Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Cosa sono le clausole di azione collettiva apposte ai titoli del debito pubblico?

di - 3 Dicembre 2013
      Stampa Stampa      

E’ questo il dubbio espresso dalla stampa nazionale, che ha commentato in toni spesso allarmati e allarmanti la nuova disciplina. Ed è questo l’assunto che è opportuno smentire per primo.
I titoli del debito pubblico sono strumenti sicuri dal punto di vista giuridico. Nel diritto italiano, il D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398, che reca il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, accorda le massime garanzie. L’art. 3 prescrive che la prima assegnazione da farsi nel bilancio di ciascun anno sia “per i pagamenti di debito pubblico per interessi, eventuali premi e rimborsi”; ed inoltre che i pagamenti di debito pubblico non sono “ridotti, ritardati o assoggettati ad alcuna imposta speciale neppure in caso di pubblica necessità”[10].
Dal punto di vista economico, però, è inevitabile che il titolo, e la soddisfazione dell’obbligazione in esso incorporata, restino legati all’andamento dell’economia dello Stato.
Questa osservazione vale per le obbligazione pubbliche, incorporate nei titoli del debito pubblico, così come è pacifica con riferimento alle obbligazioni delle società per azioni. Nelle società per azioni, la distinzione tra le azioni (titoli partecipativi) e obbligazioni (titoli di debito) è netta sul piano giuridico: le azioni danno diritto ad un reddito solo in presenza di utili, di cui viene decisa la distribuzione, mentre le obbligazioni danno diritto al rimborso del capitale e al pagamento del reddito anche in mancanza di utili. Sul piano economico, invece, la sussistenza di perdite può vanificare non solo il valore delle azioni, ma anche la realizzazione dei diritti di credito. Sia nelle azioni (titoli di partecipazione), che nelle obbligazioni (titoli debito) vi è una partecipazione al rischio di impresa[11].
Il rischio, legato all’andamento economico dell’emittente, è dunque insito nelle obbligazioni e su di esso non incide affatto l’apposizione delle clausole, il cui scopo è invece – come già detto – quello di facilitare le operazioni di ristrutturazione del credito.
Una volta escluso che rischiosità dei titoli e/o fragilità dell’economia siano legati da un rapporto di causa/effetto con l’apposizione delle clausole di azione collettiva, resta aperto l’altro interrogativo. La previsione di meccanismi che agevolano la revisione delle condizioni del debito, nei titoli dei paesi di aree così lontane, è del tutto casuale, oppure c’è qualcosa che accomuna le due esperienze e che giustifica la previsione di tali meccanismi, in entrambi i casi?
Un dato comune tra i paesi emergenti che emettono i loro titoli sui mercati di New York o di Londra, in dollari o in sterline, ed i paesi dell’area euro può essere rinvenuto nel fatto che, in entrambi i casi, il debito è emesso in una moneta sulla quale l’emittente non ha il controllo.
La rinuncia alla sovranità monetaria, con l’adesione alla moneta unica, ha comportato, per gli Stati dell’euro zona, la perdita della possibilità di emettere debito in una moneta sulla quale essi hanno il pieno governo. La situazione è per questo verso simile a quella dei paesi che emettono titoli di debito sul mercato di New York in dollari.
Nei paesi che emettono debito nella propria moneta, le banche centrali possono sempre provvedere alla liquidità necessaria e possono agire sulla moneta, in momenti di difficoltà.
Questa leva non è utilizzabile dai paesi che emettono debito in una moneta sulla quale non hanno il pieno controllo.
Si potrebbe allora ipotizzare che sia questa la ragione per la quale si è ritenuto opportuno in sede europea approntare altri strumenti, attraverso i quali l’emittente possa reagire prontamente a situazioni di debito difficilmente sostenibile.
Le clausole di azione collettiva possono rappresentare uno strumento utile ad assicurare all’emittente un certo margine di elasticità nella gestione del debito.
Occorre poi sfatare l’idea che misure di ristrutturazione del debito siano l’anticamera del default di uno Stato. In realtà a misure di ristrutturazione consensuale lo Stato può far ricorso anche quando le aspettative favorevoli del mercato rendono non più giustificati i tassi di interesse, ai quali i titoli sono stati emessi. Nella storia italiana troviamo un precedente significativo. Dobbiamo andare indietro al 1906, quando con legge il governo fu autorizzato “ad estinguere al 1° luglio 1906 i consolidati al 5% lordo e al 4% netto, offrendo ai possessori dei titoli il rimborso alla pari oppure il cambio con titoli di nuova emissione con un interesse al 3,75%, fino al dicembre 1911 e poi al 3,50%. Le operazioni di conversione ebbero luogo tra il 2 ed il 7 luglio 1906 e vennero sostenute da due consorzi bancari, uno straniero, guidato dai Rothschild di Parigi, con la partecipazione di gruppi bancari tedeschi ed inglesi, che mise a disposizione 400 milioni ed uno italiano, guidato dalla Banca d’Italia, cui si associarono altri gruppi stranieri minori, che tenne pronti 700 milioni. Questo grande dispiegamento di mezzi non fu però utilizzato, perché meno di 5 milioni di capitale dovettero essere rimborsati e 48 milioni utilizzati per il sostegno dei corsi. A conclusione dell’operazione, il Tesoro aveva speso poco più di 9,5 milioni di lire, ottenendo un risparmio di cica 20,2 milioni fino al 1911, raddoppiati dopo tale data”[12].

Note

10.  La disposizione riprende il contenuto dell’art. 4 della l. 10 luglio 1861 che istituisce il Gran libro del debito pubblico e fissa le modalità per amministrare i titoli di debito del neocostituto Regno d’Italia.

11.  Cfr. N. SALANITRO, Strumenti di investimento finanziario e sistemi di tutela dei risparmiatori, in Banca, borsa e titoli di credito, 2004, 283-284.

12.  Così la Relazione del direttore generale alla Commissione parlamentare di vigilanza su “Il debito pubblico in Italia, 1861-1987”, Roma, 1988, 30-31.

Pagine: 1 2 3


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy