L’azione collettiva risarcitoria: spunti di riflessione.
d) Occorrerà, da ultimo, chiarire la portata retroattiva o no della norma, evitando di rimettere all’interprete il non facile compito di definire la natura sostanziale o meramente processuale della disposizione e – nel caso in cui si riveda il meccanismo della sentenza di mero accertamento e si definisca una qualche forma di danno punitivo – riflettere sulla esecutività della decisione di primo grado. Uscite dalle casse dell’impresa le somme corrispondenti al risarcimento accordato come infatti recuperarle nel caso di accoglimento dell’eventuale appello?
Quelli sopra riportati mi sembrano i profili minimali di necessaria e imprescindibile rivisitazione del testo vigente. Non può peraltro essere omesso di considerare che, nel più generale paradigma dei mass tort, si annidano almeno due categorie di controversie seriali tra loro strutturalmente ben distinte: le c.d. small claims e casi di ben più rilevante spessore tanto quantitativo quanto qualitativo. Pensiamo, quanto ai secondi, ad esempio ai gravi episodi che, muovendo dal dissesto di società con titoli quotati, hanno interessato il mercato finanziario (Parmalat, Cirio, Giacomelli), legandosi cronologicamente ad altri eventi di grande rilievo (dall’insolvenza di Stati sovrani al collocamento di sofisticati prodotti finanziari). O anche a eventuali future iniziative giudiziarie indotte dalle recenti crisi dei mercati finanziari. Mentre per questi sembra estraneo ad ogni ragionevole dubbio l’accertamento dei fatti e delle condotte che si assumono produttivi di danno ad opera del giudice, per quelle si può pensare a procedure semplificate certo non sostitutive ma almeno alternative all’iniziativa giudiziaria. Ciò implica prevedere due percorsi almeno parzialmente differenziati, con ampio ricorso – quanto alle small claims – a meccanismi conciliativi o, più in generale, di alternative dispute resolution. Anche ai fini di un efficiente funzionamento della disciplina delle azioni collettive che selezioni le controversie da sottoporre al giudice togato rispetto a quelle che possono trovare sbocco in sistema di giustizia stragiudiziale, tale distinzione risulta essenziale. Non a caso, ad esempio, le difficoltà di rendere alla collettività giustizia con rapidità determinarono, nell’esperienza statunitense, l’adozione – fin dal 1990 – di una legge in forza della quale si prevedeva il ricorso obbligatorio a procedure della specie rivelatesi in grado di decongestionare i tribunali. Ciò accresce l’importanza di iniziative autopoietiche collaterali e/complementari all’iniziativa giudiziaria quali, ad esempio quelle dell’Ombudsman – giurì bancario che introita e decide ogni anno circa 4.000 reclami che, in sua assenza, affollerebbero (almeno in parte) i ruoli del giudice ordinario e rende lungimirante la scelta effettuata nella legge sulla tutela del risparmio di istituire procedure di conciliazione e arbitrato in materia di intermediazione mobiliare. Resta invece maggiormente esposto a rischio il settore assicurativo che non possiede, nonostante il maggior numero di controversie, organismi analoghi, viceversa esistenti in altri paesi europei. E’ una lacuna importante alla quale il settore di riferimento dovrebbe al più presto provvedere. Non può infatti non essere ricordato come l’esigenza dell’introduzione di un’azione collettiva nel nostro paese sia maturata anche in ragione dei numerosissimi giudizi civili promossi da singoli consumatori dinanzi ai giudici di pace in materia di polizze RC auto sanzionate come anticoncorrenziali dalla competente autorità garante (decisione del 28 luglio 2000, n. 8546, in Giust. civ., 2000, I, 3355, confermata da Cons. Stato, 23 aprile 2002, n. 2199, in Foro it., 2002, III, 482).