La regolazione del settore ferroviario nazionale: l’istituzione dell’Autorità indipendente dei trasporti, la mancata indipendenza del gestore della rete e la sanzione della Corte di Giustizia.

Premessa.

L’attuazione delle direttive europee di liberalizzazione del settore ferroviario implica la realizzazione in Italia di un quadro istituzionale e regolatorio che assicuri un’effettiva concorrenza nel mercato dei servizi di trasporto liberalizzati, garantendo la libertà di accesso all’infrastruttura nazionale da parte delle imprese ferroviarie a condizioni eque e non discriminatorie. Nonostante il formale recepimento delle direttive e la recente istituzione di un’autorità di regolazione indipendente, il modello di implementazione delle norme comunitarie adottato in Italia non si è rivelato idoneo a realizzare gli obiettivi europei di liberalizzazione né a sedare le preoccupazioni delle istituzioni europee sotto tale aspetto. Il trasporto passeggeri di media e lunga percorrenza è stato per lungo tempo monopolizzato dall’incumbent nazionale. L’ingresso di nuovi operatori è stato in più occasioni ostacolato da comportamenti escludenti da parte del gestore della rete, sanzionati dall’autorità antitrust italiana ed europea come abusi di posizione dominante[1]. Lo Stato italiano oltretutto è stato di recente condannato dalla Corte di Giustizia europea per non aver correttamente implementato le direttive europee di liberalizzazione sotto il profilo dell’indipendenza nella gestione dell’infrastruttura[2].
La necessità di adottare un regime giuridico del settore ferroviario coerente con le disposizioni europee si configura in modo particolare nell’ordinamento giuridico italiano, nel quale l’elaborazione dottrinaria della nozione di servizio pubblico ha portato a concepire i servizi economici di pubblica utilità come prestazioni amministrative, volte a garantire diritti tutelati a livello costituzionale gestiti per lungo tempo dallo Stato attraverso la riserva originaria di attività. Il settore ferroviario è stato tradizionalmente affidato ad imprese monopolistiche, verticalmente integrate, soggette ai pubblici poteri che operavano perseguendo numerosi obiettivi extra-economici. In tale contesto, gravando i costi legati all’infrastruttura anche sulle imprese ferroviarie, sembrava impossibile per queste raggiungere il pareggio di bilancio[3]. Tale assetto organizzativo non permetteva una gestione secondo criteri di economicità ed efficienza.
Con le prime direttive comunitarie che hanno imposto una graduale apertura del mercato del trasporto per ferrovia, è nata l’esigenza per gli Stati membri di realizzare un modello organizzativo del settore che consentisse una maggiore trasparenza nelle relazioni finanziarie tra gestore della rete e imprese di trasporto e l’operatività di principi concorrenziali nel mercato dei servizi ferroviari. A tal fine in Italia è stata attuata una riforma per certi aspetti più radicale rispetto a quanto previsto in sede comunitaria. La forte presenza dei poteri pubblici nell’industria rischia tuttavia di vanificare gli intenti di liberalizzazione sottesi alle riforme istituzionali.

La riforma del settore ferroviario in Italia: misure incisive solo formalmente satisfattive dei requisiti imposti dal diritto europeo.
Il settore ferroviario rappresenta un classico esempio della tradizione giuridica italiana di intervento statale nelle industrie di pubblica utilità e delle difficoltà connesse all’adattamento delle istituzioni nazionali alle pressioni europee di liberalizzazione. Le ferrovie sono state storicamente concepite come servizio pubblico essenziale e gestite dallo Stato attraverso il meccanismo della riserva originaria di attività prevista all’articolo 43 della Costituzione,in un primo momento in via diretta attraverso un’azienda autonoma[4], poi in via indiretta per mezzo di un ente pubblico economico[5], fino alla concessione del servizio a una società per azioni interamente partecipata dallo Stato[6].
A partire dai primi anni novanta è emersa la necessità di riformare la disciplina delle ferrovie nazionali per dare attuazione al programma europeo di liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale. In tale contesto i servizi pubblici hanno iniziato ad essere concepiti come attività economiche, svolte nell’ambito di mercati concorrenziali, nei quali l’intervento pubblico si giustifica solo in presenza di fallimenti di mercato valutati sulla base di criteri economici.
La liberalizzazione del trasporto ferroviario è stata imposta a livello comunitario, a partire dalla direttiva 91/440/CEE che ha introdotto i principi di separazione delle imprese ferroviarie dai gestori dell’infrastruttura sul piano contabile e/o organizzativo, di indipendenza gestionale delle imprese ferroviarie[7], con l’obbligo di gestione di tali imprese secondo i principi validi per le società commerciali[8] e di compatibilità delle misure finanziarie degli Stati membri con le norme comunitarie relative agli aiuti di Stato[9]. Sono quindi state previste misure volte al superamento della gestione monopolistica dell’intera filiera produttiva ed è stata limitata la possibilità di riserva di attività all’elemento di monopolio naturale costituito dalla rete fisica dell’infrastruttura per consentire lo sviluppo delle potenzialità competitive nel segmento di attività dei servizi di trasporto e l’ingresso di nuovi entranti che operino in concorrenza con l’incumbent nazionale[10].
A tal fine la normativa comunitaria ha introdotto un sistema di licenze attraverso il quale l’intervento dei pubblici poteri degli Stati membri è stato confinato alla verifica non discrezionale dei requisiti prestabiliti dalla legge in capo alle imprese ferroviarie[11] ed ha imposto ai gestori delle infrastrutture l’obbligo di garantire loro l’accesso alla rete in modo equo e non discriminatorio[12]. Il diritto europeo ha liberalizzato in modo graduale il mercato dei servizi di trasporto ferroviario. Il diritto di accesso alle infrastrutture ferroviarie alle imprese di trasporto è stato attribuito inizialmente solo per quanto concerneva il trasporto internazionale merci, per poi essere esteso attraverso tre pacchetti di direttive (del 2001, 2004 e 2007) fino al trasporto internazionale di passeggeri a partire dal 2010.

