Le criticità ambientali come questione istituzionale
7. Il percorso sino ad oggi effettuato dalla comunità internazionale per dare risposte alla complessa tematica delle criticità ambientali è stato, come noto, molto articolato ed impegnativo con risultati sino ad ora parziali e comunque insufficienti. La riduzione delle emissioni di gas serra del 5,2% nel periodo 2008-2012 prevista dal protocollo di Kyoto è stata considerata da numerosi commentatori un target molto limitato da un punto di vista quantitativo. Infatti è stato autorevolmente evidenziato che, se si considera l’andamento globale delle emissioni di gas serra allo stato attuale, si prefigura un balance finale di riduzione di meno del 2% dei livelli di riferimento di emissione globale. E’ stato calcolato che la riduzione delle emissioni del 5,2% nel periodo 2008-2012 significa per la UE l’8%, per il Giappone il 6% , per gli USA (che, come noto, non hanno ratificato il protocollo di Kyoto e che non hanno conseguentemente assunto alcuna obbligazione) un teorico 7%, per l’Italia il 6,5%. Si aggiunga che non sono sottoposti a vincoli di riduzione delle emissioni dei giganti quali la Cina e l’India che, soprattutto nella fase attuale, contribuiscono ampiamente al degrado ambientale. Probabilmente è giusto considerare il protocollo di Kyoto come un risultato con molti limiti sia sotto il profilo quantitativo sia sotto il profilo del mix qualitativo dei soggetti obbligati a realizzare il programma di riduzione delle emissioni. Non devono però sfuggire due aspetti fondamentali a livello di metodo e di definizione/qualificazione della fase attuale della vicenda del “ Global Warming”.
In primo luogo dobbiamo essere consapevoli che il processo internazionale di gestione globale delle criticità ambientali sarà di lungo periodo, di “lunga durata” per utilizzare una espressione cara a Braudel, dove il percorso conoscitivo e decisionale in ordine al grave problema ambientale si incrocerà con i processi socio-economici, con i “destini collettivi” che lo stesso Braudel ha ricordato nelle sue opere.
Avremo un processo denso di inerzie, di ripensamenti, di “stop and go”, di incertezze, di processi di maturazione a volte non veloci, ma tale scenario non deve portare ad una visione pessimistica della situazione, perchè questa è la realtà del procedere della storia e in questo specifico fluire occorre impegnarsi nella ricerca di soluzioni. Non deve peraltro essere sottovalutato l’altro aspetto costituito dalla progressiva accelerazione dei fenomeni negativi derivanti dal “Global Warming”. Da un lato, quindi, la “lunga durata”, dall’altro la velocità inaspettata delle evoluzioni negative delle malattie del nostro Sistema-Pianeta.
Rispetto a tale situazione, per certi versi drammatica, si impongono ulteriori riflessioni. La prima porta ad individuare, in via generale, una evoluzione positiva. In realtà si sta passando, tra tante difficoltà, dalla fase della presa di coscienza alla fase della produzione normativa, si sta passando dal “cognitivo” al “normativo”. Ed in questo processo evolutivo il protocollo di Kyoto ha rappresentato un momento importante. Tutte le sedi internazionali competenti non discutono più sulla esistenza o meno delle criticità ambientali ma stanno preparando accuratamente i passi negoziali e formali che porteranno, come previsto, alla fondamentale Conferenza di Copenhagen. Una conferma di tale tendenza al cambiamento di fase è costituita dalle citate dichiarazioni dei rappresentanti delle maggiori economie mondiali rese in occasione del G8 tenutosi ad Osaka nel Luglio 2008.