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Riforma delle tariffe elettriche: miglioramenti di efficienza o un altro taglio allo stato sociale?

di - 16 Aprile 2015
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La prima reazione che la lettura del d.lgs. 102/2014 produce su chiunque sia familiare con le tariffe elettriche in Italia e più in generale con la regolamentazione dei servizi a rete, dei quali il settore energetico è il più importante e quello con maggiore tradizione, è di perplessità se non di stupore. Le ragioni di perplessità sono varie e di diversa natura. Innanzitutto, considerando che il decreto recepisce la direttiva europea 2012/27 “sull’efficienza energetica” può sembrare strano non si parli solo di problemi di efficienza relativamente al nostro paese, ma si utilizzi il decreto per far passare, in maniera quasi inosservata, una vera riforma delle tariffe elettriche domestiche. L’art 1, sulle Finalità recita infatti: “Il presente decreto, in attuazione della direttiva 2012/27/UE e nel rispetto dei criteri fissati dalla legge 6 agosto 2013, n. 96, stabilisce un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica che concorrono al conseguimento dell’obiettivo nazionale di risparmio energetico indicato all’articolo 3”. Ma poi aggiunge: “Il presente decreto, inoltre, detta norme finalizzate a rimuovere gli ostacoli sul mercato dell’energia e a superare le carenze del mercato che frenano l’efficienza nella fornitura e negli usi finali dell’energia”. Il lettore cerca di prefigurarsi a quali ostacoli sul mercato dell’energia e a quali carenze che frenano l’efficienza nella fornitura e negli usi finali il decreto si riferisca e trovando questo esercizio alquanto difficile si mette a leggere il decreto con genuina curiosità. Il contenuto degli articoli ha la sua coerenza con la roadmap europea finché si arriva all’art. 11, titolato: Trasformazione, Trasmissione e Distribuzione dell’Energia, e che contiene le risposte alle modalità scelte per rimuovere gli ostacoli e le carenze e non ha niente a che fare con la Direttiva. Al terzo comma dell’articolo 11 è detto con chiarezza: “Con uno o più provvedimenti e con riferimento ai clienti domestici, l’ Autorità per l’energia elettrica e il gas ed i servizi idrici[1], adegua le componenti della tariffa elettrica da essa stessa definite, con l’obiettivo di superare la struttura progressiva rispetto ai consumi e adeguare le predette componenti ai costi del relativo servizio, secondo criteri di gradualità”. Dunque gli ostacoli e le carenze sono rappresentate dalla struttura progressiva delle tariffe? Si direbbe di sì e si direbbe anche che la massima preoccupazione sia di far adeguare le componenti ai costi del servizio con buona pace degli utenti. Così, se non fosse per il cenno ai criteri di gradualità, che incidentalmente svela come vi sia consapevolezza dei mutamenti non banali cui gli utenti vanno incontro, si potrebbe (o piuttosto si dovrebbe?) pensare che la rimozione degli ostacoli tramite la rimozione della progressività sia ovvia e che perciò ci sia ben poco da discutere. Ma così non è, e non solo per la prospettata pesante redistribuzione dei costi dai maggiori consumatori ai piccoli, indesiderabile per motivi sociali e ambientali, perché generalmente maggiori consumi sono associati a redditi più alti e perché non si deve incentivare il consumo bensì perseguire il risparmio energetico come da roadmap europea, ma soprattutto perché non è possibile trovare un valido nesso tra rimozione della progressività e miglioramenti di efficienza nella fornitura e nell’uso (più probabile sia vero il contrario). A ben guardare, la ratio economica della progressività nelle tariffe elettriche per le utenze domestiche (famiglie), ha almeno due robuste motivazioni. Essa è certamente legata allo scopo di disincentivare l’eccesso di consumi (=sprechi) tanto è vero che, ci ricorda la stessa Autorità per l’energia, fu introdotta quarant’anni fa quando le condizioni economiche create dal primo shock petrolifero, ben diverse dalle attuali, richiedevano la limitazione dei consumi. Che le condizioni attuali siano ben diverse è incontestabile[2] ma ciò non vuol dire che oggi si debba consumare più energia di quella strettamente necessaria, a meno che non si vogliano avvantaggiare i produttori. Inoltre, dati