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Poteri di iniziativa probatoria ufficiosa e possibili modelli di istruttoria e di processo civile.

di - 16 Gennaio 2009
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E qui, anche alla luce del sistema proprio di ordinamenti differenti dal nostro [17], che pur accomunati dalla costante attribuzione (anche) al giudice di poteri di iniziativa probatoria (nonché talvolta anche di poteri di investigazione, che si estendono dunque, in quanto tali, anche alla ricerca dei fatti e/o delle fonti di prova) si diversificano fra loro non solo sotto un profilo quantitativo ma anche qualitativo, mi pare si possa ulteriormente distinguere, senza alcuna pretesa di completezza, fra:
1) poteri (ufficiosi) di mera segnalazione alle parti di insufficienze probatorie (quale, ad esempio, quello previsto, nel nostro ordinamento, dal vecchio art. 316 c.p.c. nella parte in cui consentiva pretore o al conciliatore di « indicare alle parti in ogni momento le lacune che ravvisa nell’istruzione »);
2) poteri (ufficiosi) di suggerimento alle parti di iniziative probatorie, che possono venire in rilievo autonomamente o in rapporto di stretta consequenzialità rispetto ai precedenti (nel senso che, come accade ad esempio per l’art. 429 della LEC n. 1/2000 spagnola, il suggerimento alle parti di iniziative probatorie può essere proprio volto a colmare le insufficienze probatorie preventivamente segnalate alle stesse);
3) poteri (ufficiosi) di vera e propria iniziativa probatoria, a seconda dei casi:
3a) limitati solo a taluni mezzi di prova oppure estesi a tutti; differenti ipotesi, queste, cui si accompagna normalmente anche una differente tecnica normativa nel senso che: nel primo caso si tende a specificare con riferimento al singolo mezzo di prova se lo stesso sia o meno disponibile d’ufficio (come accade, ad esempio, nel nostro rito ordinario o in quello tedesco), mentre nel secondo si tende a ricorrere ad una norma di carattere generale che consente al giudice di disporre l’assunzione d’ufficio di tutti i mezzi di prova (come accade, ad esempio, nel nostro processo del lavoro e nell’ordinamento francese);
3b) esercitabili con riferimento a tutti i fatti e/o le fonti di prova appartenenti al materiale di causa (come accade ad esempio nel nostro ordinamento per il rito lavoro) oppure solo con riferimento a taluni fatti e/o fonti di prova predeterminate dal legislatore (es. narrazione del teste di cui all’ art. 257 c.p.c.);
3c) autonomi (come accade ad esempio, per il nostro ordinamento, per la consulenza tecnica e per l’ispezione) oppure dipendenti, o in qualche modo connessi, a quelli richiesti dalle parti – e dunque con funzione sussidiaria rispetto a questi ultimi – (come accade ad esempio, per il nostro ordinamento, per la possibilità di disporre d’ufficio la prova testimoniale ai sensi dell’art. 281-ter c.p.c.; nonché analogamente, per il passato, con riferimento alla previsione di cui al previgente art. 317 c.p.c.); distinguo, questo, peraltro non sempre agevole, con evidenti e delicatissime difficoltà non tanto sotto il profilo classificatorio, quanto soprattutto di delimitazione dei presupposti per l’esercizio dei poteri di iniziativa probatoria ufficiosa da parte del giudice [18];
4) poteri (ufficiosi) pur sempre dipendenti o in qualche modo connessi a quelli richiesti dalle parti – e dunque con funzione sussidiaria rispetto a questi ultimi – ma che hanno ad oggetto (non la deduzione in via ufficiosa del mezzo di prova nel suo complesso – come accade, ad esempio, nella suddetta ipotesi di cui all’art. 281-ter c.p.c. – ma bensì) le sole “modalità di svolgimento” dell’assunzione del mezzo di prova richiesto dalle parti, se del caso procedendo ufficiosamente (anche) ad un ampliamento o ad un restringimento dello stesso (come accade ad esempio, per rimanere sempre al nostro ordinamento ed alla prova testimoniale, per i seguenti poteri ufficiosi: rivolgere al teste domande utili a chiarire i fatti intervenendo nell’assunzione della prova testimoniale al di là della capitolazione ammessa, ai sensi di quanto previsto dall’art. 253, 1° comma, c.p.c.; disporre l’audizione di testi prima ritenuti superflui o già interrogati di cui all’art. 257, 2° comma, c.p.c.; ridurre le liste dei testimoni sovrabbondanti di cui all’art. 245 c.p.c.; disporre il confronto dei testimoni di cui all’art. 254 c.p.c.);
5) poteri (ufficiosi) esercitabili dal giudice con riferimento all’istruttoria nel suo complesso (quale ad esempio, con riferimento al nostro ordinamento, il potere di dichiarare chiusa l’istruzione di cui all’art. 209 c.p.c.).

Note

17.  Per un esame dei quali, oltre che per riferimenti dottrinali, rinvio a E. FABIANI, I poteri istruttori del giudice civile, cit., 349 ss.

18. Si pensi per tutti, a tal proposito, alla controversa natura del potere ufficioso del giudice penale di cui all’art. 507 c.p.p., con riferimento al quale si discute se ci si trovi di fronte ad un mero “potere di integrazione” dei poteri delle parti, nel senso che non sarebbe esercitatile in caso di assoluta inerzia delle stesse ma solo per “integrare”, per l’appunto, le deduzioni istruttorie di queste ultime, oppure ad un “potere suppletorio” rispetto a quello delle parti, esercitatile, in quanto tale, anche in caso di totale inerzia delle stesse.

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