Shanghai Pilot Free Trade Zone

1. L’apertura della Shanghai Pilot Free Trade Zone (FTZ) è avvenuta, il 29 settembre 2013, in uno scrosciante clamore mediatico. L’entusiasmo è tuttavia scemato rapidamente, specie presso i più esperti osservatori occidentali, con la presa di coscienza del carattere provvisorio ed incompleto dell’insieme di disposizioni che disciplinano la FTZ.
Infatti, lo strumento giuridico principalmente utilizzato nella vasta schiera di regolamenti FTZ, comodamente raggruppati in un calderone chiamato Framework plan, è quello della deregulation: oltre all’introduzione di una fitta schiera di regolamenti, sono, infatti, numerosissime le deroghe alla legge ordinaria, nelle materie interessate.
Pertanto, sui regolamenti FTZ si riflettono molte delle peculiarità che caratterizzano l’ordinamento cinese. Ci riferiamo, in particolare, al numero elevatissimo di leggi e regolamenti, al contenuto spesso contrastante degli stessi, alla rapidità con cui vengono emendati, alla scarsa coerenza con la quale vengono applicati da funzionari e giudici, alla mancanza di una gerarchia rigida delle fonti del diritto.
A complicare ulteriormente il quadro, vi è, inoltre, un vuoto normativo sui rapporti che le imprese presenti nella FTZ avranno con il mercato cinese al di fuori di questa. Ad esempio, la vendita di videogiochi è da sempre riservata alle imprese cinesi. Dal momento che, dal 29 settembre, è consentito alle imprese straniere commerciare videogiochi all’interno della FTZ, ci si chiede, chiaramente, se sia possibile un passaggio materiale dei videogiochi dalla FTZ al mercato della Repubblica Popolare. Il Framework Plan (ancora[1]) non contiene alcun riferimento a questi problemi.
Un ulteriore fattore che ha sconfortato numerosi osservatori internazionali è la ampiezza della negative list. Aveva, infatti, destato molte speranze la notizia che all’interno della FTZ, contrariamente a quanto avviene in tutto il resto della Cina, sarebbero state consentite a soggetti non cinesi tutte le attività non espressamente incluse nella citata negative list, quindi una sorta di permesso residuale, una vera rivoluzione rispetto alla situazione attuale. Il problema è che questa include una lista sterminata di divieti: oltre 100 attività sono del tutto vietate o restricted [2][3]!
Il volume economico messo in moto dalla FTZ è, tuttavia, impressionante e non sembra subire flessioni. Molti dei maggiori operatori economici internazionali non attendono altro che una maggiore chiarezza normativa, per poi cogliere le opportunità offerte, mentre alcuni, più coraggiosi, sono già presenti al suo interno. È pertanto opportuno tentare di fissare qualche punto fermo nel turbinio di regole, entusiasmi ed incertezze che avvolgono la FTZ.
La regolamentazione FTZ promulgata il 29 settembre è ancora ampiamente incompleta. Non solo, come accennato in precedenza, mancano riferimenti ai rapporti tra FTZ e territorio a statuto ordinario, ma mancano persino regole complete che stabiliscano come fare ad ottenere uno spazio all’interno della FTZ. Inoltre, l’ampia negative list cui abbiamo già accennato è, secondo fonti più che autorevoli, destinata a ridursi rapidamente[4]. Se, da un lato, questo dato conferma che vi sarà un’evoluzione, e quindi maggiori opportunità, dall’altro rende difficile una pianificazione per gli operatori di mercato.
Gli ambiti di applicazione delle regole FTZ sono sei[5], ma a gennaio 2014, non sono ancora definiti nei loro contenuti esatti:

a) Misure volte a facilitare lo stabilimento in Cina di imprese straniere: saranno consentite tutte le attività imprenditoriali, al di fuori di quelle elencate nell’ormai nota negative list. Le materie liberalizzate attraverso la negative list sono sei: servizi finanziari, servizi logistici e di trasporto marittimo, servizi professionali, cultura, servizi pubblici.
b) Sarà inoltre abolito il regime di approvazione preventiva per l’esercizio di attività imprenditoriali in Cina, tutt’oggi in vigore. Le modalità con cui il regime sarà modificato non sono ancora state specificate, ma è certo che il passaggio sarà graduale.
c) Il secondo punto riguarda solo le imprese cinesi. Non dovranno più ottenere l’approvazione del Ministero del Commercio, per poter investire all’estero.
d) Le procedure doganali saranno modernizzate ed elevate a standard internazionali, al fine di promuovere la FTZ.
e) Misure volte a promuovere la FTZ come centro finanziario internazionale. La libera convertibilità dell’RMB sembra essere la principale tra queste.
f)  Regime fiscale favorevole.
g) L’autorità competente sulla gestione della FTZ sarà il governo locale di Shanghai. Regole municipali e nazionali, applicate a Shanghai, qualora dovessero ostacolare il funzionamento della FTZ, saranno disapplicate, eventualmente anche al di fuori dei confini della FTZ.

