Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Intorno alla legittimazione dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato a chiamare in giudizio pubbliche amministrazioni

di - 26 Novembre 2012
      Stampa Stampa      

4. Concepire dunque l’AGCM, già investita di vastissimi poteri a garanzia della concorrenza, come un soggetto che, iure privatorum, tutela anche interessi diffusi, perseguendo le pubbliche amministrazioni che della concorrenza hanno violato le regole, sembra molto difficile. Come si spiega che, data l’esistenza di associazioni di imprenditori e di consumatori – istituzionalmente nate anche per perseguire in giudizio le violazioni della concorrenza – il legislatore abbia dato all’Autorità, che già la garantisce, anche il compito di proporre giudizi in giro per l’Italia? Quello che già fa non è sufficiente? Non è se mai troppo, visto che in capo all’AGCM già coesistono funzioni di tutela della concorrenza e di tutela dei consumatori che spesso si contraddicono?

5. Questi interrogativi impongono di affrontare brevemente due questioni, apparentemente di dettaglio, che ruotano intorno alla vicenda della nuova legittimazione ad agire dell’AGCM.
La prima, a prima vista più lieve, meno impegnativa, è quella della difesa in giudizio dell’Autorità che decide di impugnare un qualche provvedimento di struttura o effetti anticoncorrenziali. La legge dice che l’Autorità deve valersi dell’Avvocatura dello Stato. Questo è istituzionalmente correttissimo. Contro tutte le amministrazioni non statali lo Stato può agire e agisce valendosi della sua Avvocatura. La Corte costituzionale insegna. Ma se l’AGCM ritenesse di dover impugnare provvedimenti di un’amministrazione dello Stato, quale ad es. un suo bando di gara, nel quale profili di illegittimità concorrenziale ben possono darsi? L’Autorità non potrebbe certo valersi dell’Avvocatura dello Stato, che deve difendere l’amministrazione. Dovrebbe rivolgersi ad un avvocato del libero foro. Ma lo può fare di fronte ad una previsione di legge che le prescrive di valersi dell’Avvocatura dello Stato? Il dubbio è serio. Non si dimentichi che l’impossibilità di avere la difesa dell’Avvocatura non deriverebbe da un conflitto oggettivo di interessi (come è accaduto in alcuni rari casi), ma dalla decisione dell’Autorità di agire in giudizio contro lo Stato. Essa insomma provocherebbe il conflitto. Per poter agire in giudizio dovrebbe violare la legge. Ne discende forse che l’AGCM non può impugnare provvedimenti di amministrazioni dello Stato? È difficile trarre una conseguenza del genere da una norma su chi deve assistere l’AGCM in giudizio; ma il problema esiste; e dietro il problema del ricorso a professionisti esterni c’è quello della spesa e quindi della Corte dei conti.

6. La seconda questione è più di merito. È evidente che l’AGCM non è onnipotente e non ha risorse illimitate per agire in giudizio in tutti i casi in cui rileva o le viene fatta rilevare l’esistenza di un provvedimento amministrativo, lesivo della concorrenza. La limitatezza delle risorse pone il problema della scelta dell’atto da impugnare – e quindi dell’amministrazione contro cui agire. E pone soprattutto il problema dei criteri secondo i quali decidere di agire. Il problema è delicatissimo, perché l’AGCM non sfugge al principio di imparzialità che deve guidare l’azione di tutti gli organismi pubblici. Devono esistere – ma in concreto non esistono – regole di comportamento che evitino qualunque condizionamento, vuoi personale, vuoi ideologico nel senso più ampio del termine. Questo è un tema critico, perché la soccombenza dell’Autorità in un giudizio da essa promosso potrebbe essere fonte di sua responsabilità non solo e forse non tanto nei confronti dell’Amministrazione chiamata in giudizio, quanto di possibili controinteressati o interventori privati.

***

7. La realtà sembra essere chiara. A monte degli interrogativi senza risposta che pongono singoli problemi relativi alla nuova legittimazione attribuita all’AGCM – quali interessi tutela? secondo quali criteri sceglie contro quale amministrazione agire? e, non ultimo, da chi farsi difendere se si tratta di impugnare provvedimenti dello Stato? – c’è un problema non ancora adeguatamente affrontato. Il problema è se il nostro assetto costituzionale lasci spazio per una “legittimazione” dell’AGCM come quella di cui si discute – ovvero, per questo tipo di funzione. In sintesi: la Costituzione consente che un’amministrazione pubblica, diversa dallo Stato e da tutti gli altri enti previsti nella Costituzione (regioni, province, comuni, città metropolitane), agisca in giudizio a tutela di interessi non suoi, ma di ordine assolutamente generale, quale, appunto, la concorrenza?
Il primo tema critico è proprio questo: l’art. 21 bis attribuisce ad un’Autorità amministrativa, sia pure indipendente, la possibilità di esperire un’azione giudiziaria a tutela di interessi pubblici generali, quale è la concorrenza. È chiaramente una legittimazione speciale. La Costituzione prevede infatti che il giudice, ordinario ed amministrativo, possa essere adito a tutela di diritti soggettivi e di interessi legittimi – dunque, di interessi strutturalmente propri di chi agisce, e fondamentalmente privati.
Le norme sono inequivoche: secondo l’art. 24 Cost.: “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti soggettivi ed interessi legittimi”. Ancora, gli artt. 103 e 113 Cost: il primo rimette alla giurisdizione del Consiglio di Stato e dei TAR la tutela degli interessi legittimi ed a certe condizioni dei diritti soggettivi; il secondo garantisce sempre la tutela dei diritti e degli interessi, di fronte al giudice ordinario o amministrativo.
In virtù di queste previsioni, è dunque chiaro che la tutela giurisdizionale di fronte al giudice amministrativo è univocamente riservata a chiunque sia portatore di un diritto o di un interesse nei confronti di un’Amministrazione.

Pagine: 1 2 3


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy