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La mitologia della “specialità” ed i problemi reali della giustizia amministrativa

di - 7 Ottobre 2015
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E’ sempre in questa prospettiva che deve leggersi quella parte della sentenza n. 204/2004[27] che esamina il potere riconosciuto dal giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. Nel far salvo dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale l’art. 35 del D.L. n. 80 del 1998 (come sostituito dalla legge n. 205 del 2000), la Corte sottolinea come l’attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria costituisca “uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio e/o conformativo, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica Amministrazione”. E l’attribuzione di tale potere giurisdizionale trova giustificazione, da parte della Corte costituzionale, non soltanto nella pienezza della “dignità di giudice” che si è riconosciuta al giudice amministrativo, ma anche nella esigenza di pienezza della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive. La Corte infatti riconosce che essa “affonda le sue radici nella previsione dell’art. 24 Cost., il quale garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela, implica che il giudice sia munito di adeguata tutela”.
Si tratta, del resto, di conclusioni che la stessa giurisprudenza costituzionale aveva già raggiunto in passato[28] e che sono state ribadite con estrema chiarezza laddove si ricorda che “l’art. 24 Cost. assicura agli interessi legittimi le medesime garanzie assicurate ai diritti soggettivi quanto alla possibilità di farli valere davanti al giudice ed alla effettività della tutela che questi deve loro accordare”. Ma sul tema si avrà modo di tornare (v. infra) in merito alla giurisdizione del giudice amministrativo sull’azione di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi.
Che il sistema della giustizia amministrativa si indirizzasse verso una piena giurisdizione era una acquisizione che la dottrina aveva segnalato al primo apparire delle novità legislative e giurisprudenziali di fine secolo[29]. Oggi la Corte costituzionale ha riconosciuto come pienamente compiuto quel percorso e pone un freno significativo ad ogni ipotesi di ritorno al passato. Indipendentemente dal riferimento all’art. 35 del D.L.vo n. 80 del 1998 e quindi alle ipotesi di giurisdizione esclusiva, infatti, la Corte segnala come il superamento del sistema che prevedeva la giurisdizione amministrativa per l’annullamento di un atto amministrativo e la giurisdizione ordinaria per il risarcimento dei diritti patrimoniali consequenziali, “con i relativi gradi di giudizio”, “costituisce null’altro che attuazione del precetto di cui all’art. 24 Cost.”, ed anche dell’art. 111 Cost.[30] cui fa espresso riferimento la successiva sentenza C. cost. n. 191/2006.
La giurisprudenza costituzionale appena ricordata è molto più utile di ogni sforzo dottrinario per sfatare il mito della specialità del giudice amministrativo, di una specialità declinata in termini di diminuita o insufficiente garanzia di indipendenza ed imparzialità. In realtà, come si è già accennato, quella contiguità con il potere pubblico (e più in particolare con il Governo) su cui tanto si è scritto[31], se da un lato pare oggi grandemente attenuata se non dissolta grazie alla scelta dei Ministri del Governo in carica di non avvalersi nei propri Uffici di staff dell’opera di magistrati amministrativi (se non in ridottissima misura); dall’altro lato, è stata da molti anni sottoposta a precise regole deontologiche per l’esercizio della funzione giurisdizionale[32] e al controllo di Istituzioni di garanzia[33], come accade anche per la magistratura ordinaria[34].

