Il Sistema Idrico Integrato tra conflitti d’interesse e ruolo delle Autorità di vigilanza.
Un insieme di obiettivi che dovevano consentire di trainare il sistema precedente, caratterizzato da un’elevata frammentazione (circa 9 mila diversi enti di gestione di servizi idrici), verso quello dei cd. Ambiti Territoriali Ottimali che, per ragioni di efficienza, efficacia ed economicità delle gestioni, ma anche per esigenze di carattere ambientale, dovevano assumere dimensioni territoriali considerevolmente più ampie rispetto a quelle comunali e rendere possibile, finalmente, l’approdo a gestioni di tipo industriale, così da assicurare l’accorpamento di funzioni e servizi, e consentire lo sfruttamento, con economie di scala e di scopo, dell’intero ciclo delle acque (distribuzione, raccolta e depurazione).
L’Ambito Territoriale Ottimale veniva a porsi come la circoscrizione geografica delimitante i confini della rete infrastrutturale e della gestione del servizio sulla quale esercitare una potestà di governo e regolazione unitaria, quasi sempre coincidente con il territorio provinciale.
Definiti gli Ambiti Territoriali, scorporate le funzioni di governo da quelle di gestione del servizio, con affidamento al soggetto pubblico delle responsabilità di determinazione, controllo e garanzia degli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati, nonché di programmazione e definizione dei costi e degli investimenti, ed affidamento al soggetto privato (o misto) della gestione, con compiti tipicamente imprenditoriali, quali la produzione e distribuzione del servizio a fronte della riscossione delle tariffe previste, il percorso di industrializzazione del sistema idrico nazionale poteva immaginarsi, in buona sostanza, concluso.
Il passaggio da un sistema frammentato sulle singole comunità locali ad uno strutturato su dimensioni territoriali importanti, e quindi in grado di offrire bacini di utenza sostanziosi, avrebbe dovuto favorire il ricorso ad investimenti rilevanti, specie sotto il profilo infrastrutturale, consentendo l’ammodernamento della rete, in gran parte vecchia già decenni orsono, così da migliorare la qualità del servizio e renderlo, anche economicamente, più vantaggioso (attraverso la tariffazione) sotto il profilo della gestione.
Possiamo, allora, oggi considerare raggiunti tutti questi importanti obiettivi? Possiamo affermare di beneficiare di un servizio idrico efficiente ed in linea con gli standard europei? Qual è lo scenario prodotto dagli interventi legislativi succedutisi dal 1994 ad oggi?
Questi interrogativi sembrano trovare alcune risposte nelle numerose, quanto dettagliate, osservazioni formulate dal Comitato di Vigilanza sull’uso delle Risorse Idriche, contenute nella Relazione annuale al Parlamento per l’anno 2007.
Va premesso che tali osservazioni non inducono all’ottimismo ed anzi rafforzano le convinzioni di quanti considerano gli obiettivi indicati dalla legge di riforma ancora lontani dall’essere pienamente conseguiti.