Nel 2012 è stata adottata una direttiva di rifusione e riunione in un unico atto delle direttive di liberalizzazione del settore contenente misure finalizzate a promuovere un’effettiva apertura alla concorrenza anche dei servizi di trasporto passeggeri, a rafforzare l’indipendenza degli organismi di regolamentazione nonché la trasparenza e l’accesso non discriminatorio all’infrastruttura ferroviaria[13]. Il 30 gennaio 2013 la Commissione europea ha proposto l’adozione di un quarto pacchetto di direttive e regolamenti finalizzato alla realizzazione di un approccio integrato per rivitalizzare il trasporto ferroviario e favorire la creazione di uno spazio ferroviario unico europeo[14].
La normativa europea ha lasciato un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri per quanto riguarda il regime giuridico da applicare ai soggetti operanti nell’industria ferroviaria a livello nazionale, restando impregiudicato il regime proprietario delle imprese, purché sia garantito l’uso equo, trasparente e non discriminatorio della rete.
L’Italia ha formalmente adempiuto agli obblighi imposti in sede comunitaria, realizzando una riforma per alcuni aspetti anche più radicale rispetto a quanto previsto dalle direttive europee[15].
Nei primi anni novanta, nonostante l’indifferenza del diritto europeo sulla situazione proprietaria delle imprese, le ferrovie italiane sono state oggetto di una privatizzazione formale[16]. Alla privatizzazione è seguita la separazione strutturale tra la società di gestione dell’infrastruttura e l’impresa che svolge il servizio di trasporto, in anticipo rispetto alle previsioni comunitarie. In Italia infatti la separazione societaria tra il gestore dell’infrastruttura e l’impresa ferroviaria è stata introdotta nel 2000, quando il diritto europeo imponeva esclusivamente la separazione contabile.
La concessione sessantennale rilasciata il 31 ottobre 2000[17] a Ferrovie dello Stato S.p.a. (F.S.), che ha sostituito la precedente del 1993[18], ha introdotto l’autonomia contabile e divisionale tra le attività svolte in base alla concessione e quelle svolte in qualità di impresa ferroviaria di servizi ed ha stabilito che il concessionario provvedesse alla costituzione di apposita società per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale[19]. In attuazione di tale norma è stata costituita nel luglio del 2001 la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. (R.F.I.), controllata interamente dal gruppo F.S.
Anche per quanto attiene alla liberalizzazione, le riforme italiane hanno anticipato le disposizioni europee. Oltre ad aver abolito i diritti di esclusiva alle imprese ferroviarie per i servizi di trasporto dei quali era imposta la liberalizzazione dalla normativa comunitaria[20], la disciplina italiana ha esteso l’ambito di applicazione delle norme ai servizi di trasporto merci e passeggeri non ancora liberalizzati dal diritto europeo[21]. A tal fine il regime concessorio è stato sostituito da quello autorizzatorio per tutte le attività di trasporto ferroviario, incluse quelle non liberalizzate dalle direttive comunitarie. Il 23 maggio del 2000 è stata rilasciata dall’allora Ministero dei trasporti e della navigazione la prima licenza per lo svolgimento dell’attività di trasporto passeggeri alla società Trasporti Ferroviari, ora Trenitalia S.p.a., società parte del gruppo Ferrovie dello Stato S.p.a. insieme al gestore della rete R.F.I. S.p.a.
La privatizzazione, la separazione societaria, l’abrogazione di diritti esclusivi alle imprese ferroviarie e l’introduzione di strumenti autorizzatori per i servizi di trasporto non ancora liberalizzati dalle direttive comunitarie sono tutte misure, adottate con anticipo ed indipendentemente da quanto previsto in sede europea, finalizzate a creare le condizioni per una concorrenza nel mercato dei servizi di trasporto sia di merci che di passeggeri, salva la possibilità di interventi nei settori non remunerativi tramite contratti di servizio pubblico[22]. Ciononostante il gruppo societario che gestisce le ferrovie italiane ha subito numerose condanne sotto il profilo antitrust e lo Stato italiano è stato di recente condannato per infrazione del diritto europeo.
La regolazione del settore ferroviario: pressioni per l’istituzione di un’autorità indipendente ed ostacoli istituzionali alla sua creazione.
L’analisi della riforma della normativa del trasporto ferroviario in Italia evidenzia le problematiche connesse con il mutato regime giuridico delle industrie a rete ed il conseguente riposizionamento del ruolo pubblico nei settori di pubblica utilità.
La nota metafora del passaggio dallo Stato interventista allo Stato regolatore[23] denota il fenomeno di riforma degli strumenti giuridici di intervento pubblico nell’economia, legato ai processi di liberalizzazione e di privatizzazione delle grandi industrie a rete di pubblica utilità, il quale ha avuto in molti casi tra le sue conseguenze la nascita e lo sviluppo di autorità indipendenti sia dal potere politico che dalle imprese regolate[24].
Una parte della dottrina anglosassone ha interpretato la creazione delle autorità indipendenti come una risposta da parte dei governi alle pressioni funzionali derivanti dalle riforme delle industrie a rete, quali la necessità di affrontare questioni tecniche particolarmente complesse, quella di assumere impegni credibili e di lungo periodo con gli imprenditori privati, di adottare scelte impopolari e di dare attuazione agli obblighi imposti da attori sopranazionali[25].
Da un punto di vista funzionale gli incentivi per la creazione di un’autorità indipendente alla quale delegare i poteri del governo appaiono piuttosto significativi nel settore ferroviario. D’altra parte, costituendo un settore di importanza strategica per l’economia e la politica industriale nazionale, la resistenza dello Stato a rinunciare alla propria sovranità in questo campo ha ostacolato la realizzazione di un quadro regolatorio effettivamente pro concorrenziale.

In primo luogo, l’introduzione degli obblighi di accesso equo e non discriminatorio alla rete e l’attribuzione di licenze alle imprese intenzionate ad operarvi implicano una serie di problematiche di ordine tecnico, legate anche alle caratteristiche proprie dell’industria ferroviaria. L’integrazione tecnologica tra il materiale rotabile e gli elementi infrastrutturali, l’esigenza di coordinamento nelle politiche di investimenti e di gestione della rete, la necessità di sussidi per coprire gli elevati costi di mantenimento, nonché il rispetto degli oneri di servizio pubblico richiedono un’adeguata conoscenza tecnica del settore, oltre che una effettiva imparzialità e neutralità rispetto agli interessi economici in gioco.
Tali esigenze sono state affrontate dal governo italiano attribuendo al gestore della rete i compiti fondamentali di regolazione dell’accesso alla rete, quali la ripartizione e negoziazione dell’utilizzo della capacità dell’infrastruttura con le imprese di trasporto[26]. Questa scelta può ritenersi giustificata dalla competenza tecnica della quale è dotato tale soggetto, necessaria per svolgere la delicata funzione di coordinamento nell’assegnazione delle tracce orarie agli operatori ferroviari sulla rete.
Occorre evidenziare che la società di gestione dell’infrastruttura in Italia è fortemente legata al governo. Innanzitutto l’intero pacchetto azionario della società R.F.I. è di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze, il quale esercita i diritti dell’azionista in concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Inoltre, la società opera attraverso una concessione ministeriale[27], integrata da un contratto di programma, attraverso la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti svolge funzioni di vigilanza e di controllo condizionandone fortemente l’attività. L’attribuzione alla società di gestione della rete della funzione di allocazione della capacità infrastrutturale, presupposto essenziale per creare le condizioni necessarie per lo svolgimento delle attività liberalizzate, consente al governo di mantenere un sostanziale controllo sul settore.
In secondo luogo, uno dei vantaggi principali derivante dalla delega di poteri ad un’autorità indipendente consiste nell’isolare le scelte industriali dalle dinamiche della politica, consentendo l’attuazione di strategie economiche di lungo periodo che aumentino l’efficienza e rendano il settore attrattivo per gli investitori privati. Il contesto proprietario dell’industria ferroviaria italiana, nel quale il gruppo societario F.S. è interamente controllato dallo Stato, sembra ridurre l’incentivo per il governo a delegare ad un organismo indipendente i poteri di regolazione sul settore.
Infine, l’istituzione di un’autorità di regolazione indipendente dai vari soggetti operanti nel settore per vigilare sull’assenza di distorsioni e abusi nel contesto concorrenziale creato dalle riforme di liberalizzazione è imposta dalla necessità di conformarsi al diritto europeo. La direttiva 2001/14/CE ha introdotto l’obbligo di istituire un organismo di regolazione in posizione di terzietà rispetto alle imprese regolate ed in particolare al soggetto preposto all’assegnazione della capacità infrastrutturale ed alla determinazione del relativo canone[28]. In Italia il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, attuativo delle direttive europee del cd. primo pacchetto ferroviario, ha individuato l’organismo di regolazione nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o nelle sue articolazioni[29]. Tale disposizione è stata attuata attraverso l’istituzione di un Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari (U.R.S.F.) interno al Ministero e operante alle dirette dipendenze del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti[30].
In relazione a tale norma lo Stato italiano è stato messo in mora dalla Commissione europea per non aver attuato correttamente le direttive comunitarie di liberalizzazione del settore ferroviario, con particolare riguardo all’indipendenza dei soggetti deputati all’assolvimento delle funzioni essenziali connesse con l’accesso all’infrastruttura ferroviaria, in particolare quelle relative all’assegnazione delle tracce e all’imposizione dei diritti di accesso alla rete, al sistema di tariffazione dell’accesso alla rete ed ai poteri ed all’autonomia dell’organismo di regolazione[31]. A fronte della procedura di infrazione, sono state introdotte dal governo italiano misure per rafforzare l’autonomia funzionale e finanziaria dell’U.R.S.F. attribuendogli il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti controllati[32]. Ciononostante, nel luglio 2011 la Commissione europea ha proposto ricorso contro l’Italia alla Corte di Lussemburgo, ribadendo la necessaria indipendenza del regolatore dalle imprese regolate. In pendenza della decisione della Corte di Giustizia il governo italiano ha previsto l’istituzione di un’Autorità amministrativa indipendente per il settore dei trasporti[33], tuttavia le difficoltà legate alle nomine hanno bloccato il processo di attuazione, ad oggi ancora non è ancora entrata in funzione[34].

