Le criticità ambientali come questione istituzionale
Una idea del modello operativo che seguiremo fino alla conferenza di Copenaghen ed al perfezionamento dei relativi strumenti di ratifica che gli Stati vorranno adottare, emerge da brevi report relativi a recenti lavori e studi che forniscono ulteriore conferma alle risultanze delle analisi effettuate a livello istituzionale e sopra sintetizzate.
A. Tra i lavori effettuati dalla comunità scientifica statunitense che confermano le preoccupazioni emerse in sede internazionale con riferimento al fenomeno del “Global Worming” si segnala il libro del Professor Kerry Emanuel del MIT che può essere, in estrema sintesi, riepilogato come segue[3]:
“(…) La terra continuerà a riscaldarsi ulteriormente da 2 a 4° C. (…)
(…) Si prevede inoltre che il riscaldamento delle regioni già calde – i tropici – sarà leggermente più ridotto, mentre quello delle regioni fredde, come quelle artiche, sarà più consistente. (…)
(…) Le temperature notturne aumenteranno peraltro più rapidamente di quelle diurne.
(…) Le ondate di caldo saranno più frequenti e intense. (…)
(…) I costi del condizionamento dell’aria saliranno. (…)
(…) Le zone fertili subtropicali potrebbero diventare incoltivabili. (…)
(…) E’ possibile che con l’aumento della temperatura delle regioni polari grandi porzioni di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide si sciolgano innalzando il livello del mare. (…)
(…) Attualmente disponiamo di conoscenze ancora troppo limitate della fisica del ghiaccio sotto pressione per prevedere come esso reagirà all’aumento della temperatura, ma se l’intera calotta glaciale della Groenlandia dovesse sciogliersi, il livello del mare salirebbe di 6,5 m circa – sommergendo numerose regioni costiere come la Florida meridionale e la parte bassa di Manhattan. (…)
(…) Gli uragani reagiscono all’innalzamento della temperatura della superficie marina più rapidamente di quanto ci aspettassimo, in particolare nell’Atlantico settentrionale, dove la quantità totale di potenza immessa dai cicloni tropicali è aumentata di circa il 60% dagli anni ’70. (…)
(…) La quantità di vapore acqueo nell’aria cresce esponenzialmente con la temperatura, per cui una variazione di 4 ° C produce un aumento del vapore acqueo del 25% circa (…). I modelli [climatici] risolvono questo dilemma prevedendo piogge più abbondanti nelle zone già piovose e allo stesso tempo siccità di maggior intensità, durata o estensione geografica. In un mondo più caldo, quindi, sia il pericolo di inondazioni che di siccità sembrano aumentare considerevolmente. (…)”
Note
3. Nel seguito vengono riprodotti alcuni brani del lavoro del Prof. Kerry Emanuel titolato What We Know About Climate Change – The Mit Press / Boston Review Books 2007 – Edito nel 2008 in Italia da Il Mulino↑