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Il “processo alla scienza” nella sentenza sul terremoto dell’Aquila

di - 12 Luglio 2013
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Ed, infatti, mentre originariamente fino agli anni 80, sostanzialmente fino al terremoto in Irpinia, il sistema ordinamentale era strutturato in modo che l’amministrazione fosse pronta ad organizzare i soccorsi dopo l’evento calamitoso[8] ossia dopo il danno, nel 1981, per la prima volta, si afferma che la protezione civile concerne “la prevenzione degli eventi calamitosi”, la minaccia di danno e, quindi, il rischio.
Come si è anticipato si passò, quindi, da un sistema che prevedeva l’intervento dell’amministrazione dopo il verificarsi dell’evento (riparazione a danno avvenuto), a un sistema in cui l’amministrazione deve creare le condizioni per le quali se l’evento, comunque imprevedibile, dovesse verificarsi, i danni siano comunque limitati il più possibile (protezione dalla minaccia di danno): si può dire che entrando la valutazione del rischio si innalzava conseguentemente l’asticella della tutela e della garanzia (il cittadino viene tutelato non solo dopo l’evento lesivo di danno ma prima dello stesso; non a seguito del danno ma di fronte alla mera probabilità o alla minaccia del danno stesso) ma si innestava un elemento di forte complessità.
Il passaggio dall’amministrazione di soccorso a quella di precauzione, con la sua necessità di valutare il rischio, implicò, conseguentemente, quel coinvolgimento di esperti all’interno dell’attività amministrativa che prima mancava: l’attività di prevenzione del rischio esige, infatti, una serie di competenze tecnico-scientifiche che solo la scienza può tentare di fornire.
L’evoluzione dall’amministrazione di soccorso a quella di prevenzione o, come anche è stata chiamata, di rischio comportava, così, l’ingresso della “scienza” nell’ambito dell’attività amministrativa.
E, dunque, mentre originariamente la Commissione tecnica era composta solo da personale interno alla pubblica amministrazione, successivamente, venendo assegnate alla Commissione interministeriale tecnica le competenze in materia di “previsione e prevenzione delle calamità naturali e catastrofi” nonché di “divulgazione di ogni informazione utile ai fini della protezione della popolazione”[9] era il legislatore stesso a prevedere l’inserimento di tecnici/scienziati esterni che potessero svolgere tale attività di valutazione.
Ciò avviene sia con le normative del 1982 (con cui si istituisce la Commissione tecnico-scientifica a base interdisciplinare per lo studio dei rischi che comportano misure di protezione civile e che codifica il principio per cui l’analisi del rischio, a fini di protezione civile, diventava un compito affidato a funzionari pubblici) sia con quelle del 1984 (che prevedono che la Commissione tecnico-scientifica a base interdisciplinare venga suddivisa in 6 settori di cui uno proprio relativo al rischio sismico).
Nel 1992 la legge generale sulla protezione civile consacra il ruolo della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi.
Vale la pena di riportare letteralmente il testo dell’art. 9 della l. 225/1992 per il quale “la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è organo consultivo e propositivo del Servizio  nazionale della protezione civile su tutte le attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio. La Commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all’esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all’esame di ogni altra questione inerente alle attività di cui alla presente legge ad essa rimesse”.
La Commissione è, quindi, come testualmente emerge, organo consultivo e propositivo, organo che appartiene all’amministrazione strumentale o di ausilio e non all’amministrazione attiva, essa, in base al diritto positivo, deve (e doveva) fornire il suo apporto all’amministrazione attiva, appunto il dipartimento di protezione civile, perché poi questo a propria volta operasse all’esterno (la scienza come servente rispetto alla funzione amministrativa…).
E questo appare un punto di importanza fondamentale dal momento che i membri della Commissione (la scienza) avrebbero dovuto limitarsi a fornire le loro indicazioni al dipartimento di protezione civile (l’amministrazione) senza esternare in alcun modo direttamente le proprie considerazioni alla società civile (come invece avvenne a seguito della riunione del 31.3.2009 analizzata nei minimi particolari dal giudice penale).

  1. La comunicazione del rischio: il dialogo della scienza con l’amministrazione

Quel che è stato messo in evidenza molto bene da alcune riviste scientifiche, e che sembra essere uno dei punti nodali, è quello che viene studiato come problema della comunicazione del rischio e che, con altre parole, potrebbe indicarsi come dell’individuazione degli interlocutori della scienza[10].
Se l’innalzamento della tutela esige la protezione non solo di fronte al danno ma anche alla semplice minaccia di danno; se la valutazione della minaccia di danno può farla solo la scienza; con chi deve rapportarsi quest’ultima? Deve esternare le proprie valutazioni in modo diretto o, invece, avere come interlocutore necessario la pubblica amministrazione?
In ogni caso così come valutare un rischio richiede una conoscenza e una preparazione specifica allo stesso modo anche comunicare con il pubblico non costituisce attività di poca importanza e richiede professionalità e competenze specifiche[11].

Note

8.  E così nella prima legge sulla protezione civile (la l. 996/70) anche la Commissione tecnica era composta dai rappresentanti delle amministrazioni dello Stato e di altri enti pubblici interessati.

9.  Cfr. Art. 1 d.p.r. 66/81.

10.  Sul punto si v. M. LOMBARDI, Rischio ambientale e comunicazione, Franco Angeli, 2007.

11.  E, in effetti, quando il 30 marzo 2009 la sala operativa unificata permanente della protezione civile con un suo comunicato affermò che nell’aquilano “non sono previste altre scosse sismiche di alcuna intensità” e che “tutte le informazioni diffuse di altro contenuto sono da ritenersi false e prive di ogni fondamento” giustamente l’allora capo dipartimento della Protezione civile affermò “quando devono fare dei comunicati che parlassero con il mio ufficio stampa che ha ormai la laurea honoris causa in informazione e emergenza e quindi sanno come ci si comporta perché se tra due ore c’è una scossa di terremoto ehh che dicono?” (p. 150).

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