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Prime osservazioni intorno alla cd. ‘sentenza Grandi Rischi’

di - 29 Ottobre 2013
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Gli scienziati hanno effettuato una valutazione dei dati e dei fattori di indagine a loro disposizione approssimativa, incompleta e superficiale, comunicando il risultato di tale negligente e imperita valutazione attraverso un messaggio rassicurante alla popolazione. Quindi, se gli imputati avessero ‘lavorato bene’, avrebbero previsto il rischio sismico, anche perchè la scossa violenta non è stata un evento eccezionale o atipico, e non avrebbero fornito rassicurazioni, ma avrebbero allertato.
È difficile non cogliere nel ragionamento del Tribunale una evidente tautologia: la sintassi di condanna consegna il rimprovero per non aver previsto il rischio sismico, il quale si traduce in realtà nella mancata previsione delle ‘conseguenze’ di una scossa, scossa che si è verificata e, soprattutto, che non era un evento atipico, anomalo o eccezionale.
Il giudice, concentrando lo sforzo ermeneutico sui dati emersi nel dibattimento, attraverso una scrupolosa e dettagliata ricostruzione del fatto storico e dei dati scientifici offerti dalle parti e acquisiti durante l’istruttoria, ritiene la scossa del 6 aprile 2009 ore 3:32 un evento sismico non eccezionale, non anomalo e non atipico e qualifica lo sciame sismico patito dal territorio aquilano a partire dal giugno 2008 come un fenomeno di ‘anomalia sismica’, indicato dalla comunità scientifica come un ‘possibile indice precursore’ di una futura e più forte scossa.
È qui che il pensiero ripiega su se stesso: il concetto di rischio sismico ingloba, nel ragionamento del giudice e suo malgrado, la scossa distruttiva. E la previsione del rischio sismico diviene previsione (rectius, prevedibilità) anche della scossa, evento possibile e non improbabile perchè non atipico e non eccezionale.

IV. Il nesso eziologico.
All’affermazione di responsabilità dei sette imputati si legano, sul piano causale, alcune perplessità relative alla metamorfosi ermeneutica dell’omissione in azione e all’eccesso di fiducia nel ‘determinismo psicologico’ avallato dal Tribunale.
Non può disconoscersi che la morte e le lesioni verificatesi a L’Aquila il 6 aprile 2009 siano opera della natura: sono state causate, infatti, dalla scossa di terremoto delle ore 3:32. Causa dell’evento, dunque, è stato e resta un fattore schiettamente naturale.
Il Tribunale, tuttavia, ascrive agli scienziati la responsabilità del fatto. L’individuazione del nesso causale tra la condotta degli imputati, ritenuti in posizione di garanzia, e l’evento scivola da una impostazione della causalità in termini omissivi su un percorso ricostruttivo di tipo commissivo. In quanto ‘garanti’, ci si sarebbe aspettati il logico riconoscimento di una responsabilità in capo agli esperti ‘per l’omissione’ di ciò che, in presenza del fattore naturale quale causa fisicamente determinante gli eventi lesivi, avrebbe potuto impedire gli eventi prodotti dalla natura. Il giudice, invece, centra l’eziologia del fatto sul messaggio rassicurante diffuso dagli imputati, comunicazione che ha indotto le vittime a dismettere le ordinarie e consuete cautele adottate in occasione di eventi sismici e pertanto si è posta come ‘causa’ del decesso e delle lesioni conseguenti il movimento tellurico.
La sentenza ‘Franzese’ del 2002 è il terreno sul quale si muove la legittimazione della ricostruzione causale opzionata in termini commissivi.
Il Tribunale non elude, da un lato, la necessità della integrazione, nella verifica giudiziale, della ricerca e dell’applicazione della legge scientifica di tipo statistico corredata di un giudizio di probabilità logica utile ad affermare, escludendo sequenze causali alternative, l’applicazione nel caso concreto della legge statistica opzionata. Dall’altro, la necessità di riferirsi a regole generalizzate di esperienza tratte dal senso comune ove leggi scientifiche applicabili al caso concreto non siano disponibili, in combinazione, però, in questi casi, con una verifica endo-processuale più rigorosa.
Le difficoltà emergono sul piano della ricerca della legge scientifica di copertura, laddove, trattandosi di decisioni personali, appare incontestabile considerarle l’esito di una pluralità di motivazioni non riducibili ad uno schema logico unitario di analisi. Il problema per il tribunale è, infatti, l’individuazione, nell’ambito della ‘causalità psicologica’ di una legge di copertura dotata di valore scientifico capace di gettare quel ponte ad efficacia eziologica tra la condotta degli imputati e la decisione delle vittime di rimanere in casa.
Il giudice, stabilito grado e tipo di influenza causale del messaggio sul processo decisionale delle vittime sulla base degli esiti delle deposizioni testimoniali, stabilisce nella ‘teoria delle rappresentazioni sociali’ la propria legge di copertura del discorso eziologico.
Per il Tribunale nell’istruttoria dibattimentale trova conferma il ‘ruolo’ avuto dagli esiti della riunione, da un lato, operando a favore della rimozione della paura del terremoto, dall’altro determinando la totale adesione alle indicazioni e alle valutazioni provenienti dalla commissione.
Il giudice, infine, chiude il cerchio della verifica causale ritenendo, sempre sulla scorta della sentenza Franzese, che è possibile al giudice accertare il nesso causale anche in presenza di leggi statistiche con coefficenti medio-bassi o in assenza di leggi scientifiche, in quest’ultimo caso ricorrendo a massime di esperienza corredate da una accurata indagine sull’assenza di fattori condizionanti alternativi.
La prova acquisita attraverso le deposizioni testimoniali stabilisce, ad avviso del giudice, la relazione certa tra gli esiti della riunione e il comportamento delle vittime e l’assenza di altre cause esclusive. Il Tribunale afferma, inoltre, che qualora avessero adempiuto correttamente ai suddetti obblighi, si sarebbero comunque verificati i danni alla vita di molte persone, ma certamente o con alta probabilità logica non i danni alla vita e all’integrità fisica delle persone di cui al capo di imputazione (il danno hic et nunc).
In buona sostanza, il giudice considera le vittime quali individui in una condizione di scelta non libera (vittime inconsapevoli), perchè condizionata in modo determinante dalla errata comunicazione. Orbene, riconoscere alla comunicazione della Commissione la forza di un ‘determinante’, significa annullare il ruolo della volontà, cui unica compete il potere di accettare ovvero rifiutare l’invito ad una scelta. Le affermazioni del Tribunale trasudano fiducia nel ‘determinismo psicologico’, per il quale i fatti psichici sono governati dal ‘principio di causa’ e per questi vi sarebbe lo stesso rapporto causale e meccanico ritenuto esistente tra i fatti fisici.

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