L’istituzione dell’Autorità indipendente dei trasporti, la mancata indipendenza del gestore della rete e la sanzione della Corte di Giustizia.
L’assetto normativo del settore ferroviario adottato in Italia presenta notevoli criticità sia sotto il profilo del diritto della concorrenza che della conformità al modello regolatorio imposto dal diritto europeo.
Per quanto attiene al primo aspetto, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel parere relativo all’attuazione interna delle direttive europee di liberalizzazione, aveva segnalato che la scelta di affidare i compiti di attribuzione della capacità infrastrutturale alla società monopolista sarebbe stata, sotto il profilo concorrenziale “palesemente inappropriata”[35]. L’Autorità aveva osservato che l’affidamento di tale compito al monopolista o ad un organismo da questo controllato avrebbe permesso al soggetto in monopolio la possibilità di sfruttare, nella delicata fase dell’apertura alla concorrenza, i rilevanti vantaggi che derivano dalla funzione di coordinamento a scapito dei nuovi entranti. Per ovviare a tale rischio il legislatore ha previsto l’istituzione di una società di gestione della rete separata a livello societario da quella dei servizi, restando entrambe le società controllate interamente dalla medesima holding.

È stato rilevato in dottrina che il regime concessorio può produrre gravi distorsioni del gioco della concorrenza, seppure confinato al segmento di attività gestito in regime di riserva conformemente al dettato comunitario, in quanto i poteri di direzione dell’amministrazione concedente limitano di fatto l’indipendenza gestionale della società concessionaria[36]. Nel settore ferroviario la concessione comporta una soggezione dell’operatore ai poteri conformativi dell’autorità concedente. La concessione a F.S. della gestione della rete ferroviaria prevede tra gli obblighi del concessionario quello di conformarsi a principi di trasparenza, equità e non discriminazione nel consentire l’accesso e la ripartizione della capacità di infrastruttura, nella predisposizione del prospetto informativo della rete, nel rilascio del certificato di sicurezza (funzione ora attribuita all’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie)[37], negli accordi amministrativi con le imprese che accedono all’infrastruttura e nell’applicazione e riscossione dei canoni di utilizzo[38]. Da tali disposizioni si evince che lo sfruttamento dell’utilitàeconomica che la proprietà della rete garantisce, ossia l’attribuzione della relativa capacità a fronte del pagamento di un canone, è subordinata all’interesse pubblico cui il bene è preposto.
Fin dall’adozione dell’attuale modello di gestione dell’infrastruttura la dottrina aveva evidenziato le problematiche legate al penetrante potere di indirizzo e controllo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del CIPE[39]. In particolare è stato posto in luce che il pagamento del canone per l’accesso alla rete da parte delle imprese ferroviarie, che costituisce l’unica fonte autonoma di entrata per la società, è “autoritativamente determinato ex ante da un soggetto estraneo alla transazione”[40]. Oltretutto la tariffa di accesso è stabilita senza tenere conto dei costi di investimento e quelli relativi all’ammortamento dei beni, impedendo la realizzazione di un profitto e rendendo arduo il pareggio di bilancio per la società R.F.I.[41]. Inoltre in Italia gli investimenti nell’infrastruttura sono definiti nel contratto di programma, nell’ambito del quale vengono concordati i finanziamenti dello Stato, e non sono frutto di una scelta autonoma del gestore. Alcuni economisti hanno a tal proposito evidenziato che “gli investimenti in nuova capacità sono interamente sotto la responsabilità dello Stato e, di fatto, svincolati da ogni seria valutazione dei costi e dei benefici da parte di organismi indipendenti”[42].
In conclusione, nonostante le riforme dell’industria ferroviaria, in Italia è rimasta una forte interferenza pubblica nella definizione degli obiettivi di gestione dell’infrastruttura, non autenticamente improntati a criteri imprenditoriali in quanto la società che gestisce la rete non appare dotata di sufficiente autonomia per orientare la propria attività a criteri di efficienza e di profitto.
Sotto tale aspetto l’Italia ha di recente subito una condanna da parte della Corte di Giustizia[43]. La Commissione europea, all’esito di una procedura di infrazione avviata nel 2008, ha censurato la legge italiana per l’insufficiente indipendenza del gestore della rete nell’imposizione delle tariffe per l’accesso all’infrastruttura nazionale. Il requisito dell’indipendenza, a parere della Commissione, è desumibile da una lettura congiunta degli articoli 4 e 30 della direttiva 2001/14/CE, i quali attribuiscono al gestore della rete compiti di determinazione delle tariffe, sotto il controllo dell’organismo di regolazione, e non di mera liquidazione e riscossione. La legge italiana prevede che i canoni d’accesso dovuti dalle imprese ferroviarie per l’utilizzo dell’infrastruttura sono stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, acquisita una motivata relazione da parte del gestore dell’infrastruttura ferroviaria, previo parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica[44]. Su questo profilo la Corte di Giustizia ha ritenuto fondata la censura della Commissione ed ha condannato lo Stato italiano per aver affidato al Ministero la potestà di fissare l’importo dei diritti di accesso alla rete non consentendo al gestore della rete la sufficiente autonomia negoziale imposta dalle direttive comunitarie. Occorre peraltro segnalare che la norma censurata per violazione del diritto europeo è stata modificata dal decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013, meglio noto come “decreto del fare”, che ha reso vincolante la proposta del gestore per l’individuazione del canone la quale è meramente approvata con decreto ministeriale[45].
