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Il Sistema Idrico Integrato tra conflitti d’interesse e ruolo delle Autorità di vigilanza.

di - 16 Dicembre 2008
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Anche l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, nell’ultima Relazione al Parlamento, relativamente agli esiti dell’indagine conoscitiva sul sistema idrico nazionale, ha affermato <<Un annoso problema è rappresentato dalla rete ormai obsoleta che evidenzia ingenti perdite d’acqua. Nell’ultimo trentennio gli investimenti nel settore (prelievo, manutenzione, distribuzione, fognatura, depurazione) si sono ridotti di circa due terzi, passando da una media di investimenti di 2,3 mld di euro nel 1985 ad una spesa di poco superiore ai 700 milioni di euro nel 2005. La rete degli acquedotti ha mediamente 32 anni di vita…Un terzo degli acquedotti italiani non è stato oggetto di interventi di manutenzione straordinaria negli ultimi 20 anni….Direttamente legati alla vetustà degli impianti ed alla diminuzione degli investimenti sono i problemi delle perdite di rete, un mix di perdite fisiche involontarie, volontarie, allacciamenti abusivi e usi non contabilizzati…Le stime evidenziano che mediamente il 42% del volume di acqua erogato viene disperso..>>.

L’efficienza di ogni sistema dipende fortemente dal quadro regolatorio di riferimento e tanto più questo appare chiaro e puntuale e tanto più può essere in grado di definire con sufficiente certezza ruoli e funzioni, responsabilità ed obiettivi, nonché di prevedere ed evitare fenomeni elusivi di aggiramento delle norme e, quindi, delle finalità che le stesse si prefiggono di conseguire.
Proprio questi paiono i punti dolenti ed i limiti dell’attuale sistema!

In particolare, le critiche del Co.Vi.RI. si sono appuntate sugli aspetti inerenti la separazione dei ruoli, di governo e gestione,  evidenziando una situazione di sostanziale debolezza, istituzionale e tecnica, dei soggetti chiamati ad assolvere le funzioni di governo rispetto a quelli affidatari della gestione, nonché l’emergere di un diffuso quanto dannoso “conflitto di interessi” tra le due posizioni.

Gli Enti locali, in virtù dei compiti loro affidati dalla riforma del 1994, tra cui quello di mantenere il controllo del servizio idrico attraverso la nomina di propri rappresentanti nelle Autorità d’Ambito, hanno finito per assumere tanto la veste di regolatori quanto quella di partecipanti alla gestione del servizio, ricevendo da queste partecipazioni importanti afflussi di risorse per i propri asfittici bilanci.
Si è, così, venuta a creare una confusione, o meglio, una tendenza alla sovrapposizione di ruoli e competenze idonea a configurare un vero e proprio “conflitto di interessi”, che ha rallentato quel processo virtuoso di trasformazione dell’assetto del sistema idrico nazionale, che nelle intenzioni del Legislatore della riforma doveva essere uno dei punti qualificanti del nuovo modello.

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