Piccole sviste di qualche importanza
Ci occupiamo di un tema ben noto e mal vissuto: strade e parcheggi. Vi è in essi una intensità di diritto e di economia, di cui, forse un po’ a torto, non ci si cura abbastanza.
Il Comune di Roma, che casualmente ha richiamato la nostra attenzione, ha subito recentemente una batosta giudiziaria, come si dice: aveva dedicato troppo spazio stradale alla sosta a tempo ed a pagamento, in contrasto con qualche norma del codice della strada secondo la quale deve esserci un certo rapporto tra strade con sosta a tempo determinato e a pagamento e strade con sosta libera. Dalla sentenza derivava che tutta la sosta poteva essere a tempo indeterminato e gratuita. Questo è l’antefatto.
Per rimediare all’anomalia (ed alla riduzione di entrate che ne derivava), il Comune ha pensato di rimodulare il rapporto tra spazi destinati alla sosta gratuita ed a quella a pagamento. Lo ha fatto adottando questo sistema: l’unità di riferimento è un euro/ora. Chi sosta per un quarto d’ora paga 40 centesimi; chi sosta da un’ora a quattro ore paga un euro per ciascuna; chi lascia la sua vettura – come in gergo si dice – oltre le quattro ore gode di fortissimo sconto: il 50%.
Il principio della vendita all’ingrosso è certamente questo. La grandi quantità hanno un costo unitario di gestione inferiore e quindi consentono un prezzo di vendita inferiore. Ma siamo sicuri che la sosta sulla pubblica via vada trattata come i beni oggetto di produzione industriale e che chi parcheggia per otto ore meriti di essere curato come chi acquista dieci camicie o i pomodori a cassette anziché a chilo?
Già porsi la domanda suscita qualche perplessità. Ma se si osserva bene la questione, l’errore è evidente. Da che mondo è mondo, le strade sono fatte per collegare luoghi diversi e più o meno lontani: dunque per ricevere persone, animali e cose in movimento, non per ospitarli e farli riposare o attendere. Altre strutture sono deputate a questo. Erano locande ed ora sono ristoranti, alberghi, garages e simili. Le strade sono sempre e solo strade, ineffabile casa del viandante, senza porte e finestre.
A parte gli scherzi, la realtà economica e giuridica profonda è che le strade sono il bene demaniale per eccellenza, la vera res communis omnium. Chi ferma il suo veicolo per fare gli affari suoi, qualche passo più in là, ne fa un uso gravemente improprio: anziché valersi della strada per una frazione ideale ed indistinguibile delle sue capacità, secondo i principi storici dei beni demaniali (si pensi agli usi civici), ne occupa una parte come cosa propria, escludendo ogni altro: dove è ferma l’automobile di Tizio non può essercene altra – finché Tizio non se va.
La sosta è certamente un problema, che, secondo una logica elementare, dovrebbe essere risolto con la creazione di spazi dedicati, diversi da quelli impegnati dalla circolazione. Si sa che a Roma i commercianti sono riusciti a paralizzare praticamente tutte le iniziative pubbliche volte a realizzare parcheggi sotterranei. Non è il caso né di trattarne qui, né di fermarsi sulla sconfitta della politica sottesa a questa vicenda. Certo è però un punto: il modo peggiore per affrontare questo problema è quello di favorire la lunga sosta privata sulla via pubblica, vendendola “all’ingrosso” con il progredire della sua durata. Anziché favorire l’avvicendamento di molti nella sosta per tempi brevi, si favorisce chi occupa qualche metro quadrato di strada per tutto il giorno. Quale è la logica di questa operazione? E gli altri, tutti gli altri? Arrivare un minuto prima è un vantaggio che giustifica una sosta di otto ore a tariffa agevolata? E, si licet, i trasporti pubblici?
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Due parole a sé merita il centro storico. Lì lo spazio pubblico è un bene prezioso, come tutti sanno. Di piazze e piazzette si riempie la vista di chi lo percorre in un continuo susseguirsi di fascinose emozioni. C’è chi vi abita; è giusto che possa entrare anche su quattro ruote.
Qui si pone prepotentemente il problema della sosta: proprio perché lo spazio pubblico è poco e quindi prezioso. Succede infatti che molti spazi siano sempre occupati dalle stesse vetture. Vengono lasciate per settimane intere; se qualche proprietario è costretto ad allontanarsi, poi, con la cooperazione (chiamiamola così) di qualche portiere, il suo posto “riservato” riemerge dal nulla.
Due domande vorremmo porre. Qualcuno ha mai pensato alla rilevantissima perdita di reddito che provoca il sistematico abuso di quel fondamentale bene demaniale che è la strada – per giunta in luoghi della città, dove è preziosissimo?
E poi: per quale motivo non si attua la legislazione vigente che prevede ogni possibile agevolazione per realizzare parcheggi privati e così contribuire a liberare le strade?
Semplici domande dall’impossibile risposta. Perché sembra davvero che nessun criterio economico sano e nessun sano e semplice senso del diritto abbia ispirato chi ha consentito il radicarsi di questo regime, fondato sul puro egoismo.