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Regolazione e programmazione a vent’anni dalle liberalizzazioni dei settori dell’energia

di - 26 Gennaio 2016
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Vi è anche una seconda area di mutamento che è interessante illustrare, seppure in sintesi, derivante sempre dalla diffusione dei nuovi sistemi di auto-produzione – nelle varie versioni di rete privata, sistema di distribuzione chiuso, sistema semplice di produzione e consumo, ecc. Questa seconda area considera l’effetto delle scelte di investimento.
Infatti, seguendo l’approccio tradizionale, alla regolazione e programmazione, in questa parte della filiera elettrica, è sostanzialmente chiesto di fare in modo che le reti siano una sorta di campo neutrale, in cui la concorrenza fra i produttori consenta di minimizzare il costo e il prezzo di vendita dell’energia ai clienti finali. Quindi, il focus è sugli investimenti (oltre che sulla minimizzazione dei costi di dispacciamento, a cui è stato fatto cenno poco sopra), in modo da annullare, o almeno ridurre in modo consistente, le congestioni (che impediscono, a loro volta, il pieno esplicarsi della concorrenza fra produttori).
In tale ambito, l’ulteriore ripartizione di compiti fra regolazione e programmazione (nel caso questa sia presente) assegna alla prima la definizione di una sorta di menù che fissa la tariffa che il gestore della rete ha diritto di incassare a fronte di ogni azione pattuita (in termini di investimento, oltre che per la gestione del sistema esistente), mentre alla seconda si affida il compito di disegnare, almeno nelle sue linee essenziali, lo sviluppo della rete che si chiede al gestore di realizzare nel futuro, a breve e medio termine.
I nuovi sistemi e le nuove applicazioni, come evidenziato sopra, rendono spesso l’investimento in rete solo una fra le opzioni alternative volte a minimizzare o annullare la congestione (o in generale, altre inefficienze o malfunzionamenti), essendo disponibili, ad esempio, la possibilità di auto-produrre (cioè, di localizzare l’impianto di generazione presso il punto di prelievo), di modulare i consumi – riducendoli automaticamente in casi di presenza di criticità contingenti nel dispacciamento dell’energia – nonché, addirittura, di stoccare l’energia prodotta in eccesso ai consumi per poterla consumare in un secondo momento.
In sostanza, le decisioni del regolatore, del programmatore e dell’operatore di mercato sono ancora più mutuamente dipendenti rispetto a quanto lo fossero nel sistema tradizionale (in cui, evidentemente, la decisione di investire in capacità di rete e di produzione erano comunque correlate fra loro, sebbene in misura meno marcata).
Il punto aperto di discussione, non solo in Italia, riguarda come incorporare tali maggiori interdipendenze in un corretto sistema di regole.
Uno sviluppo in atto, proveniente dai paesi anglosassoni, ma in via di trasposizione in altri contesti nazionali fra cui quello italiano, si sostanzia in una modifica dei criteri di regolazione in uso e assume diverse denominazioni: totex, cioè total expemditures, output based, outcome based. In estrema sintesi, se nel sistema elettrico sono disponibili più opzioni per raggiungere lo stesso scopo, è necessario modulare la regolazione sullo scopo medesimo e non più sui costi degli input necessari per raggiungerlo. A tal fine, dunque, si identifica un obiettivo e si identificano premi e penali per l’impresa regolata, in caso di totale, parziale o mancato raggiungimento del medesimo, superando i metodi in uso che, in larga misura, sono ancorati agli input, cioè ai singoli atti che l’impresa regolata (il gestore di rete, nel nostro caso) adempie.
Pur essendo di grande interesse, questa modifica è in gran parte interna ai rispettivi campi di competenza di regolazione, programmazione e mercato. Infatti, è comprensibile anche senza entrare nel merito di ciascun nuovo criterio che l’output, il totex, ecc. – l’obiettivo, in sostanza – non può che riguardare le azioni che il gestore di rete ha nella propria disponibilità. Dunque, se e in che misura dare la possibilità a imprese terze (non al distributore) di effettuare i vari interventi alternativi fra loro è un problema che questo nuovo insieme di metodi non affronta.
Questo aspetto è assai complesso ed è difficile prevedere quale configurazione prevarrà, cioè in che misura il monopolio locale dei gestori di rete verrà ridotto di entità. Constatando il recente andamento del settore, non solo a livello italiano, è probabile che non vi sarà solo un assetto stabile e omogeneo in tutte le situazioni. In qualche circostanza il distributore manterrà probabilmente pressoché invariato il proprio perimetro di azione, in altre le modifiche potrebbero essere sostanziali.
Al di là di ciò, i mutamenti tecnologici e i nuovi criteri di regolazione hanno una interessante ricaduta anche sul rapporto fra la stessa regolazione e la programmazione.
Infatti, ancora una volta anche senza entrare nel merito dei nuovi criteri regolatori in trasposizione, definire l’obiettivo per l’impresa regolata implica, ovviamente, la definizione dell’insieme degli atti di cui viene chiesto il raggiungimento, pena la decurtazione o l’annullamento della tariffa (al limite, la sanzione). Il che vuol dire che nel momento in cui si fa regolazione si fa anche programmazione.
E, come conseguenza, delle due l’una: o la programmazione è già disponibile nel momento in cui si vara il sistema tariffario – nel qual caso, il regolatore recepisce il programma adempiendo al suo compito – oppure il regolatore, definendo l’obiettivo e in assenza di input esterni dell’esecutivo, determina implicitamente con la tariffa anche il corrispondente programma.
Anche per questa area di problemi, non è ancora evidente, almeno nel caso italiano, cosa accadrà e come questa ambivalenza verrà risolta.

