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Il concetto di merito e l’economia

di - 24 Gennaio 2013
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È sintomatico che molti economisti, ancora oggi, credano che i loro consigli rispettino il principio di Pareto o, per dir meglio, di miglioramento paretiano, secondo il quale solo i cambiamenti in cui nessuno perde e qualcuno guadagna sono desiderabili. Si consideri ad esempio il manuale di Cesare Cosciani, Scienza delle finanze, nella edizione completamente rinnovata del 1991[11]. Nella parte dedicata ai due teoremi dell’economia del benessere si afferma che i cambiamenti in cui qualcuno guadagna e nessuno perde sono desiderabili – sono i cambiamenti paretiani. Alla pagina 63 si affrontano i criteri di compensazione potenziale – in altre parole il criterio di Kaldor-Hicks – e il paragrafo contiene principalmente critiche a tale principio. Si evidenzia con precisione il cosiddetto paradosso di Scitovsky. Si considera il criterio di Kaldor-Hicks come non ottimale per stabilire cosa bisogna compiere allo scopo di correggere i fallimenti del mercato. Ma nel capitolo successivo, il capitolo 5, alla pagina 75 si individuano i fallimenti del mercato e si correggono tutti con il criterio di Kaldor-Hicks. Così, si considera – sono esempi del testo di Cosciani – la produzione dei beni pubblici come la difesa nazionale, l’illuminazione stradale e così via, senza che si richieda che ciascun cittadino paghi una somma per coprire le spese che non sia superiore al suo beneficio, di tal ché egli risulti avvantaggiato. Si immagina implicitamente che lo stato produca i beni pubblici con le imposte senza aver riguardo all’ipotesi di un cittadino che possa ottenere un beneficio inferiore al costo che sopporta. Si applica il criterio di Kaldor – Hicks. In questi casi, si ripete, risulta addirittura impossibile che gli organi politici possano decidere di indennizzare tutti i cittadini che hanno subito una perdita con la produzione del bene pubblico.
Anche l’economista David Friedman[12], figlio del Premio nobel Milton, ha più volte sostenuto che nelle sue conversazioni con gli economisti emerge l’affermazione secondo cui essi applicherebbero solo il criterio di Pareto, quando a David Friedman appare inconcepibile non vedere che essi stanno applicando il criterio di Kaldor-Hicks.
Quando si tassa la produzione di un bene perché vi è una esternalità negativa non si danneggiano il produttore e i consumatori di quel bene?
Possiamo quindi dire con una certa serenità che gli economisti fanno totale applicazione del criterio di Kaldor–Hicks, supportato dai due teoremi dell’economia del benessere, concentrandosi sulla massimizzazione della ricchezza. Questa idea, cioè che la redistribuzione è un fatto politico mentre la massimizzazione della ricchezza è un fatto tecnico, ha in parte distolto l’attenzione degli studiosi dai problemi redistributivi. D’altronde il secondo teorema dell’economia del benessere afferma che, partendo da qualsiasi distribuzione delle risorse, se i fallimenti del mercato sono stati corretti, si arriva ad uno stato del mondo efficiente. Se un diritto è valutato “3” da John ed è valutato “10” da Anne è bene che il diritto vada ad Anne, senza nessun indennizzo. Un eventuale indennizzo è questione politica su cui il tecnico non entra.
Si sono allora in questi anni sviluppati nel tempo due fenomeni, nel mondo del pensiero economico, legati fra loro: da una parte, vi è l’ossessione per l’efficienza da parte degli economisti, per cui anche una grossa redistribuzione è giustificabile se aumenta di poco la ricchezza globale; dall’altro, si è sviluppato un forte disinteresse da parte degli economisti per i problemi redistributivi che vengono ritenuti oggetto di questioni politiche e quindi di competenza degli organi politici. La situazione economico-politica che vede oggi gli economisti principali partecipi dei dibattiti sul futuro dei nostri Paesi, fa sì che essi si occupino di ciò in cui sono preparati e cioè della massimizzazione della ricchezza. La redistribuzione è dimenticata (anche per le grossolane inefficienze – è dovere dirlo – prodotte negli anni precedenti con sbagliate forme di redistribuzione).
Ma è come se ciascun economista dicesse: “io devo perseguire un fine che tutti i miei colleghi vogliono perseguire. Parliamo tutti una precisa lingua: l’efficienza. Vogliamo la massimizzazione della ricchezza, chiamata anche massimizzazione della produzione, secondo il linguaggio di Coase, o massimizzazione del benessere sociale. La redistribuzione della ricchezza può avvenire in migliaia di modi e non vi è nulla di scientifico nel dire che gli individui della classe A, per esempio, debbano avere ricchezza X invece di una ricchezza Y”.
Tuttavia ciò che bisogna qui sottolineare e non stancarsi di sottolineare, è che il secondo teorema dell’economia del benessere rappresenta la giustificazione teorica del primo. Grazie ad esso, infatti, l’economia si può preoccupare delle regole che massimizzano la ricchezza globale perché il secondo teorema ci dice che si può redistribuire la ricchezza secondo le preferenze degli organi politici nel rispetto di certe tecniche (perché dovrebbero essere in teoria trasferimenti a somma fissa, come, ad esempio, il testatico), senza che ciò comprometta l’efficienza dei mercati.
In mancanza del secondo teorema dell’economia del benessere anche la ricerca mirata ad attuare il primo teorema sarebbe pura attività politica.
Vi sono sussidi che distorcono il mercato e casi di redistribuzione male attuata. Una nuova riflessione sui due teoremi dell’economia del benessere, dovrebbe essere necessaria per evitare che condizioni estreme di povertà o la diffusione di ideologie contro il mercato portino di nuovo a condizioni di governi totalitari e illiberali. È bene conservare l’ossessione per l’efficienza ma forse si deve chiedere ad ogni Paese di attuare le riforme in un periodo di tempo ragionevole, senza rischiare che la situazione economica sia tale per cui pochi accumulano grosse ricchezze e la massa si impoverisce fino al punto di giungere ad una condizione di impossibilità di mantenersi. A quel punto la massa si rivolta.

Note

11. C. Cosciani, Scienza delle finanze, edizione completamente rinnovata, Torino, 1991.

12. D. D. Friedman, Hidden Order, p.25, Princeton, 2000.

Pagine: 1 2 3


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