4. Il giudice amministrativo indipendente ed imparziale nella giurisprudenza costituzionale.
Se si mettono da parte i miti, allora, si vede come il vero tema non è tanto quello di assicurare la unicità o meglio la riduzione ad unità delle giurisdizioni, quanto piuttosto assicurare la unità ed effettività della funzione giurisdizionale.
Ed anche rileggendo la giurisprudenza costituzionale si avrà conferma di quanto siano fondate le posizioni di quella parte della dottrina[35] che sottolinea la centralità dell’esigenza di assicurare la eguaglianza e la effettività delle garanzie giurisdizionali a tutela di situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo da parte del giudice amministrativo. E ciò sia con riferimento ai profili dinamici, attinenti al sistema delle azioni processuali esperibili davanti al giudice amministrativo, ai mezzi istruttori ed ai poteri decisori di tale giudice ed al sistema delle impugnazioni ordinarie e straordinarie; sia con riferimento ai profili statici attinenti alla struttura ed alla organizzazione dell’ordine giurisdizionale amministrativo.
Non è questa la sede per soffermarsi sui profili dinamici, in questa sede occorre soffermarsi sui profili statici della garanzia costituzionale della giurisdizione amministrativa a tutela delle situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo.
Così come per i diritti soggettivi, anche per gli interessi legittimi gli organi giurisdizionali hanno il compito di garantire l’effettiva osservanza delle norme poste dalla Costituzione. Da ciò deriva l’importanza della funzione giurisdizionale negli ordinamenti civili volta ad assicurare in modo efficace, indipendente ed imparziale la composizione delle controversie ed il rispetto delle norme violate, al fine di garantire la pacifica convivenza e l’ordinato vivere civile[36]. La garanzia contenuta nell’art. 24 Cost. afferma in primo luogo che solo il giudice può concedere o negare la tutela, verificandone in giudizio i presupposti. Pertanto le norme che direttamente o indirettamente sottraggono all’autorità giudiziaria, in tutto o in parte, il “giudizio” violano il precetto costituzionale. Ed è su questo punto che deve segnalarsi il primo significativo contributo della giurisprudenza costituzionale.
Con una serie di pronunce che si susseguirono in un decennio (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta dello scorso secolo), la Corte procedette a dichiarare costituzionalmente illegittimi una serie di organi non giurisdizionali cui la legislazione anteriore alla Costituzione affidava la tutela di situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo. Come è ben noto, al momento della entrata in vigore della Costituzione esistevano alcuni organi amministrativi (Giunte provinciali amministrative e Consigli di prefettura “in sede giurisdizionale”, Consigli comunali e provinciali in sede di contenzioso elettorale) la cui sopravvivenza era consentita dalla IV disp. trans. della Costituzione. Dopo oltre quindici anni dalla entrata in vigore della Costituzione ed in assenza di un intervento del legislatore ordinario che ponesse fine al periodo transitorio, la Corte costituzionale ritenne di dover assicurare che la tutela degli interessi legittimi non fosse ulteriormente sottratta alla giurisdizione amministrativa[37].

Note

27.  Il riferimento è al par. 3.4.1.

28.  Si pensi alla sentenza di Vincenzo Caianiello, Corte cost. n. 177/1995, in materia di opposizione di terzo nel processo amministrativo. Per un approfondimento, A. Police, L’opposizione di terzo nel processo amministrativo: la Corte costituzio­nale anticipa il legislatore, in Giur. it., 1995, I, 1, 512 ss.
Ma in realtà, si tratta di affermazioni ricorrenti, soprattutto in relazione a tutti i dubbi di legittimità costituzionale sollevati con riferimento al difetto di pienezza ed effettività della tutela del giudice amministrativo come giudice esclusivo dei diritti soggettivi nell’impiego pubblico prima della privatizzazione. Cfr. in particolare le sentenze C. cost. n. 47/1976 e n. 43/1977 e n. 100/1979 (seguita dalle ordinanze di manifesta infondatezza nn. 23 e 90/1980), in materia di assegnazione e revoca degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Si vedano altresì le sentenze di rigetto n. 140/1980, in materia di assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni, n. 185/1981, in materia di liquidazione dell’indennità di buonuscita dei dipendenti statali, e n. 208/1984, in materia di sanzioni disciplinari a carico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, le quali si sono ampiamente riportate a quanto deciso in materia di pubblico impiego con le citate sentenze n. 47/1976 e n. 43/1977.
In tempi più recenti, la questione di legittimità costituzionale dell’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie sui provvedimenti disciplinari a carico dei cd. autoferrotranvieri, personale ormai in servizio sempre più presso enti privati (o almeno formalmente tali) che presso enti pubblici economici, è stata nuovamente e ripetutamente sollevata, ma la Corte ha continuato a dichiararla infondata pure dopo l’attribuzione al giudice ordinario della generalità delle controversie sui rapporti di pubblico impiego privatizzati (incluse quelle relative alle sanzioni disciplinari), seguitando a sottolineare, per quanto qui rileva, che la tutela offerta dinanzi al giudice amministrativo non è, in via di principio, “meno valida” o “meno vantaggiosa o appagante” di quella disponibile davanti al giudice ordinario (si cfr. la sentenza di rigetto n. 62/1996 e le ordinanze di manifesta infondatezza n. 161/2002, n. 439/2002 e n. 301/2004).

29.  Il riferimento è a S. Cassese, Verso la piena giurisdizione del giudice amministrativo. Il nuovo corso della giustizia amministrativa italiana, in Giorn. dir. amm., 1999, fasc. 12, 1221 ss. Si veda, diffusamente, A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, vol. I, Padova, 2000.

