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Poteri di iniziativa probatoria ufficiosa e possibili modelli di istruttoria e di processo civile.

di - 16 Gennaio 2009
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10. Il possibile oggetto dei poteri di iniziativa probatoria ufficiosa

Alla luce di quanto sinora evidenziato, i poteri di iniziativa probatoria ufficiosa del giudice incontrano un limite invalicabile nella impossibilità per lo stesso di esercitare tali poteri per andare alla ricerca – ed eventualmente introdurre nel processo – fatti e fonti di prova che non appartengano al “materiale di causa”, nel senso cioè, conformemente a quanto a suo tempo già evidenziato, di legittimamente acquisiti al processo; e si ritengono tali non solo quelli che trovano ingresso nel processo attraverso la via maestra dell’allegazione in senso stretto, ma anche quelli che emergono comunque dall’attività processuale legittimamente espletata e dagli “atti” legittimamente acquisiti al processo (si pensi, per tutti, agli scritti difensivi, alle dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio libero, all’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, all’assunzione, in via più generale, di un mezzo di prova o, in via ancor più generale, ai fatti ed alle fonti di prova che emergano dall’istruttoria).
Ciò posto, si tratta però anche di stabilire se, fatto salvo questo imprescindibile limite, che assurge a tratto caratterizzante dello stesso modello istruttorio “acquisitivo” (o dei “poteri istruttori d’ufficio”), i poteri di iniziativa probatoria ufficiosa, che di questo modello costituiscono elemento imprescindibile, possano o meno avere ad oggetto tutti i fatti e le fonti di prova appartenenti al “materiale di causa” – inteso nei termini appena più sopra precisati -.
Vi sono ipotesi, già in precedenza segnalate, in cui è lo stesso legislatore, nell’attribuire al giudice un determinato potere di iniziativa probatoria ufficiosa, a stabilire espressamente quali possano essere le fonti di prova che possono costituirne oggetto (si pensi, per tutti, all’ipotesi di cui all’art. 257 c.p.c.).
Ma che dire per le altre ipotesi in cui il legislatore tace sul punto ed attribuisce al giudice, come accade ad esempio nel nostro rito lavoro, il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di ogni mezzo di prova?
Può ritenersi che il giudice possa fare oggetto di iniziativa probatoria ufficiosa tutti i fatti e le fonti di prova appartenenti al “materiale di causa”?
La risposta deve essere, a mio avviso, affermativa.
Ciò fondamentalmente per i seguenti motivi:
1) non sussiste, anzitutto, alcun contrasto con le caratteristiche proprie del metodo istruttorio “acquisitivo” o dei “poteri istruttori d’ufficio”, che indubbiamente non consente al giudice, in spregio al divieto di ricorrere alla propria scienza privata, di andare alla ricerca – ed eventualmente introdurre nel processo – fatti e fonti di prova che non appartengano al “materiale di causa”, ma che non comporta, invece, di per sé alcun limite, stante l’assenza di ogni possibile violazione del suddetto divieto, sotto il profilo del possibile oggetto, all’interno del “materiale di causa”, dei poteri di iniziativa probatoria ufficiosa;
2) si tratta di una impostazione che sembrerebbe trovar conferma nel principio di acquisizione processuale, il quale, secondo parte della dottrina esplicherebbe la sua efficacia (non solo con riferimento alla prova dei fatti, e più precisamente alle risultanze probatorie, ma) anche con riferimento alla “acquisizione” dei fatti al processo, e così come potrebbe, dunque, consentire al giudice, sul piano del fatto, di rilevare d’ufficio gli effetti giuridici di fatti costitutivi di diritti autodeterminati che (seppur non allegati in senso proprio dalle parti) abbiano comunque trovato legittimamente ingresso nel processo, ben potrebbe consentire al giudice, in assenza di disposizione normativa espressa di segno contrario, anche di disporre d’ufficio l’assunzione di un mezzo di prova (anche) su fatti che, seppur non allegati in senso proprio dalle parti, risultino comunque legittimamente acquisiti al processo, e dunque appartenenti al “materiale di causa”;
3) non sussiste alcun contrasto (neanche) con il cd. principio o onere di allegazione, il quale ha ad oggetto i fatti, e peraltro neanche tutti (pur non sussistendo uniformità di vedute in dottrina sulla delimitazione degli stessi), e non anche, invece, le possibili iniziative probatorie del giudice.

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