Due ulteriori considerazioni.
In chiusura, due considerazioni di carattere generale.
La prima concerne i meccanismi logici e gli strumenti alla base della regolazione e della programmazione. Ancora una volta prescindendo dai singoli aspetti tecnici, dovrebbe apparire evidente che la mutua dipendenza fra le varie azioni disponibili in un sistema elettrico accentua una caratteristica che, a dire il vero, era comunque presente anche nel passato: per determinare un programma in modo adeguato è necessario comprendere le conseguenze economiche delle varie opzioni disponibili (cioè, comprendere almeno nelle linee generali quale regolazione verrà implementata), così come per comprendere pienamente le conseguenze di un determinato schema regolatorio deve essere noto (almeno nelle sue linee generali) il programma che verrà formulato.  Come dire che regolazione e programmazione hanno molte aree di sovrapposizione e potrebbero anche essere considerate in gran parte come parti di una stessa attività.
Dunque, le rispettive gelosie fra regolatore ed esecutivo sono, per così dire, ben comprensibili e, purtroppo, difficilmente superabili se non in via pragmatica, trovando cioè mutue compensazioni e opportuna collaborazione.
La seconda considerazione riguarda gli strumenti da utilizzare per regolare e programmare. Spero sia evidente come le questioni siano assai complesse. Il calcolo e i metodi quantitativi, indubbiamente, non possono tutto perché – in gran parte dei casi – permane sia nella regolazione che nella programmazione una certa discrezionalità in ordine alle scelte da adottare.
Detto questo, in un momento come l’attuale in cui – anche a seguito della profonda crisi economica che stiamo vivendo da anni – la fiducia nella tecnocrazia è in forte calo e ogni questione complessa sembra poter essere risolta in via intuitiva, il valore degli strumenti accumulati in due decenni di attività delle autorità di regolazione, ribadendo ancora una volta non solo per energia e non solo in Italia, costituiscono una preziosa scatola di strumenti che va salvaguardata.
Tenendo altresì conto che il calcolo e i metodi quantitativi, se utilizzati con raziocinio e con trasparenza, sono ancora oggi la migliore ricetta da utilizzare per prendere una decisione in modo aperto e democratico.

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