Il Sistema Idrico Integrato tra conflitti d’interesse e ruolo delle Autorità di vigilanza.
Infatti, benché prevista ed introdotta come forma di affidamento residuale ed eccezionale, nei casi in cui gli enti pubblici titolari del capitale sociale si trovino ad esercitare un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ed a condizione che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano, oltre a trovare riscontro in “obiettive ragioni tecniche od economiche”, è divenuta, in breve, vero e proprio strumento di gestione ordinaria del Servizio Idrico Integrato.
Alcuni dati forniti possono aiutare a comprendere meglio le dimensioni del fenomeno: gli ATO previsti a livello nazionale sono 92, di questi ben 67 hanno effettuato l’affidamento del SII a 106 soggetti gestori, i quali sono stati individuati nel seguente modo:
a) 5 mediante affidamento con gara a privati;
b) 31 con affidamento in favore di società a capitale misto, sia con partner selezionato mediante procedura ad evidenza pubblica (n.15) che con socio quotato in borsa (n.16);
c) 64 a società interamente pubbliche;
d) 6 con altre tipologie non pienamente in linea con le forme previste dall’art.113 del Dlgs 267/00.
Da ciò emerge che in ben il 60% dei casi si è proceduto ad affidamento diretto in favore di società pubblica con la formula dell’in house.
Secondo quanto si apprende dal Co.Vi.RI l’in house è stato, negli anni, sempre più frequentemente utilizzato <<per perpetuare le precedenti forme della gestione del servizio idrico e, comunque, per preservare il potere di controllo degli enti locali…in casi in cui esistevano società per azioni aventi causa da preesistenti aziende speciali, queste sono state talvolta trasformate nei soggetti destinatari dell’affidamento del servizio secondo la forma dell’in house, oppure è stata creata una società contenitore i cui soci sono ex aziende speciali o enti locali>>.
Il frequente ricorso a tale forma di affidamento ha, tra l’altro, sollevato perplessità anche nelle istituzioni comunitarie, specie per quanto attiene alla tutela della libera concorrenza, che l’UE considera minacciata dalla eccessiva disinvoltura con la quale l’in house viene adottato in taluni settori e mercati.
Gli stessi giudici comunitari, in più occasioni, hanno richiamato al rispetto dei requisiti e delle condizioni che giustificano il ricorso all’in house.