L’altra questione problematica che ha causato numerose sanzioni per la società ferroviaria italiana concerne la struttura proprietaria del gruppo Ferrovie dello Stato. La normativa comunitaria ha imposto dal 2001 l’indipendenza sul piano giuridico, organizzativo e decisionale del soggetto incaricato della determinazione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura rispetto alle imprese ferroviarie[46], norma formalmente recepita e rispettata dall’ordinamento italiano[47]. Come già evidenziato più volte da parte dell’autorità antitrust italiana, il controllo proprietario esercitato dal gruppo F.S. su entrambe le società di gestione della rete e del servizio di trasporto crea un conflitto di interessi tra la massimizzazione dei profitti del gruppo attraverso una produzione integrata (vietata dal diritto europeo) e l’apertura del mercato dei servizi di trasporto alla libera concorrenza imposto dalla normativa europea[48]. Tale aspetto è venuto in rilievo in una serie di controversie di diritto della concorrenza nelle quali il gruppo F.S. è stato soggetto a procedimenti istruttori per aver posto in essere, attraverso le sue controllate R.F.I. e Trenitalia, strategie escludenti volte ad ostacolare l’ingresso ai nuovi entranti nel mercato a valle dei servizi di trasporto, l’ultima delle quali si è di recente chiusa con impegni[49].
Il problema è stato acuito in Italia dall’assenza per lungo tempo di un’autorità di regolazione terza e neutrale rispetto agli interessi in gioco. Nel contesto di una privatizzazione meramente formale l’indipendenza dalle imprese regolate implica necessariamente l’indipendenza anche dal governo (azionista e concessionario dell’attività di gestione della rete). Come illustrato in precedenza, le funzioni di regolazione, di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e di controllo sull’attività del gestore dell’infrastruttura in particolare in materia di accesso alla rete sono state originariamente affidate all’Ufficio per la Regolazione dei Servizi Ferroviari interno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Nell’ambito della medesima procedura di infrazione che ha portato alla condanna dello Stato italiano per la carente indipendenza del gestore della rete rispetto alle imprese ferroviarie, la seconda censura della Commissione concerneva l’aspetto dell’indipendenza dell’organismo di regolazione rispetto alle imprese regolate. L’incardinamento dell’U.R.S.F. all’interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stata considerata dalla Commissione un’infrazione del diritto europeo dato che il medesimo Ministero svolge una funzione di supporto del Ministero dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei diritti di azionista sul gruppo F.S., gruppo di proprietà statale del quale è parte il principale operatore ferroviario sul mercato italiano, Trenitalia S.p.a. oltre che il gestore della rete R.F.I. La Commissione ha evidenziato il potenziale conflitto di interessi derivante dalla posizione dell’organismo di regolazione preposto a garantire un trattamento non discriminatorio ai concorrenti dell’impresa ferroviaria statale verticalmente integrata a livello proprietario all’interno del Ministero che esercita un’influenza decisiva sulla holding e sulla principale impresa ferroviaria nazionale.
In merito a tale profilo, lo Stato italiano ha inizialmente risposto fornendo rassicurazioni in ordine all’indipendenza dell’organismo per la regolazione dei servizi ferroviari il quale, pur se interno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stato collocato al di fuori della struttura dipartimentale in modo da garantire l’indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale dai gestori dell’infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione del canone di accesso all’infrastruttura, dagli organismi preposti all’assegnazione della capacità e dai richiedenti e da qualsiasi autorità competente preposta all’aggiudicazione di un contratto di servizio pubblico ed introducendo misure per rafforzarne l’autonomia[50]. In seguito, nel 2011, il governo Monti ha previsto l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti in sostituzione dell’U.R.S.F. Tale organismo presenta le caratteristiche di separazione dal governo e di neutralità rispetto all’indirizzo politico proprie delle autorità indipendenti. La Corte ha quindi rigettato il secondo argomento della Commissione in relazione all’indipendenza del regolatore.
Per concludere, dall’analisi della riforma del settore ferroviario italiano emerge che, sebbene a livello giuridico sia stata introdotta una disciplina volta al perseguimento di obiettivi di liberalizzazione, la transizione dal regime monopolistico ad uno effettivamente concorrenziale richiede l’introduzione di una regolazione efficace, credibile, coerente e attenta ai profili economici e sociali legati al settore economico di riferimento in grado di ridurre le barriere all’ingresso, garantendo allo stesso tempo l’interesse pubblico alla fruibilità generalizzata del servizio nell’ambito di un’attività gestita secondo logiche commerciali.
L’istituzione dell’autorità di regolazione indipendente sembra rappresentare un primo passo in tale direzione. La tempistica per la sua entrata in funzione, la permanenza dell’assetto proprietario verticalmente integrato dell’industria ferroviaria, nonché il penetrante controllo pubblico sulla gestione della rete sembrano tuttavia dimostrare la forte difficoltà per lo Stato italiano a cedere il proprio potere di influenza sul settore.

Note

1.  Si veda ad esempio la decisione della Commissione europea 2004/33/CE, Decisione della Commissione, del 27 agosto 2003, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 82 del trattato CE (COMP/37.685 GVG/FS), inGazzetta ufficiale n. L 011 del 16/01/2004 pag. 0017 – 0040; a livello nazionale si vedano i provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 25 luglio 2012, A436 – Arenaways – ostacoli all’accesso nel mercato dei servizi di trasporto ferroviario passeggeri, provvedimento n. 23770; e del 23 ottobre 2013 A443 – NTV/FS/ostacoli all’accesso nel mercato dei servizi di trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità, provvedimento n. 24550.

2.  Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 3 ottobre 2013 nella causa C-369/11, in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 344/9 del 23 novembre 2013.

3.  Cfr. D. U. Galetta e M. Giavazzi, Trasporti terrestri,in G. Greco e M. P. Chiti, Trattato di diritto amministrativo europeo, Parte Speciale, IV, Milano, 2007, pag. 2194.

4.  L. 22 aprile 1905 n.137 e r.d. 15 giugno 1905 n. 259. Le ferrovie cosiddette “minori” venivano affidate a imprese private attraverso concessioni attribuite in assenza di procedure concorrenziali e operanti in regime di esclusiva. Sulla natura di questo tipo di concessioni ferroviarie cfr. M. D’Alberti, Le concessioni amministrative, aspetti della contrattualità delle pubbliche amministrazioni, Napoli, 1981, pag. 291 e ss.

5.  L. 17 maggio 1985 n. 210, Istituzione dell’ente Ferrovie dello Stato, in G.U. 30 maggio 1985, n.126.

6.  Delibera CIPE del 12 agosto 1992 n.60 Trasformazione in SPA dell’ente Ferrovie dello Stato.

7.  Articolo 1, Direttiva 91/440/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, GU L 237 del 24/08/1991, pag. 25.

8.  Articolo 5.1, Direttiva 91/440/CEE.

9.  Articolo 9, Direttiva 91/440/CEE, e Comunicazione della Commissione Linee guida comunitarie per gli aiuti di Stato alle imprese ferroviarie (2008/C 184/07), punto 10.

10.  Sulla “segmentazione dei servizi pubblici oggettivi” cfr. M. D’Alberti, Lezioni di diritto amministrativo, II ed., Torino, 2013, pag. 173.

11.  Direttiva 95/18/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995 relativa alle licenze delle imprese ferroviarie (GU L 143 del 27.6.1995, pag. 70).

12.  Direttiva 95/19/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, riguardante la ripartizione delle capacità di infrastruttura ferroviaria e la riscossione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura (GU L 143 del 27/06/1995pag.75).