30.  Su cui si ricordano le pagine di E. Piccozza, Il giusto processo amministrativo, in Cons. St., 2000, II, 1061 ss. Si veda, più ampiamente, S. Tarullo, Il giusto processo amministrativo, Milano, 2004; e più di recente F.F. Guzzi, Effettività della tutela e processo amministrativo, Milano 2013.

31.  Per un approfondimento da ultimo L. Ferrara, Attualità del giudice amministrativo, cit., spec. 565 ss.

32.  Per un approfondimento sia consentito il rinvio ad A. Police,  Riflessioni in tema di deontologia e giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2010, 23 ss.

33.  Per un approfondimento sia consentito il rinvio ad A. Police, Le garanzie istituzionali dell’indipendenza dei giudici amministrativi in un confronto tra diversi modelli di autogoverno, in Scritti in onore di Paolo Stella Richter, Napoli, 2013, vol. I, 361 ss.

34.  Ciò senza dire che analoghi dubbi potrebbero ben essere sollevati con riguardo ad alcuni giudici ordinari. Si veda R. Garofoli, Unicità della giurisdizione ed indipendenza del giudice: principi costituzionali ed effettivo sviluppo del sistema giurisdizionale, in Dir. proc. amm., 1998, 165.

35.  Il riferimento è all’articolo di M. Clarich, Quello sterile pressing sulla giustizia amministrativa che elude la sfida di far funzionare meglio i processi, in Guida al Dir., n. 21 del 17 maggio 2014.

36.  Anche la giurisprudenza Comunitaria ritiene che per organo giurisdizionale debba intendersi un organo di origine legale, dotato dei caratteri della permanenza e dell’indipendenza, la cui giurisdizione sia obbligatoria e il cui procedimento sia ispirato alla regola del contraddittorio ed alla applicazione di regole giuridiche: v. Corte di Giust. C.E., 30 giugno 1966, in causa 61/65, Goebbles, in Racc., 1966, 407; Corte eur. dir. uomo, 25 settembre 1997, Aydin, in Racc., 1977, 1866. In più occasioni la Corte di Strasburgo ha avuto modo di acclarare violazioni del “diritto al giudice” da parte degli Stati europei. In una interessante pronuncia che ha interessato il nostro Paese la Corte ha ritenuto lesive del “diritto al giudice” alcune disposizioni in materia di sfratti che consentivano alle Prefetture la graduazione dell’esecuzione degli stessi in assenza di controllo giurisdizionale (Corte di Giust. C.E., 28 luglio 1999, Società Immobiliare Saffi, in Guida al Dir., 25 settembre 1999, 132). Come è stato evidenziato da Autorevole dottrina (L.P. Comoglio, Valori etici e ideologie del “giusto processo” (modelli a confronto), in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1998, 896) il “diritto al giudice” , condiviso dalla Corte di Giustizia, si inserisce nel nucleo centrale del modello giustiziale accolto dal costituzionalismo moderno.

37.  Si fa riferimento a C. cost. n. 133/1963, sull’istituto del “Ministro giudice” (il Potere del Ministro per la marina mercantile di decidere sui ricorsi contro i provvedimenti che determinano le indennità di requisizione delle navi); a C. cost. n. 93 del 1965, sui Consiglio comunali quali organi del contenzioso elettorale; a C. cost. n. 55/1966, sui Consigli di prefettura in sede giurisdizionale, su cui la nota di F.G. Scoca, Il contenzioso contabile dopo la dichiarazione di incostituzionalità dei Consigli di prefettura, in Giur. cost., 1966, 1485 ss.; a C. cost. n. 30/1967, sulle Giunte provinciali amministrative; a C. cost., n. 33/1968, sulla Giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d’Aosta. Ancora si veda C. cost., n. 49/1968, con nota di M.S. Giannini, Una sentenza ponte verso i Tribunali amministrativi, in Giur.cost., 1968, ed ora in Scritti, vol. V, Milano, 2004, 925 ss.; ed ancora a C. cost., n. 128/1974, sul Presidente del Consorzio autonomo del porto di Genova a decidere sui provvedimenti amministrativi dell’Ente. Senza dire delle pronunce relative a giurisdizioni diverse da quella amministrativa: C. cost., n. 60/1969, sui poteri dell’Intendente di finanza (ma con riferimento alla giurisdizione penale); C. cost., n. 121/1970, sui poteri dei Comandanti di porto (sempre con riferimento alla giurisdizione penale); C. cost., n. 164/1976, sempre sui poteri dei Comandanti di porto, in materia di sinistri marittimi.

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