2. La prima domanda che ci si deve porre è se la FTZ sia una mera trovata pubblicitaria.
L’apertura della FTZ non deve essere interpretata come un provvedimento improvviso, dettato dal capriccio di una autorità locale o da opportunità economiche di breve respiro. Vi sono, anzi, numerosi elementi che ci consentono di rilevare immediatamente come l’apertura della FTZ sia una casella centrale all’interno di un piano economico a lungo termine, destinato a riformare profondamente l’economia cinese.
Innanzitutto la vera e propria parte normativa del Framework Plan è preceduta da un insieme di disposizioni programmatiche, da cui si ricava immediatamente che la FTZ, è stata programmata e stabilita in seguito ad una decisione strategica, presa dal Governo Centrale, e non dalla Municipalità di Shanghai. Funzione dichiarata di tale decisione strategica è di promuovere riforme strutturali, a seguito di una valutazione dei risultati raggiunti all’interno della FTZ. Oltre a riforme di respiro nazionale, il buon andamento economico della FTZ potrebbe dare nuova linfa a progetti analoghi, ad oggi in stato embrionale, in altre province cinesi.
Sicuramente molti degli “esperimenti” che verranno condotti all’interno della FTZ rimarranno tali per molti anni. Sembra difficile, ad esempio, che la libera convertibilità del RMB superi lo stadio di esperimento, vista anche l’impossibilità di paragonare scambi all’interno ed all’esterno di un porto franco, e quindi la sostanziale volatilità delle informazioni che saranno ottenute.

È tuttavia indubbio che, come dichiarato dallo stesso legislatore della FTZ, sarà aumentata l’efficienza dei funzionari e l’uniforme applicazione delle pratiche burocratiche, che sono oggi ancora frequentemente interpretate in maniera diversa da diversi funzionari, per quanto incredibile ciò possa sembrare.
In secondo luogo è opportuno sottolineare che, l’esperimento Free Trade Zone non è ai suoi primi passi, tutt’altro. È infatti il risultato dell’unione di quattro porti franchi preesistenti: Waigaoqiao Free Trade Zone, Waigaoqiao Bonded Logistic Parts, Pudong International Free Trade Zone, Yangshan Free Trade Port Area. Autorevoli fonti britanniche[6] ritengono, inoltre, probabile, che la Free Trade verrà ulteriormente espansa nei prossimi anni, arrivando a comprendere l’intero distretto di Pudong e la Finance Trade Zone di Lujiazui.
È, infine, opportuno rimarcare che la strategia delle zone a statuto straordinario è particolarmente amata dal governo cinese ed ha in alcuni casi segnato delle svolte storiche. In particolare, si può menzionare la Shenzhen Special Economic Zone, voluta da Deng Xiao Ping nel 1980, che ha permesso alle aziende straniere di aprire stabilimenti industriali nella città di Shenzhen, e che è da molti considerata un punto di svolta nella storia moderna cinese. Dal 1980 sono sorte decine di altre SEZ’s in tutta la Cina, spesso con ottimi risultati, nel campo dello sviluppo economico e industriale. Shanghai, tuttavia, spicca per il fatto di essere principalmente incentrata sulla fornitura di servizi, anche finanziari, e sul commercio. Seguendo una visione particolarmente ottimista, cara agli osservatori cinesi, si potrebbe ritenere che, così come Shenzhen ha dato il via alla potenza industriale cinese, Shanghai segnerà un punto di svolta nei servizi, in particolare finanziari, e negli investimenti esteri.