13.  Direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico. Pubblicata nella G.U.U.E. 14 dicembre 2012, n. L 343.

14.  Quarto pacchetto ferroviario – Completare lo spazio ferroviario europeo unico per favorire la competitività e la crescita europee COM(2013)25.

15.  In tal senso C. Knill e D. Lehmkuhl, An alternative route of European integration: The community’s railways policy, in West European Politics, 23: 1, 2000, pagg. 65-88.

16.  Delibera CIPE del 12 agosto 1992 n. 60, Trasformazione in SPA dell’ente Ferrovie dello Stato.

17.  Decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione n. 138T del 31 ottobre 2000.

18.  Decreto Ministeriale n. 225/T del 26 Novembre 1993, Atto di concessione Ministero dei Trasporti – Ferrovie dello Stato S.p.A.

19.  Articolo 1, comma 2, d. m. n. 138T del 31 ottobre 2000.

20.  D. P. R. 8-7-1998 n. 277, Regolamento recante norme di attuazione della direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e D. P. R. 16-3-1999 n. 146, Regolamento recante norme di attuazione della direttiva 95/18/CE, relativa alle licenze delle imprese ferroviarie, e della direttiva 95/19/CE, relativa alla ripartizione delle capacità di infrastruttura ferroviaria e alla riscossione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura.

21.  Articolo 131 comma 1 Legge 23 dicembre 2000 n. 388 (Legge Finanziaria per il 2001).

22.  Il regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, pubblicato nella G.U.U.E. 3 dicembre 2007, n. L 315 ha previsto la possibilità per gli Stati membri e le autorità locali di attribuire contratti di servizio pubblico, i quali possono comportare diritti esclusivi o compensazione di qualsivoglia natura a fronte dell’assolvimento di obblighi di servizio pubblico.

23.  G. Majone The rise of the Regulatory State in Europe, in West European Politics, 17(3) 1994; G. Majone, From the Positive to the Regulatory State: causes and consequences of changes in the mode of governance, in Journal of Public Policy, 17 (2) 1997,  pagg. 139-167,  D. Coen e M. Thatcher, The new governance of markets and non-majoritarian regulators, Governance, 18(3) 2005, pagg. 329-46.

24.  Nella vastissima letteratura italiana sul fenomeno delle autorità indipendenti si vedano: M. D’Alberti, Autorità indipendenti (diritto amministrativo),in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1995; S. Cassese e C. Franchini (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996; A. Predieri, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Bagno a Ripoli, 1997; G. Amato, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Rivista trimestrale diritto pubblico, 1997, pag. 645 ss.; G. Amato, Le autorità indipendenti nella costituzione economica, in Regolazione e garanzia del pluralismo, le autorità amministrative indipendenti, Quaderni della Rivista Trimestrale di diritto e Procedura Civile, Milano, 1997, pag. 3 e ss.; M. Clarich e I. Marrone, Concorrenza, Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, in Enc. Giuridica Treccani, Roma, 1998; N. Rangone, I servizi pubblici, Bologna 1999; M. D’Alberti e M. Tesauro (a cura di ), Regolazione e concorrenza, Bologna, 2000; S. Cassese, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici ed autonomie private, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2000, pag. 389 e ss.; G. Majone e A. La Spina, Lo Stato regolatore, Bologna, 2000; F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti, Bologna,  2000; S. Cassese, Dalle regole del gioco al gioco delle regole, in Mercato Concorrenza e regole, 2002 pag. 265 e ss.; F. Merusi e M. Passaro, Le autorità indipendenti, Bologna, 2003; M. D’Alberti, Le autorità amministrative indipendenti, in La riforma dell’amministrazione centrale, a cura di G. Vesperini, Milano, 2005 pag. 95 e ss.; S. Valentini (a cura di), Diritto e istituzioni della regolazione, Milano, 2005; M. Clarich, Autorità indipendenti, Bologna, 2005; M. D’Alberti, Concorrenza, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006 pag. 1140 e ss.; M. De Benedetto, Autorità indipendenti, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006; N. Rangone, Regolazione, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, pag. 5057 ss.; M. D’alberti, Poteri pubblici, mercato e globalizzazione,Bologna, 2008; S. Cassese (a cura di), La nuova Costituzione economica, Bologna-Bari, 2011.

25.  “In regulation, the central pressures and problems faced by elected officials include: making promises about future behaviour that are believed by other actors; taking decisions that are increasingly technical and complex; introducing policies that are unpopular; responding to the demands of powerful international/supranational organisations. Delegation to IRAs can perform useful functions for elected officials to assist them in sponding to pressures and problems”, M. Thatcher, Delegation to Independent Regulatory Agencies: Pressures, Functions and Contextual Mediation, in West European Politics, 25 (1), pag. 130.

