella degli altri paesi europei.

4.2. L’aspetto distributivo
La richiesta di un federalismo “tutto da costruirsi” proveniente da vasti settori del Nord Italia e di cui si fa portabandiera la Lega Nord riguarda, per così dire, la contabilità del dare e dell’avere. In un recente rapporto del nens (Nuova economia e nuova società)[1] viene calcolato il “residuo fiscale” per regione nell’anno 2006, cioè la differenza tra tutte le entrate (erariali e regionali) e le spese (regionalizzabili) pro-capite:

Entrate meno spese pro-capite

Piemonte 1.372 Marche 1.432
Valle d’Aosta -4.163 Lazio 682
Lombardia 3.971 Abruzzo -872
Bolzano -559 Molise -2.121
Trento -998 Campania -1.137
Veneto 3.267 Puglia -1.404
Friuli V. G. -574 Basilicata -2.322
Liguria -530 Calabria -2.607
Emilia Romagna 3.625 Sicilia -2.648
Toscana 1.351 Sardegna -1.415
Umbria -598

Ne risulta un quadro molto chiaro: tutte le regioni a statuto ordinario del Nord, con l’eccezione della Liguria, versano più imposte di quanta spesa non ricevano. La situazione è capovolta per tutte le regioni del Sud, mentre nelle regioni del centro si alternano regioni in “attivo” e regioni in “passivo”.
Tuttavia, le regioni del Sud non spendono più di quelle del Nord. La tavola 2.2 del rapporto nens chiarisce questo aspetto, con riferimento ad una spesa pubblica media pro-capite di 11.406 euro nel 2004:

Numeri indici della spesa pro-capite (Italia = 100)

Regioni a st. ord. Nord 103,8
Regioni a st. sp. Nord 131,7
Centro (senza il Lazio) 105
Lazio 127
Regioni a st. ord. Sud 80,6
Isole (st. sp.) 90,6

L’oscillazione di circa 50 punti tra le regioni a statuto speciale del Nord e le regioni a statuto ordinario del Sud. Il Lazio si situa a livelli vicini a Val d’Aosta, Friuli, Bolzano e Trento. Ciò deriva dal fatto che a Roma operano la maggior pare degli addetti ai Ministeri e agli altri organi centrali della P.A., mentre l’attività che viene svolta non va a favore degli abitanti del solo Lazio, ma di tutta l’Italia (e comunque il residuo fiscale del Lazio è positivo, non negativo).
I residui fiscali dunque non dipendono dalla distribuzione della spesa, ma piuttosto da quella del prelievo, e innanzi tutto dal fatto che il Pil pro-capite della Lombardia è doppio rispetto a quello della Calabria. Se si considera la somma delle imposte erariali, dell’Irap e delle addizionali regionali, rapportata al Pil pro-capite (sempre nel 2004), la pressione media nazionale è del 25 per cento; le regioni del Nord hanno una pressione più elevata, con un massimo in Liguria (27,1 per cento), ma con due eccezioni: Trentino Alto Adige (24,5 per cento) e Veneto (23,7 per cento). Al contrario le regioni del Sud hanno pressioni inferiori alla media, con un minimo in Basilicata (21,3 per cento), ma l’Abruzzo si colloca sopra la media (25,7 per cento). Le regioni centrali sono vicine alla media, con un massimo per l’Emilia-Romagna (26,3 per cento) ed un minimo per le Marche (24,3 per cento).
I risultati dipendono dal fatto che il grado di evasione è più alto nel Sud che nel Nord, ma questa spiegazione non è esaustiva. Esiste una relazione molto significativa tra pressione fiscale e Pil pro-capite identificata per la prima volta da Musgrave in Fiscal Systems (1966) che vale sia tra paesi diversi sia tra aree di uno stesso paese. Il rapporto nens mostra che la relazione è valida anche nel caso italiano (grafico 2.1); con una crescita di 0,17 punti di pressione fiscale ogni 1000 euro di incremento del Pil pro-capite. Gli scostamenti maggiori si incontrano verso in basso per Basilicata e Veneto, e verso l’alto per Abruzzo e Liguria. In sostanza le regioni si distribuiscono un po’ sopra ed un po’ sotto la media, ma senza nessun criterio distintivo tra Nord e Sud.

Note

1. Dottrina e prassi di un federalismo consapevole, novembre 2008, tavola 2.1, www.nens.it

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