3. È, allora, necessario chiedersi se, al momento, il FTZ Framework plan presenti dei profili dai quali ricavare indicazioni sui futuri sviluppi della FTZ.
La rete di regolamenti che disciplinerà nel dettaglio i rapporti tra la FTZ e l’ordinamento cinese non è ancora stata pubblicata. Al momento[7], sono presenti 1434 compagnie all’interno della FTZ, di cui solo 38 straniere. Sicuramente quest’ultimo dato non è un biglietto da visita lusinghiero per una zona costituita allo scopo dichiarato di implementare il “libero mercato”, eppure sembra fisiologico che, almeno in una prima fase, la FTZ trovi i suoi principali referenti in operatori di maggiore esperienza.
Ad ogni modo, come spiegato ampiamente nel primo paragrafo, non si deve compiere l’errore di trascurare uno studio successivo e continuato di questo ambizioso progetto.
La Cina ha preso atto, da diversi anni, della necessità di rinnovare il proprio settore dei servizi. La competizione al ribasso delle economie emergenti dell’area ASEAN è sempre più agguerrita, mentre la Cina ha bisogno di aumentare i propri salari, per sostenere i consumi interni, così perdendo competitività sul piano internazionale. Il plus che l’ordinamento cinese può offrire, rispetto ai suoi vicini ed emuli, è proprio una qualità migliore dei servizi logistici, finanziari e professionali.
A Shanghai, la capitale della finanza cinese, i servizi compongono solo il 63% del PIL, una quota insufficiente[8] rispetto, ad esempio, ad Hong Kong, dove la quota dei servizi sul PIL supera il 90%. È essenziale, per l’economia cinese, che questa quota cresca. Non tanto per il valore economico che rappresenta in sé, quanto per i vantaggi concreti che servizi moderni e basati sui principi del libero mercato conferiscono alle imprese. Non a caso le sei materie liberalizzate attraverso la negative list, includono servizi finanziari e bancari, servizi professionali e perfino la partecipazione a bandi pubblici e in materia di cultura.
Nel Framework plan è posta molta enfasi sulla funzione di laboratorio della FTZ, attraverso cui il legislatore e gli operatori cinesi aumenteranno la propria esperienza in materia libero mercato, che secondo le dichiarazioni programmatiche, caratterizzerà la FTZ.
In questa ottica esaminiamo le disposizioni sulla costituzione di società di capitali.
Fin dal 29 settembre 2013 è stato stabilito che le società costituite all’interno della FTZ non avrebbero dovuto sottostare alle norme in materia di capitale sociale, vigenti in Cina[9] [10].
È altamente probabile che molte disposizioni FTZ saranno a breve introdotte nell’ordinamento cinese, anche prima dello scadere dei tre anni in cui la zona di libero scambio dovrebbe passare da una fase sperimentale ad una fase di “pieno regime”. In quest’ ottica è un banco di prova di grande importanza l’imminente entrata in vigore della riforma di diritto societario cinese prevista per il 1° marzo 2014. Infatti, questa riforma si propone di rendere più semplice ed economica la costituzione di società in Cina, anche da parte di operatori esteri.

4.  A proposito della riforma sul capitale sociale di marzo 2014.
In via di estrema sintesi, l’ordinamento cinese, attualmente, dispone che gli investitori debbano indicare l’ammontare del capitale sociale al fine di ottenere la licenza di attività commerciale. Il 20% del capitale sociale deve essere conferito entro i 3 mesi dalla data di rilascio della licenza. Il rimanente 80% deve essere conferito entro lo scadere dei due anni dalla medesima data. L’ammontare deve rispettare le previsioni sui quantitativi minimi, a seconda del tipo di società[11], e deve consistere, almeno al 30%, in conferimenti in denaro.
Gli interventi principali del legislatore riguarderanno:

a) L’eliminazione di un ammontare minimo di capitale sociale, salvo che per società operanti in settori di particolare interesse nazionale, come istituti bancari ed assicurativi. Per quanto riguarda i soli investimenti esteri, la licenza commerciale continuerà ad essere soggetta ad un controllo di adeguata capitalizzazione, in relazione al tipo di attività[12]. Solo il consolidarsi di una prassi applicativa chiarirà quali attività saranno soggette a tale controllo.
b) La norma ha il chiaro intento di favorire la costituzione di nuove società. Vista, tuttavia, la ridotta portata delle soglie del capitale sociale minimo[13], non sembra probabile che tale norma influenzerà gli investitori esteri.
c) Una maggiore flessibilità nei tempi dei conferimenti. Attraverso questo intervento, il legislatore cinese consente alle società una maggiore flessibilità organizzativa e una pianificazione a lungo termine. La possibilità di operare i conferimenti in un lasso di tempo più ampio ha inoltre il fine di sollecitare una maggiore capitalizzazione.
d) Il limite ai conferimenti in natura sarà abolito o modificato, laddove tali conferimenti abbiano un valore economico individuabile. Tale provvedimento si rivolge, in particolare, alle società attive nel settore IT, che potranno conferire i propri brevetti, a condizione che siano trasferibili e che abbiano un valore economico facilmente individuabile.
e) L’abolizione dell’obbligo di ottenere una nuova licenza commerciale ogni volta che si aumenta il capitale sociale renderà queste operazioni più veloci ed economiche.