26.  Articolo 8, D. P. R. 16 marzo 1999, n. 146, ora abrogato dall’art. 38, d .lgs. 8 luglio 2003, n. 188.

27.  D. m. 138T del 31 ottobre 2000.

28.  L’articolo 30, comma 1 della direttiva 2001/14/CE prevede che: “gli Stati membri istituiscono un Organismo di regolamentazione. Detto Organismo, che può essere il ministero competente in materia di trasporti o qualsiasi altro organismo, è indipendente, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, dai Gestori dell’infrastruttura, dagli organismi preposti alla determinazione dei diritti, dagli organismi preposti all’assegnazione e dai richiedenti. Esso agisce in base ai principi di cui al presente articolo, che consentono l’attribuzione di funzioni di impugnazione e di regolamentazione a organismi distinti”.

29.  Articolo 37 d. lgs. 8 luglio 2003 n. 188, Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

30.  Articolo 16 del D.P.R. 2 luglio 2004 n. 184, Riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 luglio 2004, n. 174.

31.  Commissione europea – Procedura di infrazione 2008/2097.

32.  Articolo 2 , comma 1, decreto legge del 25 settembre 2009, n. 135, Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

33.  Articolo 37 d. l. 6 dicembre 2011 n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011.

34.  A più di un anno e mezzo dal d. l. che ha istituito l’Autorità, con decreto del Presidente della Repubblica del 9 agosto 2013 sono stati nominati i componenti dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Il testo del decreto è reperibile al seguente link:http://www.mit.gov.it/mit/site.php?p=cm&o=vd&id=2802.

35.  Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Segnalazione/parere AS140 – Schema di regolamento di attuazione della Direttiva n.91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, del 5 giugno 1998, in bollettino 21/1998 n. 24.

36.  Sugli effetti anti concorrenziali del regime concessorio cfr. M. D’Alberti (a cura di), Concessioni e concorrenza, in Temi e problemi n.8/1998 “Concorrenza e autorità antitrust”, Roma, 1998, pag. 13 e ss., pagg. 162-163.

37.  Decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie.

38.  Art. 3 d. m. 138T del 31 ottobre 2000.

39.  E. Scotti, Il pubblico servizio tra tradizione nazionale e prospettive europee, Padova, 2003, pag. 274.

40.  S. Torricelli, Il trasporto ferroviario liberalizzato: organizzazione della concorrenza e tutela dell’interesse pubblico, in A. Brancasi (a cura di), Liberalizzazione del trasporto terrestre e servizi pubblici economici, Bologna, 2003, pag. 70.

41.      I costi da considerare per definire il canone sono elencati all’art. 17 comma 5, d. lgs. 8 luglio 2003 n.188, ulteriori criteri possono essere stabiliti con decreto ministeriale. Per un’analisi economica della tariffa di utilizzo stabilita per l’accesso alla rete ferroviaria italiana cfr. A. Taccone, L’intervento pubblico nel settore ferroviario, Napoli, 2008, pagg. 115 e ss. Per i profili giuridici del problema dell’access pricing cfr. A. Battaglia, Verso la liberalizzazione del trasporto ferroviario?, in Giornale di diritto amministrativo, 2000, pagg. 964 e ss.

42.  A. Boitani, La resistibile spinta dell’Unione europea e gli orientamenti del PGTL in Problemi: concorrenza e regolazione nei trasporti, in Economia e politica industriale, n. 124, 2004 pag.14.

43.  Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 3 ottobre 2013 nella causa C-369/11.

44.  Art. 17 comma 1 d. lgs. 8 luglio 2003, n. 188.

45.  Cfr. art. 24, co.1, d. l. 21 giugno 2013 n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, pubblicato nella Gazz. Uff. 21 giugno 2013, n. 144, S.O. L’attuale testo dell’art. 17 comma 1 del d. lgs. 8 luglio 2003 n.188dispone “Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, acquisita una motivata relazione da parte del gestore dell’infrastruttura ferroviaria, previo parere del Comitato interministeriale per la programmazione economica e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano limitatamente ai servizi di loro competenza, è approvata la proposta del gestore per l’individuazione del canone dovuto per l’accesso all’infrastruttura ferroviaria nazionale”.

46.  Articolo 4. 2 e Articolo 14.2 direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza, che ha abrogato la direttiva 95/19/CE.

47.  L’art. 11, comma 1, d. lgs. 8 luglio 2003 n. 188, dispone che “Il gestore dell’infrastruttura ferroviaria è soggetto autonomo ed indipendente, sul piano giuridico, organizzativo o decisionale, dalle imprese operanti nel settore dei trasporti”. La concessione ministeriale prevede inoltre l’autonomia contabile e divisionale tra le attività svolte in base alla concessione e quelle svolte in qualità di impresa ferroviaria di servizi. D. m. 138T del 31 ottobre 2000.

48.  Si veda ad esempio la Segnalazione/parere AS265, Separazione tra gestione delle infrastrutture e servizi di trasporto ferroviario, del 7 agosto 2003.

49.  AGCM, A443 – NTV/FS/ostacoli all’accesso nel mercato dei servizi di trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità, provvedimento n. 24550 del 22 ottobre 2013.

50.  Art. 2, co. 1, D.L. 25 settembre 2009 n. 135.