gli sforzi veri o dichiarati di perseguire modelli di crescita sostenibile, eliminare meccanismi che frenano l’eccesso di consumo non sembra una buona idea perché tale eccesso riduce la disponibilità per le generazioni future, eccetto il caso in cui, e non è il nostro, l’energia sia prodotta interamente da fonti rinnovabili. Inoltre, e proprio perché l’energia deriva all’80% da fonti fossili inquinanti, è del tutto coerente legare la tariffa al maggior danno prodotto dai maggiori consumi. In sintesi, da un punto di vista ambientale, il fondamento della regolamentazione tariffaria dovrebbe proprio restare il principio del “più consumi più paghi” perché maggior consumo significa maggiori inquinamento e scarsità futura. Analoga coerenza si riscontra da un punto di vista sociale. L’obiettivo della solidarietà sociale non può certo ritenersi un cardine obsoleto di vita civile tanto più che rispetto a quarant’anni fa i tassi di disoccupazione e di diseguaglianza sono ben più alti[3] e dunque il meccanismo della progressività è logico e desiderabile anche per questo motivo. Non mancano studi sull’efficacia delle tariffe progressive rispetto ai due obiettivi (disincentivo all’eccesso di consumo e redistribuzione) e per esempio Dehmel 2011[4], che si concentra su due casi concreti di tariffe progressive molto diverse tra loro, l’Italia e la California, mette in risalto proprio queste loro capacità e si chiede se non sarebbe opportuno introdurle anche in Germania. Ma direi che non ci sia bisogno di insistere su ciò perché gli effetti sono ben noti a tutti e certamente anche all’ Autorità per l’energia la quale infatti, a sostegno dell’art.11, “sposta” il fuoco del discorso sulla circostanza che, con la progressività nelle tariffe, si mettono in pratica “sussidi incrociati” tra gli utenti senza apertamente contestare la progressività né rendere esplicite le ragioni della sua posizione. In effetti, nella consultazione pubblica che essa ha portato avanti e che si è chiusa a metà marzo e sarà seguita da un’altra entro luglio 2015, ha giuocato sui sussidi incrociati e sulla retorica dell’efficienza. Non ha infatti presentato la variabilità delle tariffe al variare del consumo come politica di prezzi discriminati (pratica molto usata nell’offerta degli spettacoli teatrali, concertistici, circensi, ecc.) ma, evidenziando l’effetto sussidio tra gli utenti, ha finito per stimolare una facile reazione anti-redistributiva e a favore del superamento della progressività, rafforzata anche dagli asseriti miglioramenti di efficienza che, ovviamente, nessuno vuole ostacolare. Il tema dei sussidi incrociati non è certo banale e può essere affrontato in un’ottica nazionale e in quella europea. In Italia, com’è noto, uno dei cardini di gestione delle imprese pubbliche dei servizi a rete è sempre stato la discriminazione delle tariffe perché, in condizioni di monopolio, ciò consente di raggiungere l’efficienza ovvero la minimizzazione del costo totale (average cost pricing) oppure di espandere il servizio anche alle categorie di reddito più basse, cioè con disponibilità a pagare ben al disotto del costo medio, coprendo le perdite con l’eccedenza di prezzo praticabile sulle altre categorie. Tutto ciò, può dirsi, poteva essere valido in regime di monopolio pubblico, mentre oggi è superato dalla privatizzazione e liberalizzazione del mercato e ciò potrebbe essere vero se la concorrenza per il mercato avesse funzionato e oggi si fosse lontani dal monopolio (privato) almeno quanto basta per poter considerare il consumatore “protetto” dalle condizioni concorrenziali del mercato.

Note

1.  Useremo la forma abbreviata Autorità per l’energia.

2.  E tanto per citarne una rilevante, il prezzo del petrolio è oggi incredibilmente basso e lo è ormai da nove mesi: è intorno ai 50$ al barile dopo aver raggiunto, nel giugno scorso, il livello record di 140$.

3.  Per i tassi di disoccupazione si veda ISTAT; per quelli di disuguaglianza si veda OECD, 2011, Divided We Stand. Why Inequality Keeps Rising?, Paris.

4.  Dehmel C., “Progressive electricity tariffs in Italy and California – prospects and limitations onelectricity savings of domestic customers”, 2011, Transpose working paper, 10, Università di Munster,Social Science Open Access Repository,SSOAR

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