Da questi lineamenti, si possono desumere due impressioni sul processo di cui la FTZ è parte integrante.
Da un lato, la portata delle riforme economiche volute dai nuovi vertici si manifesta in tutta la sua ampiezza e, soprattutto, in tutta la sua volontà di uniformarsi ai più moderni ordinamenti occidentali. D’altra parte, la tecnica legislativa continua a mantenere quelle peculiarità tutte cinesi, che sono di per sé in contrasto con obiettivi di trasparenza ed competitività.
Il riferimento è a quella previsione, esaminata al punto 1), in virtù della quale, per le sole società a capitale straniero, sarà valutata l’adeguatezza del capitale all’oggetto dell’attività sociale. Tali valutazioni di adeguatezza saranno compiute da funzionari statali, spesso non laureati. Occorre inoltre precisare che, di frequente, in Cina, diversi organi amministrativi interpretano in maniera differente le norme, e che quindi si formerà una prassi a Guanzhou, una a Shanghai, una a Pechino e via dicendo. Se tali clausole aperte lasciano quella autonomia territoriale necessaria in uno Stato più grande dell’Europa ed altrettanto vario, è vero anche che alimentano l’incertezza del diritto lamentata da molti operatori occidentali, e, di conseguenza, la riluttanza di questi, soprattutto se PMI, ad investire nella Terra di Mezzo.

Note

1.  Come vedremo a breve, la finalità stessa della FTZ, che è la sperimentazione, impone che la disciplina sia costantemente modificata ed adattata alle circostanze.

2.  Per attività restricted si intendono attività che possono essere esercitate solo in cooperazione con soggetti di nazionalità cinese. Tale cooperazione può avvenire in modi diversi. In società in cui il socio straniero può essere socio di maggioranza, in società in cui il socio cinese deve necessariamente essere il socio di maggioranza, in joint ventures. Le singole quote, concesse al socio straniero, sono, di volta in volta, contenute nei singoli punti della negative list.

3.  È opportuno ribadire che anche la negative list sarà progressivamente sfoltita nel corso dei tre anni di sperimentazione del Framework Plan.

4.  In particolare Chang Bo, Professore presso la Shanghai University of Economy and Finance nonché consulente della FTZ, in un’intervista al The Economist, link utile: http://www.economist.com/news/china/21587237-new-enterprise-zone-could-spark-wider-market-reformsbut-only-if-bureaucrats-ease-their-grip e Han Zhen, capo del CPC a Shanghai, in un’intervista al quotidiano cinese online Caixin, link utile: http://english.caixin.com/2013-11-14/100604877.html.

5.  deloitte.com: http://www.deloitte.com/view/en_CN/cn/services/tax/199c4c562f7c0410VgnVCM3000003456f70aRCRD.htm

6.  The Economist;  http://www.economist.com/news/china/21587237-new-enterprise-zone-could-spark-wider-market-reformsbut-only-if-bureaucrats-ease-their-grip; la UK Chanmber of Commerce di Shanghai: http://www.britishchambershanghai.org/TheShanghaiPilotFTZ.

7.  Il dato risale al 22 Novembre 2013.

8.  Va precisato che nel 2006 tale quota era inferiore al 50%.

9.  Con l’eccezione degli istituti bancari e degli intermediari finanziari.

10.  Si tratta di un’esposizione, a titolo esemplificativo, laddove il fenomeno riguarda più settori.

11.  In casi particolari, sostanzialmente equivalenti a quelli degli altri ordinamenti che prevedono il capitale sociale, possono essere previsti quantitativi maggiori, a seconda del tipo di attività esercitata.

12.  Così come avviene nella prassi odierna.

13.  30.000-100.000 CNY, a seconda del fatto che si tratti di società unipersonale o pluripersonale.